La Nascita di Gesù è un’occasione

Nella sua enciclica Papa Francesco ci ricorda, tra l’altro, come di fronte alle tragedie “nessuno si salva da solo”. Uniti possiamo farcela

Di Roberto Roveda

Pubblichiamo un articolo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

La pandemia ha messo in luce come la nostra società viva di tante false certezze, trasformando questo anno ormai terminato in un periodo dominato dall’insicurezza e troppo spesso dalla morte. Per questo abbiamo bisogno di una nascita come quella ricordata ogni anno il 25 dicembre: per ritrovare fiducia nella vita, e riscoprire che solo uniti ce la possiamo fare. Senza tanti slogan, con i fatti.

Alla fine di un anno (difficile)

Il Natale quest’anno giunge in fondo a un anno molto complicato. Un 2020 nel quale abbiamo scoperto parole nuove e inaspettate come Covid-19 e distanziamento, e abbiamo ritrovato parole che noi occidentali pensavamo di aver dimenticato: come quarantena ed epidemia. Inutile nascondersi che il coronavirus ha stravolto le vite e ci ha costretto a guardare con occhi diversi al mondo che ci circonda. Papa Francesco nella sua ultima enciclica intitolata Fratelli tutti, data alle stampe lo scorso ottobre, scrive non a caso che nel 2020 “ha fatto irruzione in maniera inattesa la pandemia del Covid-19, che ha messo in luce le nostre false sicurezze. Al di là delle varie risposte che hanno dato i diversi Paesi, è apparsa evidente l’incapacità di agire insieme. Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcuno pensa che si tratti solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà”.

Un momento di coesione

Per non negare la realtà la sola cosa che possiamo fare è provare a fare tesoro della tanta solitudine di questi ultimi mesi, perché gli ultimi mesi sono stati un tempo di tanta, troppa solitudine, in cui ognuno di noi ha nel suo piccolo cercato di fronteggiare un’emergenza più grande di lui. Superare questa frammentazione a cui accenna il papa può essere il senso di questo Natale 2020. In fondo la festività natalizia è uno dei rari momenti di coesione sociale rimasto nella nostra società secolarizzata e parcellizzata. Credenti e non credenti, quasi tutti noi subiamo il fascino di una festa in cui affetto, amicizia e amore sono costantemente richiamati. Forse però è venuto il momento di fare un passo in più e di recuperare un legame più profondo con un evento che riguarda tutti, sia chi crede, sia chi semplicemente spera, pur non credendo.

L’importanza di una nascita

Quell’evento è la nascita di Gesù che è uomo e contemporaneamente figlio di Dio per i cristiani. Non dobbiamo perciò dimenticarci che centro del Natale è una nascita. È questo il fulcro del messaggio di questa festività che troppo spesso riduciamo a spumante e panettone. Invece, se vogliamo capire il significato più profondo di un evento che viene celebrato da duemila anni dobbiamo comprendere quanto le parole Natale e Nascita siano intimamente e profondamente legate, tanto da condividere la stessa radice etimologica. E questo legame cosa ci fa capire? Ci fa capire che non stiamo celebrando solo la venuta al mondo di un bambino, una nascita avvenuta nella notte dei tempi. Ogni 25 dicembre celebriamo la nascita che avviene ogni giorno in questo nostro mondo. Un mondo che spesso, come in questo 2020, appare buio, inospitale, pronto a respingere ogni nuova esistenza. Eppure, la vita continua a riproporsi, a insistere, in maniera ostinata come ostinata è stata quella nascita di due millenni fa avvenuta mentre i due genitori non trovavano un tetto sotto cui ripararsi e un potente re aveva sguinzagliato i suoi sgherri per porre fine a una esistenza appena cominciata.

Una risposta al vuoto contemporaneo

In questa prospettiva il Natale si pone sotto una luce nuova, forse più capace di rispondere al senso di vuoto e di smarrimento che molti stanno vivendo in questo tempo. Un tempo che avverte un profondo bisogno di religiosità, una religiosità però meno ritualizzata e liturgica, ma più legata al significato originale della parola: religione uguale legame. Come scrive sempre papa Francesco nella sua enciclica: “L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune”.

Uniti si vince

C’è bisogno, invece, di maggiore fratellanza tra gli esseri umani e di maggior unità tra noi e il mondo che ci circonda e il Natale può venire incontro a questa necessità di maggiori legami, di maggiore religiosità in quanto tutti, nessuno escluso, viviamo il mistero e la gioia della nascita della vita. Nascere ci unisce tutti e il Natale può non solo riunirci, ma restituirci qualcosa che sembriamo aver perduto: una religione, cioè un legame tra tutte le persone, un legame che le rende parti attive all’interno della società. In fondo qual è l’insegnamento più forte che sembra lasciarci la tragedia globale della pandemia. Come conclude papa Francesco: “La consapevolezza di essere una comunità mondiale che naviga sulla stessa barca, dove il male di uno va a danno di tutti. Ci siamo ricordati che nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme”.

 

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