Architettura. Nudi & crudi

Il ritorno del Brutalismo ovvero l’arte del calcestruzzo

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

L’architettura brutalista è tornata in auge e nuovi cultori si aggiungono. Un recente e monumentale ‘Atlante’ edito dall’editore Phaidon offre l’opportunità di ricordare questa controversa estetica del ventesimo secolo, che va oltre il suo periodo d’oro per divenire fonte d’ispirazione e di riflessione. 

Da qualche anno il Brutalismo coi suoi edifici grigi è tornato di moda. E non solo tra i curatori dei musei e gli addetti ai lavori. Probabilmente deve la sua rinnovata fortuna ai social media: basta dare un’occhiata a Twitter e Instagram per vedere che l’hashtag #brutalism spopola. In passato questo stile è stato bistrattato (a dire poco) e frainteso; forse la sua cattiva fama è dovuta al nome che deriva dall’assonanza con «beton brut», il cemento grezzo o calcestruzzo a vista, che lo caratterizza. Eppure queste architetture seriose, dalle forme plastiche che evidenziano la potenza della struttura, piacciono, così come i loro angoli spesso rigorosi e le superfici monocrome. Sembra che il cemento a vista, caro a Le Corbusier nell’Unité d’habitation di Marsiglia, offra sempre e ancora nuove possibilità liberatorie agli architetti. 

Un movimento globale
L’Atlas of Brutalist Architecture (Phaidon, 2018) cataloga oltre 870 architetture in un centinaio di Paesi, tutti manufatti influenzati da questo stile, spaziando dal Regno Unito agli Stati Uniti, passando dall’Europa – senza dimenticare la Svizzera e il nostro cantone – per approdare in Asia, Australia e Sudamerica. Un volumone con un migliaio di illustrazioni che offre uno sguardo trasversale: qui si va oltre la catalogazione del Brutalismo canonico (quello degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta) e l’iconico saggio di Reyner Banham del 1955 che lo definiva un movimento. In particolare, la monografia intercetta una tendenza: quella di una nuova immagine pubblica del Brutalismo, salvato a suon di tweet, sublimato dalla nuda poesia del cemento grezzo, declinato tra massa e materialità. Le foto, rigorosamente in bianco e nero, mostrano le opere più significative e sorprendenti, di grande impatto visivo e dalle importanti volumetrie, che hanno visto all’opera nomi notissimi quali Marcel Breuer, Lina Bo Bardi, Le Corbusier, Carlo Scarpa, Frank Lloyd Wright, Louis Kahn, Oscar Niemeyer e Paul Rudolph, tutti progettisti che rifiutano l’etichetta di «brutalisti». Nel corso della ricerca necessaria alla stesura del libro sono state raccolte informazioni dettagliate sull’attuale stato, le condizioni e l’uso degli edifici. 

Da Milano al Ticino
Nella capitale lombarda sono famosi la Torre Velasca dei BBPR (1958) dalla facciata simile a una fortezza e l’Istituto Marchiondi Spagliardi, progettato da Vittoriano Viganò (1957), che versa in stato di abbandono. A Lugano non passa inosservato l’Autosilo Balestra, ormai parte del tessuto urbano con le sue intriganti/inquietanti geometrie, disegnato nel 1978 da Carlo Cesarini e frutto del fervore edilizio degli anni Settanta. A Massagno si trova la Casa Cate di Peppo Brivio (1957), in cui una trama esagonale scolpisce una facciata di rara originalità. Invece Casa Corinna a Morbio Superiore, dello stesso architetto, è un trionfo di moduli e piani giocati in verticale e orizzontale. A Riva San Vitale c’è Casa Bianchi (1973) di Mario Botta, che ha fatto propria la lezione dei maestri Le Corbusier e Carlo Scarpa in questa torre solitaria in dialogo col paesaggio cui si accede da un ponte d’acciaio, dall’alto. A Giornico, accanto alla ferrovia, c’è anche il museo La Congiunta, dedicato allo scultore Hans Josephsohn e progettato da Peter Maerkli (1992), opera dalle pareti disadorne e concrete che vive di sola luce naturale e con allestimenti ridotti al minimo che cerca di dialogare con la pietra delle montagne circostanti. E poi Casa Koerfer (1966) a Ronco sopra Ascona, un gioiellino di Marcel Breuer incastonato su una collina di fronte al Verbano, in cui materiali e texture rendono i termini di progetto da ammirare nei dettagli. La Casa a Lumino dell’architetto Davide Macullo è invece un edificio monolitico in calcestruzzo a vista che ricorda la solidità delle costruzioni dei villaggi alpini. Casa a Sant’Abbondio (2012) di Wespi de Meuron Romeo, in pallido cemento armato, è una presenza discreta che incontra la poesia della natura. Casa Kalmann (1976) di Luigi Snozzi a Brione sopra Minusio, posta garbatamente su un terreno scosceso, racconta il dialogo essenziale tra linee costruite e orografia. Tutti segni di un modo di interpretare l’abitare, l’uomo e il suo rapporto con ciò che lo circonda. A voi il giudizio.

 

SETTE SPUNTI PER CAPIRE

Amici
«The Brutalism Appreciation Society» è un gruppo Facebook dedicato all’architettura brutalista con oltre 60mila iscritti che hanno condiviso immagini, link e materiale vario per creare un catalogo in divenire che preservi questa estetica.

Banca dati
Centinaia di caricamenti al giorno sui social con l’hashtag #SOSBrutalism hanno permesso la realizzazione di un portentoso database di edifici da ammirare e salvaguardare.  

C’era una volta
Il MoMA di New York ha di recente celebrato con una mostra l’architettura realizzata nell’ex Jugoslavia di Tito fra gli anni Cinquanta e Ottanta del Novecento che spaziava dall’International Style al Brutalismo.

Mostre
Il Vitra Design Museum di Weil am Rhein ha ospitato con successo nel 2017 «The brutalist playground»; una mostra, presentata a Londra nel 2015, sui parchi giochi del brutalismo inglese del collettivo di architetti Assemble
con l’artista Simon Terrill. 

Al cinema
Tra i film ambientati in architetture brutaliste spicca l’indimenticabile Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick, girato nel quartiere londinese di Thamesmead dove si sono svolte anche le riprese della serie tv Misftis. 

Un caffè
Si chiama «AnZa» la macchina da caffè in calcestruzzo dello studio Montaag, un’opera scultorea e un oggetto di culto per gli appassionati di brutalismo.

In casa
La carta da parati che riporta esempi di architettura brutalista trasforma le semplici pareti in muri funzionali. L’uso mirato delle texture e dei toni del grigio crea quasi un’illusione ottica. 

 

 

 

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