La città vecchia

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Di laRegione

Quando è stata l’ultima volta che sono sceso a Lugano? (Mumble mumble). Ah sì, ho ancora gli scontrini: prima di Natale, dovevo comprare i regali che non avevo trovato online. Già quasi tre mesi. E dire che abito a Massagno. Forse il centro di Lugano è diventato inutile. I servizi principali si trovano anche nei paesi della periferia. Tutto appare leccatissimo, ma desolante. Anni a puntare solo sulle banche hanno lasciato il segno: il lungolago è cementato quanto Nuova Delhi, case e divertimenti sono appannaggio dei pochi che per un gin tonic non devono lasciar lì un rene. Ferma un attimo. «Inutile»: non esageriamo, che piagnisteo. Non sarà che sono io, a essere inutile? «Divento uno di quelli che si perdono i filini di bava dalla bocca, vagano per i mercatini con la borsa della spesa sbraitando contro il socialismo», direbbe Woody Allen. Dopotutto a Lugano, fra mostre concerti locali eventi, le cose si muovono. Magari se non avessi disdetto l’abbonamento al Lac perché alla sera sono stanco, se non passassi le serate a vestaglia e Netflix, se non mi fermassi solo al bar sotto casa… Magari, ecco, riempirei quelle piazze che Marco Jeitziner nel suo «Approfondimento» descrive come tristemente vuote. E non solo a Lugano, ma anche a Bellinzona (proverbiale per la sua sonnolenza), Mendrisio, Chiasso e Biasca. Da una parte c’è lo sforzo di chi cerca di far rivivere le città, ha voglia di fare e divertirsi; dall’altra i cambiamenti demografici rendono la scena sempre più anzianotta e sonnolenta. Forse il problema è qui, ed è colpa di tutti e di nessuno.

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