Acque di passaggio
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Di laRegione
Da noi si chiama Fontana Promiscua (la Promiscola), per la Carta Nazionale Svizzera è una delle Fontane dei Pianoni. Sgorga a 1’620 metri, a pochi passi dalle stalle dell’Alpe Pianone di Brissago, e sopra la canaletta di pietra da cui l’acqua cade in una piccola pozza, una targa metallica porta una data, le lettere «I» e «S», due frecce (una rivolta verso l’alto, l’altra in basso) e un numero, «24». Le due lettere stanno per Italia e Svizzera; e il numero sta a significare che la targhetta fa anche da cippo di confine, il cui andamento è indicato dalle frecce. Mi sono chiesto molte volte a quante seti avrà dato sollievo quell’acqua, prima di scendere fino al lago segnando con il suo corso il confine tra Italia e Svizzera. E ora che ne scrivo mi chiedo che cosa mai avrà spinto l’umanità a vedere confini lungo una linea d’acqua o una cresta rocciosa, o a tracciarne, scavando trincee e morendovi, dove la terra è piatta e il mare aperto. So solo che, essendoci nato, faticherei a vivere senza un confine, a privarmi del piacere di superarlo, che la legge lo consenta o no. E con maggior gusto nel secondo caso. La prima volta che sono arrivato alla Promiscola era un mattino coperto di nebbie. Vagavo sul fianco della montagna cercando di orientarmi. Mi sarebbe piaciuto essere come la lupa di Cormac McCarthy che varcò la frontiera «più o meno nel punto in cui questa incontrava il trentesimo minuto del centottavo meridiano». In un punto preciso dell’intelletto umano, in uno altrettanto vago della sua vanità. Fuori dalla nebbia la trovai, e bevvi. di Erminio Ferrari