Le ali (e le arti) di Mirjam Zani
Mamma, moglie, casalinga e lavoratrice. Ma uno spazio per l’arte e la creatività è riuscita a trovarlo, perché anche l’anima va nutrita.
Di Natascia Bandecchi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Il poeta Giacomo Leopardi aveva dedicato una delle sue più celebri poesie all’infinito. In quell’immensità spesso coesiste la fascinazione per lo sconosciuto che si contrappone alla fobia di scomparire, là dove non ci sono punti di riferimento e i pensieri naufragano nel vuoto. «Mi scombussola sapere che l’universo non finisca mai. Credo che nulla abbia una fine, dopo la morte sono convinta ci sia qualcosa. Pensiamo per esempio alla natura: tutto si rinnova, niente sparisce per sempre». Non me l’aspettavo, ma inizia così, con questa marcia filosofica, la chiacchierata con Mirjam Zani. Siamo all’atelier Attila di Nando Snozzi ad Arbedo, dove settimanalmente si rifugia per creare i suoi dipinti.
Per me, che al massimo disegno la classica casetta con una porta, due finestre e il fumo che esce dal comignolo, l’arte del saper disegnare ha sempre avuto una sorta di velo di mistero. Mi sono sempre chiesta cosa succede nel momento in cui l’artista si mette davanti alla tela. «Non sono più connessa alla realtà quando dipingo, sono in una sorta di viaggio, non penso a nulla, sono in quello che sto creando». Da bambina Mirjam aveva sempre una nota del maestro sul libretto: «Ha la testa tra le nuvole». «Spesso mi disconnetto, anche nella vita di tutti i giorni. È come scollegarsi e orbitare in un’altra dimensione». Grazie a Instagram ha abbattuto la timidezza di mostrare i suoi lavori, creando la sua pagina dove pubblica le sue creazioni.
Blocco creativo
Quando era bambina Mirjam disegnava in continuazione, ogni scusa era buona per ritrarre personaggi di fantasia o qualsiasi altra cosa richiamasse la sua attenzione. «Tutti pensavano che avrei fatto la Csia, il Centro scolastico per le industrie artistiche di Lugano, ma agli esami di ammissione mi sono letteralmente paralizzata alla richiesta di fare un disegno libero».
Durante l’adolescenza ci sono stati un po’ di scossoni nella famiglia di Mirjam che hanno bloccato il suo flusso creativo. «Prendevo in mano una matita o un pennello, ma non succedeva niente. Il blocco è durato molti anni, sino a quando sono diventata mamma di Davide e Nathan. A 26 anni, a furia di sentire le loro richieste di disegnare gatti, elefanti e mostriciattoli vari, il muro si è abbattuto ed è esplosa di nuovo la fantasia».
La notte
Secondo il Buddhismo, ciò che accade quando ci addormentiamo è molto simile a quello che succede al momento della morte. Sarà forse per questo che molte persone hanno un rapporto con le tenebre e il sonno un po’ turbolento. «Dipende dal periodo, può capitare che io soffra di insonnia oppure che faccia incubi pazzeschi che mi portano a vivere stati d’angoscia. È paradossale, ma proprio in questi spazi di inquietudine mi vengono le idee più belle». Per Mirjam l’angoscia è necessaria per far emergere l’estro. «Secondo me in tutte le forme d’arte, che sia musica, scrittura, danza ecc., la scintilla creativa nasce da una mancanza, sia essa affettiva o esistenziale. Credo che la sofferenza possa essere trasformata e canalizzata nella maniera più congeniale a chi la vive. È un processo salvifico portentoso».
Azzurro come un prato (SalvioniEdizioni, 2016) è il primo libro illustrato da Mirjam e realizzato con Paolo Buletti. Lalu è un bruco che vive a Pontirone che impara a volersi bene nonostante l’apparenza. A proposito di personaggi, è nato da poco Miwi, un kiwi; no, non il frutto, bensì l’animale simbolo della Nuova Zelanda. «Ho scelto questo volatile perché ha le ali ma non può volare, e ogni tanto ha dei problemi d’equilibrio. Forse inconsciamente ho scelto lui perché mi ci rispecchio, soprattutto quando vivo i miei momenti bui, in cui mi sento una funambola che cerca l’equilibrio». È difficile credere che una donna solare come Mirjam possa vivere questi momenti di smarrimento profondo. È disarmante sentirla parlare mentre si mette a nudo mostrando le sue fragilità in totale accoglienza con quelle parti che, forse, la maggior parte delle persone tende a nascondere per paura di essere giudicata.
Donne, coltivate le vostre passioni!
L’atelier Attila di Nando è frequentatissimo da molte donne, signore giovani e meno giovani che si esprimono tra colori, pennelli e carboncini. «Sembra impossibile nel 2019, ma vedo ancora troppe donne condizionate dai mariti. Uomini che non vogliono che escano la sera per una pizza con le amiche oppure per una lezione di yoga, un corso di qualsiasi altra cosa. Donne, non pensate che sia giusto non ritagliarvi del tempo per delle attività che vi nutrono e vi fanno vibrare dentro».
IL PERSONAGGIO
Mirjam Zani, classe 1977, vive a Biasca e lavora in un centro medico. Ha una grande passione per l’arte, ama dipingere, la musica (è pazza di Vinicio Capossela, a cui ha dedicato un quadro). Il suo animale totem è il gufo, anche se sono molti gli animali rotondeggianti che raffigura nei suoi dipinti. Kako, con le corna bianche e arancioni, e Mau, il coniglietto rosa con le orecchie spioventi, sono i suoi inseparabili «amici». È moglie, mamma e casalinga.