Storie di inclusione (anche col virus)
Combattere la diffidenza. Verso gli altri, i diversi, ciò che non conosciamo e a volte non vediamo. Perché la vita continua.
Di Giancarlo Fornasier
A seguito della pubblicazione dell’approfondimento dedicato all’inclusione (Ticino7 del 21 febbraio), in Redazione sono giunte alcune segnalazioni di iniziative volte a sensibilizzare e promuovere il coinvolgimento di persone con disabilità. Non è un caso che nel nostro settimanale in edicola oggi (pag. 19), vi proponiamo il ritratto di un giovane attivo, fra le altre cose, nella ristorazione. Nel mondo del teatro e delle arti sono numerose le compagnie che da decenni «includono» persone diversamente abili; Svizzera e Ticino non fanno eccezione. Assai originale in questo senso è l’appuntamento che il prossimo 13 marzo, ore 20, si terrà nella Sala multiuso di Paradiso, dove andrà in scena per la prima volta nel nostro cantone Clown-Syndrom di Olli Hauenstein. Uno spettacolo nel quale la sindrome di Down dell’attore Erich Gadient si trasforma in una «sindrome del clown», e dove gerarchie, schemi, differenze si fanno ironicamente labili, irrilevanti, invisibili. Come dovrebbe essere.
PS: Oggi, lunedì 24 febbraio, si gira in maglietta e pantaloncini. Il termometro segna 23 gradi e la brezza pare quella di un’estate alle porte. È l’eccezionalità di un 2020 iniziato più rovente che mai. Perché se non parli di clima, che ne so, potresti abbozzare un paio di considerazioni sul virus che ancora non si conosce, sul senso delle frontiere o su che cosa significhi aver fatto della Cina la fabbrica del mondo. Poi ci scappa la pandemia e tutti a riscoprire il serial TV anni Settanta I sopravvissuti (vedi video allegati, per chi non era ancora nato). È il «Medioevo prossimo venturo», come scriveva Roberto Vacca nel ’71?
Speriamo di no, dai.