La vocazione di Sandro Bonetti

Cosa vuoi fare da grande? ‘Il medico, come il mio papà’. Figlio di un gastroenterologo, sin da ragazzo Sandro non aveva molti dubbi su cosa fare nella vita

Di Lorena Scettrini

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Il 1976 è stato un anno carico di avvenimenti: viene fondata la Apple, mentre l’Ibm introduce la prima stampante laser. In Italia il quotidiano ‘la Repubblica’ stampa la sua prima edizione. Un colpo di Stato in Argentina mette in ginocchio Isabel Perón, nascono Simone Inzaghi, Francesco Totti, Ronaldo. Ma anche Sandro Bonetti, che col pallone non ha nulla a che fare ma che, in Valle di Blenio, è altrettanto conosciuto.

Gavetta

Essere cresciuto con un modello di padre stile supereroe, vedere quanto veniva apprezzato dalle persone e quanto le faceva stare bene ha spazzato qualsiasi tipo di dubbio sulla scelta professionale. Nessun ‘piano B’ per Bonetti, che nel 2002 realizza il suo sogno: laurearsi in medicina interna. Il primo ospedale a ospitare il nostro giovane allievo è quello di Bellinzona, ma durante la formazione ci sono delle rotazioni obbligatorie, solitamente della durata di sei mesi. Andare a lavorare per le strutture della valle non sempre viene visto come un’opportunità per i giovani medici assistenti. Senza discutere, Bonetti prende il camice e trasloca ad Acquarossa. Ancora non sapeva quanto quello spostamento “imposto” avrebbe influenzato il suo modo di fare medicina. Le grandi strutture ospedaliere spesso offrono tutto il necessario per qualsiasi tipo di analisi o accertamento. Nei piccoli ospedali, invece, bisogna arrangiarsi con ciò che si ha rendendo la medicina più conservativa, meno dispendiosa, rincarando la dose di studio, letture e approfondimenti. L’incontro con il team di ottimi medici senior insegna a Sandro a ragionare in questi termini.

Medico di famiglia

La medicina ha tantissime ramificazioni, ma nel corso della formazione un medico capisce quale gli si addice maggiormente. Durante tutto il suo praticantato, Sandro è andato a toccare diverse specializzazioni per essere sicuro di ciò che voleva davvero diventare. Cure intense, neurochirurgia, neurologia. Di una cosa era certo: voleva il contatto con le persone, poterle accompagnare, instaurare un rapporto umano e duraturo grazie al quale poter scendere in profondità nella conoscenza del paziente. Non un incontro occasionale magari legato a un singolo intervento. Quale indirizzo migliore se non quello di medico di famiglia?


© Ti-Press / Samuel Golay

Visite a domicilio

Nel 2010 assieme alla moglie Claudia – anche lei medico di famiglia – Sandro ritira lo studio del dottor Kozal a Dongio, in Valle di Blenio. Ogni medico che lavora con libero esercizio è assoggettato all’obbligo di servizio di picchetto. Gli unici esentati sono i medici che già lo fanno per gli ospedali o per servizi specialistici. Oltre a questo servizio “obbligatorio” Bonetti effettua visite a domicilio anche per i suoi pazienti. Generalmente, si cerca di effettuare l’accertamento in studio per avere accesso alla cartella medica e agli strumenti. Senza tralasciare il fattore costo che aumenta a causa della trasferta. Una volta recarsi a domicilio era la prassi. Ora questa tendenza sta pian piano svanendo, grazie anche agli ottimi servizi a disposizione per gli anziani o per le persone che hanno difficoltà di spostamento. Gli infermieri domiciliari, attraverso le loro visite a volte anche quotidiane, sono un grande aiuto per i medici perché spesso riescono a dare un quadro esaustivo che permette di capire se l’intervento sia necessario o meno.

Medico di campagna e medico di città

Spesso per gli anziani della valle, ci racconta Sandro, superare il confine di Biasca diventa impegnativo. Non tanto per il trasporto, coperto da ottimi servizi, ma piuttosto per un fattore psicologico. Le vecchie generazioni hanno fiducia nel proprio medico e fanno fatica a raccontare “le loro cose” a “sconosciuti”. Rispetto alla città dove spesso lo specialista lo si trova a due passi da casa, in valle non si hanno queste opportunità. Piccola chirurgia, procedure infiltrative, interventi non invasivi vengono quindi praticati direttamente dal medico di famiglia. Si cerca di essere conservativi senza utilizzare una medicina difensiva laddove non necessario. La bravura del medico sta anche in questo: capire quando è inevitabile rivolgersi a uno specialista e quando invece diventa un iter inutile.

Errore medico – empowerment

Un errore medico può essere fatale. Sbagliare è umano ed è un rischio che i dottori corrono ogni giorno. La medicina difensiva nasce anche da questo: il timore dell’errore, andare a cercare a tutti i costi qualcosa per paura di non vederlo. E questo, chiaramente, fa esplodere i costi rischiando di rendere malate le persone sane. Perché sicuramente, in tutti quegli esami, qualcosa che non va lo si troverà. Bisogna quindi, secondo Bonetti, imparare a convivere con l’idea che non si pratica una ‘scienza esatta’. Il modo più sano per farlo, ossia l’indirizzo della medicina moderna, è attraverso l’empowerment. Grazie alle informazioni date dal medico di fiducia aumentano le conoscenze del paziente che riceve gli strumenti necessari per decidere cosa fare. In questo modo ci si alleggerisce dalla pressione dell’errore. Questo non significa “lavarsene le mani”. Ma semplicemente passare dal ruolo di “padre e padrone” a quello di faro che orienta e aiuta a capire. Sandro è papà di due bimbi di quattro e sette anni. Con loro però non riveste in nessun modo il ruolo di medico. Troppo coinvolto, diventerebbe ipocondriaco. Ripone nel pediatra la stessa fiducia che spera i suoi pazienti ripongano in lui.

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