Tic. Scatti, smorfie e altre prove di comunicazione

Un periodo di stanchezza, uno stato di prolungata tensione, ed ecco che una palpebra inizia a muoversi per conto suo. Perché?

Di Mariella Dal Farra

Pubblichiamo un articolo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Per convenzione, i tic vengono distinti in “motori” (arricciare il naso, tendere il collo, scrollare le spalle eccetera) e “sonori” (schiarirsi la gola, soffiare, sbuffare ecc.); un’ulteriore specificazione li classifica in “semplici” (fare schioccare i polsi; emettere suoni tipo “tsk tsk”, cioè quel verso che si fa per chiamare i gatti o per esprimere disapprovazione senza aprire bocca) e “complessi” (mettere in atto sequenze gestuali articolate, pronunciare singole parole o frasi). Essendo così eclatanti, i tic sono spesso usati da attori e caratteristi per dare colore ai propri personaggi, specie se si tratta di ritrarre figure buffe o tormentate (uno per tutti il dottor Stranamore che, nell’omonimo film di Kubrik, non può impedirsi di fare il saluto nazista, soprattutto nei momenti di maggiore eccitazione). Questa tipizzazione dei tic come rivelatori di uno stato di disagio deriva dalla descrizione che inizialmente ne venne fornita in ambito medico: fino alla metà degli anni Sessanta, si pensava infatti fossero riconducibili a un disturbo di tipo puramente psicologico.


Da “Il Dottor Stranamore”, 1964

Questione di dopamina (ma non solo)

Invero i tic hanno un’eziologia composita, nella quale la componente neurologica sembra giocare un ruolo di primo piano. In particolare, è la regolazione della dopamina – un neurotrasmettitore implicato anche in altre sindromi motorie, come per esempio il Morbo di Parkinson – a essere chiamata in causa in quanto agente di collegamento di un circuito cerebrale che include i gangli della base, la corteccia prefrontale e il talamo. Una delle funzioni di questo circuito è quella di processare e filtrare le informazioni che controllano i movimenti fini (o di precisione): poiché l’erogazione di dopamina in alcuni snodi del circuito risulta alterata, le informazioni motorie non verrebbero adeguatamente filtrate con il risultato di “scivolare” attraverso il sistema producendo movimenti ridondanti o ripetitivi. 
Senza cadere in un facile riduzionismo – la genesi di un disturbo così complesso non può che essere, a sua volta, complessa – la rilevanza della componente neurologica sembra essere confermata dalla buona rispondenza del sintomo ai farmaci neurolettici (che regolano proprio la produzione di dopamina), sebbene il ricorso alla terapia farmacologica rappresenti un’extrema ratio per un disturbo di solito transitorio (meno di un anno) che si stima interessi circa il 20% dei bambini. I tic compaiono infatti tipicamente fra i quattro e i sei anni di età, inizialmente sotto forma di tic motori semplici (rapidi ammiccamenti, torsioni del collo) che tendono poi a evolvere in forme più complesse, coinvolgendo diversi distretti muscolari e creando sequenze combinate tipo toccare e tamburellare con le dita, oppure saltellare e mantenere posture inusuali. Analogamente, i tic sonori tendono a essere semplici all’esordio (tossire, grugnire) per poi eventualmente evolvere in palilalia (ripetizione delle proprie parole: “Come stai? Stai? Stai? Stai?”), ecolalia (ripetizione delle parole dell’altro: [“Sto bene”]; “Bene, bene, bene”) e, tipicamente nel caso della sindrome di Tourette, in coprolalia, ovvero nell’enunciazione non intenzionale di parole volgari, oscenità o frasi politicamente scorrette (“Maledetto ebreo!”). 

Coprolalia canaglia

In realtà, la coprolalia non è poi così frequente, neppure nell’ambito della sindrome di Tourette, ma l’impatto emotivo che tende a suscitare ha fatto sì che per lungo tempo fosse considerata la sua caratteristica precipua, insieme a prognosi tendenzialmente catastrofiche che spaziavano dall’autismo alla sociopatia. Si tratta invece di un disturbo neuropsicologico che spesso non viene neppure rilevato, cosa che fino a poco tempo fa lo faceva ritenere raro (oltre che grave). Questo perché, sebbene si tratti della forma più severa dei disturbi da tic – perché cronica e caratterizzata dalla concomitanza di tic motori e sonori, sia in forma semplice che complessa – i bambini con sindrome di Tourette possono imparare anche precocemente a camuffarne le manifestazioni attraverso la soppressione intenzionale dei tic quando sono in luoghi pubblici o la loro trasformazione (nel caso dei tic sonori) in suoni onomatopeici considerati simpatici o buffi. Di fatto le sue manifestazioni variano dalle forme più lievi a quelle più gravi, interessando nel complesso circa l’1% dei bambini in età scolare.

Va e viene

I tic tendono ad avere una qualità frattale nel senso che si manifestano con attacchi ripetuti della durata di secondi o minuti, intervallati da periodi liberi dello stesso ordine di tempo, ma la medesima configurazione intermittente può essere replicata in termini di ore, giorni, settimane o mesi. Come già accennato, i tic possono essere volontariamente soppressi, una capacità che tende a perfezionarsi con l’età. Molte persone con la sindrome di Tourette descrivono una sensazione di “urgenza premonitrice” nel distretto muscolare interessato dal tic prima che questo si manifesti: può essere un senso di tensione, o di pressione, un solletico o un prurito. A volte l’urgenza è di tipo psicologico piuttosto che fisico, per esempio una sensazione di ansia o di rabbia insorte senza apparente motivo oppure ingenerate da un rumore, una frase o un’immagine. 
Il riconoscimento di queste sensazioni “premonitrici” e la conseguente soppressione dell’automatismo collegato inizia, nel caso dei disturbi cronici, intorno ai dieci anni di età così che a partire dall’adolescenza i tic possono essere considerati volontari, o semi-volontari, nella maggior parte delle persone. Ma la soppressione intenzionale del tic comporta una crescente sensazione di disagio e rappresenta una fonte di distrazione forse più debilitante del tic stesso. Non a caso, i disturbi da tic tendono a presentarsi in comorbilità con il Disturbo da deficit di attenzione/iperattività e, in età più avanzata, con il Disturbo ossessivo-compulsivo, nel quale pensieri e azioni devono essere “controbilanciati” o meglio “imbrigliati” in complesse sequenze rituali al fine di neutralizzarne la pericolosità percepita. 


© iStockphoto

Carico e scarico

Secondo l’ipotesi neurologica precedentemente menzionata, ciò che accomuna questi disturbi è il cosiddetto ciclo dell’urgenza-sollievo: la ridondanza delle informazioni nel circuito dopaminergico determinerebbe infatti una sensazione di sovraccarico a livello sensoriale, che troverebbe scarico e quindi sollievo nei tic, così come un sovraccarico percepito a livello cognitivo comporterebbe lo sviluppo di pensieri ossessivi, che troverebbero sollievo nel comportamento compulsivo (per esempio, controllare sempre cinque volte che i rubinetti del gas siano chiusi prima di uscire di casa) o in un’azione impulsiva (“acting-out”) che “sblocchi” la situazione (per esempio, interrompere qualcuno che sta parlando o fare un commento offensivo/inappropriato). In quest’ottica, i tic – organizzati o meno in sindrome di Tourette – sarebbero quindi sintomo di un sottostante processo di “rifinitura” di modelli motori e cognitivi non ancora perfettamente calibrati, cosa che darebbe conto della loro prevalenza in età evolutiva, quando il sistema nervoso è ancora in fase di “rodaggio”.

Poi passano (di solito) 

Nella maggior parte dei casi, i tic scompaiono infatti con la crescita, mano a mano che il sistema giunge a maturazione consolidando i sofisticati circuiti neuronali sottesi al nostro comportamento, fisico e psicologico. E se alcune volte ciò non avviene, e i tic divengono parte integrante dell’habitus psicofisico di una persona, è importante non drammatizzare e non sentirsene eccessivamente penalizzati. In fondo, stando alle cronache storiografiche, anche l’imperatore romano Tiberio Claudio (10 a.C. – 54 d.C.) aveva diversi tic, cosa che non gli ha impedito di governare con successo quello che all’epoca era il mondo conosciuto. E si dice che anche Wolfgang Amadeus Mozart ne avesse qualcuno, con particolare riferimento alla coprolalia. Le “parolacce” in fondo sono semplicemente parole ad alto coefficiente emotivo che ben si prestano a “scaricare” sovraccarichi di natura sensoriale o affettiva, indice di una sensibilità particolarmente ricettiva…

CLASSIFICAZIONE FENOMENOLOGICA DEI DISTURBI DEL MOVIMENTO


Da “Movement Disorders: Tics and Stereotypies”, S.H. Zimmer e J. W. Mink, 2010

 

Articoli simili