Stephan Schertler, eccellenza sonora
A Mendrisio c’è un piccolo tempio dal quale escono manufatti artigianali destinati alla musica tutta
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Correva l’anno 1968: «Figliolo, presto sarai maggiorenne. Cosa vorresti per il tuo compleanno? Un’automobile?». «No mamma, vorrei un oscilloscopio». Sì, dev’essere andata più o meno così. E l’oscilloscopio è ancora sul tavolo di lavoro di Stephan Schertler, con i prototipi che nascono durante le ore in cui un comune mortale svolge quella funzione fisiologica indispensabile per la sopravvivenza denominata «sonno».
Nella storia della musica degli ultimi 30 anni c’è più Svizzera di quanto si pensi. La cosa si deve a quest’uomo per il quale si può spendere uno dei sostantivi da applicarsi con parsimonia: «visionario». Schertler vive a Mendrisio, sede di un luogo di culto; qui si concepiscono e si costruiscono – artigianalmente, un pezzo per volta – mixer, amplificatori, pre-amplificatori, pick-up (microfoni per strumenti), corde e altro ancora, oggetti che piacciono a molti grandi della musica. Compreso Chick Corea.
Nato in Liechtenstein, di origini austriache, in Svizzera dall’età di 2 anni, l’ingegnere meccanico Stephan Schertler ha studiato l’elettronica da sé. Nessun insegnante, se non «un palermitano della Texas Instruments, un illuminato» che ogni tanto gli diceva «e adesso mettiamo un pizzico di corrente!», come se parlasse del sale nel sugo. È una filosofia che ha senso anche in elettronica. «Io non uso circuiti integrati, non sono musicali. Uso i singoli transistor, le singole resistenze. La faccio io la ricetta». Il ‘ristorante’ di Stephan è a conduzione familiare: l’ultima assunzione risale a 18 anni fa, la prima a 20. La ditta, di anni, ne ha 26. E quel «familiare» è esaurientemente spiegato.
Schertler, contrabbassista, è stato musicista professionista dal 1986 al 1991. Mettendola sugli aneddoti, si va dai trascorsi con il pianista Franco D’Andrea alle cene con il giovane Michel Petrucciani e in mezzo l’incontro con Joe Henderson («Senza microfono suonava più forte di una big band»); mettendola sull’elettronica, Stephan vi si è approcciato per risolvere l’atavico problema dei musicisti a confronto con microfoni e amplificatori, ovvero il «Sounds like shit» (più o meno «Suona assai male»). Nel 1988 l’incontro con Charlie Haden, che gli dona un set di corde in budello (Schertler si costruisce una macchina e inizia a fabbricarsele da sé) e comprende la grandezza delle creazioni del suo omologo applicate al suono, adottandole sino alla morte, nel luglio del 2014. «Sono stato una specie di psicologo per Charlie, cercava costantemente la mia opinione, anche se non sono mai stato un bassista virtuoso». A parziale rettifica: «Comunque, il mio suono potente è noto in Europa. Costruisco microfoni e amplificatori, ma in realtà a me servono raramente…».
L’azienda nasce nel 1986 a San Gallo. Poi, il trasloco a Mendrisio. «Un giorno le ordinazioni sono aumentate e io sono impazzito. Potevo fermarmi lì. Anzi, dovevo, per qualità di vita». E lo strumento? «Negli ultimi anni ho smesso di suonare, ogni tanto mi manca. Ho una figlia che è più musicale di me, ha il mio drive (energia, o ‘tiro’, ndr) e il senso melodico della mamma Lilly, siciliana, che scrive poesie e alla Schertler si occupa del personale». Il nome della figlia, Giulia, è anche quello di un amplificatore.
«Non voglio creare un sound. Voglio rispettare il suono» sostiene Stephan il visionario, che «ieri discuteva con l’architetto per disegnare i nuovi amplificatori e si è messo a parlare di lampadari», ci dicono dietro le quinte. Come Steve Jobs, che per le curve dei suoi Mac attinse dai frullatori della Braun.
«Io sono moderno – dice Stephan Schertler –, la tradizione è una cosa viva, attuale. Il concetto di vintage mi dà fastidio. Io ho tutto vintage. Uso ancora gli Stellavox a nastro, quelli con cui sono stati registrati i film di Hollywood. Ma non perché sono vintage. È una questione di qualità».
Chiamando in causa anche il subconscio, «ci sono prove che in un locale in cui la musica arriva da diffusori analogici ci si ferma più a lungo, e si ordina di più. Poi, è chiaro, devi essere gentile e far un buon drink». Concludendo: «Il digitale è una mentalità cheap, è gratis, è come il fast food. Detto questo, non ho niente contro il digitale. L’unica cosa che ti può succedere con me è che se stai riproducendo un mp3 io ti chieda di spegnere subito l’apparecchio…».
Se non fosse che dalla morte di Steve Jobs in avanti il termine è usato anche per chi si sveglia e partorisce una semplicissima buona idea, abbiamo incontrato un «visionario». Forse non tutti sanno che nei locali di via Beroldingen a Mendrisio c’è un piccolo tempio dal quale escono manufatti artigianali destinati alla musica tutta. Di certo, chi sia Stephan Schertler è noto ad alcuni dei musicisti più importanti al mondo, folgorati sulla strada del suono dalle sue ricette “bio”, piatti unici a base di transistor, resistenze e senza integrati aggiunti (al massimo,
«un pizzico di corrente»).