Cornelio Cheda: in punta di pagaia tra fiumi, laghi e natura
“Saranno suppergiù 15 anni che mi cimento con la pagaia. Ho iniziato da autodidatta…”
Di laRegione
Andare in canoa fa bene. Al fisico, e pure all’anima. È un altro modo di vivere la natura. E, soprattutto, di viverla in piena libertà. Alle nostre latitudini c’è chi va di pagaia sul lago o sul fiume. Ma non molti fanno entrambe le cose.
«Sono poche le persone che praticano la canoa tanto sul fiume quanto sul lago» racconta Cornelio Cheda, che è proprio una di loro, nonché un «veterano» delle acque ticinesi. «Saranno suppergiù 15 anni che mi cimento con la pagaia. Ho iniziato da autodidatta. Era uno sport che mi affascinava: mi piaceva l’idea di stare a contatto con la natura. Per tanti anni mi sono dedicato al trekking: lunghe camminate che mi hanno portato a spasso per il mondo. Ne ho macinati di chilometri a piedi… Poi, un giorno, ho sentito la voglia di provare qualcosa di nuovo. Ma cercando di restare sempre a contatto con la natura. Così ho deciso di provare con la canoa: l’acqua mi piaceva, e l’idea di sfidarne l’impeto e la forza, la sua imprevedibilità, mi affascinava. Così un giorno, di punto in bianco, mi sono presentato in un negozio di attrezzatura sportiva, ho comperato tutto il necessario e mi sono lanciato a capofitto in questa avventura, nel fiume Maggia».
E all’inizio è stata tutta un’avventura. «Direi un battesimo nel senso letterale del termine (ride, ndr). Tanti bagni, tante nuotate e tanta ricerca del materiale seminato qua e là dopo i rovesciamenti. Ma pure molto divertimento. E fortunatamente nessun incidente di rilievo: bene o male la Maggia, quando non è in piena, è un fiume che perdona gli errori. Quasi sempre, a un tratto con corrente fa seguito un pozzo: è una palestra ideale per chi è alle prime pagaiate». Da qualche anno Cornelio è il coordinatore della sede di Locarno del GCT, il Gruppo Canoisti Ticinesi. «Il fiume è stato il mio primo amore, e ancora oggi mi piace pagaiare nei corsi d’acqua con corrente. Da quando mi occupo della sezione di Locarno ho comunque preso piacere dalle uscite sul lago. Sul Verbano è affascinante, per esempio, costeggiare le Bolle di Magadino. Oppure ancora raggiungere le isole pagaiando. È un altro modo di vivere la natura. Con la canoa si ha quella sensazione di libertà. Spesso, poi, nelle serate di plenilunio, organizziamo pure uscite al chiar di luna. Anche in inverno, con la giusta attrezzatura: pagaiare avvolti dal silenzio circostante con il bagliore della luna è un’emozione difficile da mettere in parole». Diverso invece è lo scenario del fiume… «Decisamente. Qui fare canoa implica un impegno più attivo: cavalcando le rapide schiumose si oscilla tra coraggio e la paura, e si può imparare a conoscersi meglio. Inoltre, fra una rapida e l’altra si può ammirare il paesaggio meraviglioso che continua a cambiare scendendo le vallate».
La Maggia, che l’ha svezzato, non è però l’unico fiume ticinese navigabile con le canoe: «Il più facile è il Ticino, dove bene o male anche in periodi di prolungata siccità c’è sempre acqua a sufficienza. Estendendo il bacino alla Svizzera italiana, citerei la Moesa, che è quello che sull’arco dell’anno ha più acqua, e che offre divertimento per tutti. Lungo il suo corso si possono trovare tratti con i coefficienti di difficoltà più variati fra di loro. Non a caso è il fiume scelto dal gruppo di Bellinzona del GCT (la sede centrale) quale principale terreno di pratica per le sue attività».
Nel praticare la canoa un certo pericolo c’è sempre, «ma se fatto con testa e con le dovute precauzioni, i rischi sono ridotti» precisa Cornelio. «Prima di lanciarsi in un fiume con una canoa andrebbero apprese le nozioni di base indispensabili per cavarsela in caso di necessità. Penso in particolare all’Eskimo – manovra che, grazie a una rotazione, permette di riportare la canoa in posizione corretta dopo un ribaltamento –, la cui conoscenza è fondamentale. E proprio per questo che, per i principianti, il GCT propone corsi invernali in piscina, dove è possibile affinare la propria tecnica. Ognuno deve capire i propri limiti e rispettarli. Sul fiume, le insidie più pericolose sono i cosiddetti ‘buchi’, ossia quella specie di vortici che vengono a crearsi dietro ai sassi in tratti con corrente più forte: a volte non basta la forza per uscirne, ed è necessario trovare altre soluzioni come uscire dalla canoa e provare a nuoto. In queste situazioni è indispensabile pagaiare in gruppo: tutti i canoisti da fiume hanno una corda da lancio all’interno dello scafo, con la quale si può aiutare a liberare la persona intrappolata. Ancora più pericolosi sono i sifoni, dove la corrente passa sotto ai sassi o rocce per continuare dall’altro lato la sua corsa verso valle: possono anche essere letali, ma di norma si trovano unicamente lungo fiumi che solo gli esperti frequentano. Sul lago, invece, prima di tutto occorre prestare attenzione alle improvvise folate di vento, e alle ondate create dai grossi natanti, in particolare dagli aliscafi».
Cornelio Cheda, un veterano delle acque ticinesi; è membro del Gruppo Canoisti Ticinesi, associazione attiva dal 1977 che conta oltre un centinaio di soci, equamente distribuiti nelle tre sedi: Locarno (prevalentemente attività sul lago), Lugano (lago) e Bellinzona (fiume). Per saperne di più: canoa.ch.