Tempi sospesi & vecchie esigenze

Che succede nel corso di un periodo prolungato di distanziamento sociale? Di tutto un po’, ma con una certezza: senza il contatto fisico è dura per (quasi) tutti.

Di Giancarlo Fornasier

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato nelle pagine de laRegione.

Una cosa è volersi isolare (coscientemente), un’altra è essere costretti a farlo. L’uomo è un animale sociale e senza un’esistenza vissuta tra odori, sensazioni ancestrali e contatti epidermici chissà cosa potrebbe diventare mai. 
Ne sa qualcosa l’amico Angelo, che per forza di cose si reca al supermercato per il rifornimento settimanale della sua famiglia, dei suoi genitori “over 65” e dei suoceri, anche loro classificati come anziani e dunque chiusi tra la casa e un piccolo giardino. Le prime due settimane di emergenza sanitaria corrono lisce, poi sono iniziate le richieste capestro: “Il papà vorrebbe tanto dei bratwurst bio; magari vado io un salto in negozio, che dici?”, azzarda la mamma di Angelo, sapendo già che “non si può”, a meno che non voglia essere fermata davanti alle porte di vetro con la carta d’identità tra le dita. Nel breve volgere di pochi giorni alle note salsicce bianche si sono aggiunti i gelati al mirtillo, la feta greca, le patatine chips (“ma quelle cotte al forno di pietra”) e la birra alle castagne. 
Oggi Angelo si reca al super tre volte alla settimana. Smanetta e cristona con lo smartphone per capire chi vuole che cosa: e tutto per tenere a bada e accontentare i familiari. “Anch’io voglio andare a fare la spesa”, è riuscita a sparare la figlia 16enne un paio di giorni fa, una che girare tra gli scaffali “mi fa schifo” (sentenziava sino all’altroieri). Ma oggi è diverso: “Quando si torna a scuola, papi…?”,  gli ha chiesto mogio mogio ieri sera il figlio di 9 anni, con gli occhioni gonfi di speranza. Nativi digitali? Certamente sì, ma anche sui veri banchi di scuola è un gran bel divertimento, dai.

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