La grande notte dei single

L’altro giorno un amico mi chiama per dirmi che ha finito Pornhub: nel senso che ha visto tutto. Ma tutto tutto, anche quelle categorie che uno ha paura a cliccare…

Di Roberto Scarcella

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Mezzanotte e un secondo del 18 maggio 2020. Per i single italiani un momento spartiacque delle loro esistenze, come la caduta del Muro di Berlino, l’attentato alle Torri Gemelle, la puntata in cui Rachel di Friends bacia Ross. Della serie, niente sarà più lo stesso. In quel preciso scatto d’orologio si è passati dal distanziamento al darwinismo sociale. Erano tutti pronti a scattare ai blocchi di partenza già qualche minuto prima della mezzanotte, come nemmeno i più ansiosi con lo champagne a Capodanno. Lo dimostra uno studio del Meetic Institute di Solitude, nello Singleshire, per cui – dati alla mano – nonostante gli impianti sportivi chiusi, i blocchi di partenza sarebbero stati tra gli oggetti più comprati online dai single insieme al vero oggetto del desiderio: il saturimetro. Una cosa di cui nessuno sapeva nulla fino a qualche mese fa, un po’ come la resilienza, parola confinata a chimici e ingegneri meccanici che prima non si filava nessuno e ora diventata all’improvviso poetica e ispiratrice a tal punto che se non la infili a forza in una frase, la gente nemmeno ti ascolta (“Che ha detto?” “Non lo so, ma non ha usato resilienza, ’sto troglodita”. “Ah, vabbè allora non è importante”).

Utile, anzi indispensabile

Ma torniamo al saturimetro, aggeggio che serve a misurare l’ossigeno nel sangue e – per farla breve – ti dice se hai il coronavirus o no (vedi alla fine del contributo, ndr). Per un single, insomma, è più importante delle chiavi della macchina. Se non le trovi puoi sempre andare all’incontro con altri mezzi. O a piedi. Anche se l’appuntamento è dall’altra parte della città. D’altronde siamo disposti a tutto ormai. Anche correre con un saturimetro in mano. Per le donne che non trovano mai niente nella borsetta vendono un modello di saturimetro esterno, con la borsetta dentro. Almeno lo trovi subito. Io il saturimetro l’ho preso da una specie di Tiffany online della medicina: volevo strafare e l’ho pagato una fortuna, ma tanto erano due mesi che non facevo un bancomat. L’acquisto ha dato i suoi frutti. Quando ho chiamato la sventurata per gli ultimi dettagli e le ho chiesto se preferiva una bottiglia di rosso o un bianco, mi ha risposto: “Lascia perdere il vino, sono due mesi che mi ubriaco da sola in casa, porta il saturimetro. Quello ce l’hai, vero?”.
Sono arrivato con il mio ultimo modello di saturimetro: elegante, luccicante, aerodinamico, e lei ha capito subito che avevo calato l’asso. “Wow, ma è francese? Che annata è?”. Mi sono accomodato sul divano e le ho detto che è un saturimetro barricato, invecchiato in botti di rovere. Non solo misura l’ossigeno nel sangue, rileva anche se i possibili partner hanno letto i libri di Moccia pensando che fossero libri veri o ascoltato Povia. Di gran lunga il miglior acquisto degli ultimi anni insieme alla Playstation 4: il saturimetro, non Povia.

Velocità e strategie

Gli amici e le amiche single che hanno iniziato a sparpagliarsi dalla fatidica mezzanotte hanno avuto serate molto diverse. Un’amica che aveva dato appuntamento in via Parini a un ragazzo conosciuto su Tinder, mi ha raccontato che è stato tutto talmente focoso fin dall’inizio da non rendersene quasi conto. “Abbiamo incrociato gli sguardi nella strada male illuminata e dopo pochi secondi eravamo già a saltarci addosso in macchina. Quando abbiamo finito, mi ha detto: ‘Ti lascio il mio numero, devo scappare da mia moglie’. E io: Ma sei sposato? Un mese che ci messaggiamo e non me l’avevi mai detto’. ‘Veramente non so chi sei, stavo tornando da buttare la spazzatura e mi sei saltata addosso, scusa ma devo tornare su sennò sono guai’. Guardo il cellulare e vedo un whatsapp del mio match di Tinder: ‘Sono in via Farini da un’ora. Non ti vedo. Arrivi o no? Sbrigati che tra mezz’ora devo vedere un’altra’ ”.
Un amico che chiameremo Marco – per proteggere la sua identità, nel senso che si chiama Marco, ma di Marco ce ne sono tanti – ha adottato un’altra tattica, fa su e giù dentro l’ascensore del suo palazzo nella speranza che la vicinanza inattesa con un uomo scateni l’ormone femminile. Finora gli è andata così così: ha ricevuto una gomitata, un numero di telefono falso e un deodorante. Poteva andare peggio.
Questa cosa dei palazzi è strana, conosco misantropi che per anni non hanno mai salutato nessuno del loro condominio, tra sguardi ostili e minuti passati allo spioncino per essere sicuri di non incrociare gente per le scale. Sono gli stessi che ora passano gioviali le giornate sui pianerottoli per incontrare le vicine. Alcuni suonano perfino il campanello: basta chiedere un po’ di lievito. La scusa è credibile.

Tutte disponibili?

Andrea e Giorgio, che vivono nello stesso palazzo, presi dalla disperazione hanno iniziato ad adocchiare la portinaia, il cui soprannome è Beckenbauer. Probabilmente ne ha anche l’età. Di sicuro i polpacci.
Un altro ancora ha annuito da lontano alla dirimpettaia single al terzo giorno di clausura, salutato con la mano al quinto, detto ciao al decimo. Ora convivono. O meglio, convivevano. A mezzanotte meno venti lei l’ha cacciato fuori di casa. Ha detto che doveva uscire e non sapeva quando sarebbe tornata. Aveva una lista di nomi in agenda che sembrava quella delle coppie indecise quando devono scegliere quello del figlio (Deuteronomio? No. Eustachio? Troppo comune. Policarpo? No, avevo un ex che si chiamava così…). Lui mi ha chiamato in lacrime e gli ho fatto notare che pensava fosse amore invece era un lockdown. Succede. Un amore passeggero. Mentre provavo a consolarlo era già lì a scrivere a tutte le ex fidanzate. Un grande classico della quarantena, dicono. Perfino un paio di ergastolani rilasciati per buona condotta pare siano stati contattati dalle ex. A me non ha scritto nessuna, e insomma – nonostante la fedina penale pulita – devo essere stato proprio un pessimo fidanzato.
Ho poi un’amica postina, molto carina, per cui temo il peggio, visto il liberi tutti così selvaggio. Le ho consigliato di fare le consegne con un coronavirus al guinzaglio e sembra che funzioni. Un altro irrecuperabile, divorziato, si è iscritto su Tinder: “Wow, tutte ’ste belle ragazze disponibili, ma come si contattano? A saperlo prima!”.
Gli ho spiegato che le ragazze che vedeva in foto non erano quelle disponibili, ma quelle iscritte. Se a te piacciono clicchi sulla foto, e se tu piaci a loro – che non è un dettaglio – puoi iniziare a scambiarti messaggi. “Ah”. Piacere a loro è un passaggio fondamentale. Anche per questo gli ho suggerito di togliere la foto in cui mostra la tartaruga allo specchio del bagno e quella in cui lascia cinque euro negli slip di una spogliarellista. “Fa uomo di mondo, piace”, mi ha risposto. E quella del giorno del matrimonio naufragato in cui si intravede il vestito della sposa? “Era l’unica occasione in cui ho una foto di me in versione elegante”. La vedo complicata per lui, ma almeno avergli suggerito di togliere dalla descrizione “c’è la faremo” con l’apostrofo e l’accento potrebbe aiutarlo. Continuo a pensare che abbia più probabilità di essere colpito da un fulmine.

Di cibo e di donne

Un altro di cui preferisco non fare il nome mi ha chiamato l’altro giorno per dirmi che ha finito Pornhub. Anche quelle categorie che non si capisce cosa sono, che io ho paura a cliccare. Quelle che schiacci e già immagini la polizia postale in tenuta antisommossa che ti entra in casa come nei film in cui gli americani fanno i blitz nei covi dei terroristi. Mi ha detto che ora, dopo un’impresa così è un po’ come dopo aver letto Guerra e Pace. Ha bisogno di qualcosa di meno impegnativo e ha ordinato dei vecchi numeri di Postalmarket.
Anzi ora vado perché mi ha richiamato per dirmi se vado ad aiutarlo. Il corriere gli ha lasciato il pacco davanti al cancello di casa: è pesante e lui non riesce a spostarlo per via di una misteriosa tendinite al braccio destro. Gli ho promesso di andare solo se fa in modo che qualche vicina di casa possa vedere che sono in grado di alzare un peso, mentre lui no, nonostante un taglio alla mano per una giusta causa: mi sono sporto da un muretto pieno di pietre aguzze perché, dopo settimane, sentivo voci di donna provenire dall’altro lato. Homo homini lupus. E no, questa non è una categoria di Pornhub. Almeno credo. Spero. Ma una frase latina su cui poggia il pensiero di Hobbes. In sintesi: le nostre azioni sarebbero soltanto un mezzo per soddisfare l’istinto di sopravvivenza e sopraffazione di altri esseri umani. I motivi? I soliti: cibo e donne. Ma uno in quarantena abbondava, le altre no. Ai tempi di Plauto, il primo a coniare l’espressione, potevano aiutare la spada e un po’ di retorica, a quelli di Hobbes un archibugio e un fiore. Tre mesi fa un tweet velenoso e un weekend in montagna. Oggi, un saturimetro.

IL SATURIMETRO di Fabio Martini

Fino a pochi mesi fa non sapevamo neanche cosa fosse ma l’arrivo del Covid-19 lo ha, ahimè, trasformato in un oggetto d’uso quotidiano, una sorta di monitor per capire se il nostro sistema respiratorio funziona a dovere. Inventata nel 1974 dal giapponese Takuo Aoyagi, una volta applicata al dito di una mano questa piccola pinza rileva la pulsazione cardiaca e, soprattutto, la quantità di ossigeno presente nel sangue. Il vantaggio risiede nella sua non invasività e nella capacità di fornire una rapida diagnosi di ipossia, la carenza di ossigeno nell’organismo. L’importante è non scendere sotto il valore di 95, ma va precisato che i dispositivi in vendita, per lo più made in China, non sono il massimo in quanto a precisione. Vale quindi la pena, prima di preoccuparsi, verificare su più dita; e se i valori si attestano effettivamente al di sotto del 93/92 contattare un medico.

 

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