Bangkok: sudicia, anarchica, tenace
Canicola, atmosfere à la ‘Blade Runner’, un hotel surreale: itinerario insolito nella capitale thailandese
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Bangkok, 42 gradi, canicola implacabile e assordante. Due cose succedono ogni volta che il taxi mi deposita all’imboccatura del vicolo dove abita il mio migliore amico. Inzuppo i vestiti di sudore e respiro polvere di cemento. Poi mi sfilano accanto gruppi di operai avvolti in una coltre di pulviscolo bianco. Hanno aperto un nuovo cantiere. I trapani demolitori stanno a questa megalopoli asiatica come le cicale alla pineta di Fregene. Ci sono cantieri ovunque, e ovunque scheletri d’acciaio. Dalla mia ultima visita, tre mesi fa, noto che la torre costruita di fianco al condominio del mio amico è cresciuta di svariati piani. Mentre è sparita quella casa di legno che se ne stava da anni in mezzo a un giardino di fiori. Al suo posto, una cisterna e un campo da tennis.
Il paesaggio qui cambia di giorno in giorno, di settimana in settimana. Dicono sia la città più visitata al mondo, ma è più che altro l’enigma di una perpetua, anarchica bolla immobiliare. La Sukhumvit, la grande arteria che taglia in due Bangkok, sembra uscita dal set di Blade Runner: luci al neon gocciolanti, grovigli di cavi elettrici, enormi schermi video, treni sopraelevati, bancarelle, imbroglioni, prostitute e marciapiedi che si riempiono di ombrellini trasparenti ad ogni sgrullata del monsone. E poi quella vita notturna, sudicia e oltraggiosa.
Ma in mezzo a questa furia modernizzatrice c’è sempre qualcuno che resiste. Con una birra in mano mi affaccio dal balcone ed eccolo lì, l’Atlanta Hotel, lo stesso edificio da più di sessant’anni. La prima volta che ci ho messo piede me lo aveva suggerito una vecchia amica di mia madre come alternativa alle luride guest-house di Khao San Road. Camminai come al solito fino alla fine del vicolo per trovarmi di fronte a un palazzo grigio di cemento, non proprio esaltante, un altro esercizio in architettura masochista sovietica di cui la città era disseminata. Se non altro avevo trovato quello che cercavo: un albergo a buon mercato. Ma entrando mi colpì una vertigine di straniamento. Qualcuno mi aveva spinto indietro nello spazio e nel tempo. Ma esattamente dove?
Di certo non in un ostello nella parte sbagliata della cortina di ferro come temevo. Poggiai lo zaino per terra e guardandomi intorno mi avvicinai alla reception. Con i suoi divanetti in similpelle rossi, il pavimento di mattonelle simmetriche bianche e nere, le palme e l’ampia scala a chiocciola sospesa nel vuoto, l’atrio aveva un’aria decisamente art déco, tipo Shanghai anni Venti. Una cameriera mi mise in mano un frullato di mango e banane con dentro un ombrellino di carta. «Vuoi vedere la piscina?» Mi ci portò attraversando un boschetto. Acqua lievemente torbida e vernice scrostata sulle sedie a sdraio di legno. La scena era quella di un motel americano che si disfaceva nel clima indolente dei tropici. A bordo piscina, invece di una bionda con in mano un daiquiri, c’era una ragazza rasata che si arrotolava una sigaretta. L’approccio sovietico tornava nelle camere da letto. Nessuna velleità decorativa, ma almeno materassi comodi, cuscini corposi e lenzuola ben inamidate. Ci rimasi una settimana. Sguazzavo nella piscina, bevevo frullati, mangiavo insalata di papaya, e soprattutto mi chiedevo chi fosse il responsabile di quel miscuglio schizofrenico d’albergo.
L’Atlanta, venni a sapere, è il testamento cocciuto di un certo Max Henn, ebreo tedesco sfuggito al nazismo. Una vecchia foto lo ritrae ormai anziano, ma sempre alto e biondo, in blazer doppiopetto sotto una pianta tropicale. Negli anni Cinquanta il suo albergo era il migliore di Bangkok. Ci andava a cenare tutti i mercoledì sera la regina della Thailandia. Ma dieci anni dopo, quando in città arrivarono alberghi molto più grandi e lussuosi, cominciò il declino. L’Atlanta sparì dal radar dei ricchi e venne scoperto dagli hippie. Il figlio di Max, Charles, amava conversare di Shakespeare e William Blake con quei ragazzi capelloni. Fu un periodo tutto sommato piacevole.
Il degrado vero cominciò negli anni Ottanta. Tossici e prostitute guardavano film porno sniffando eroina proprio dove i membri della famiglia reale avevano assaggiato ottimi filet mignon. L’Atlanta stava affogando e il vecchio proprietario chiese aiuto al figlio. Rimessi in sesto l’atrio e il ristorante, Charles rimpiazzò letti e scrivanie delle stanze con mobili industriali. Poi stabilì nuove regole: niente prostitute, droghe, musica ad alto volume e video porno. E sull’uscio appese quel cartello che ancora oggi si vede dal balcone di casa del mio amico: «SEX TOURISTS NOT WELCOME». Pena l’arresto.
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1. Ba Hao
Lo scrittore Lawrence Osborne, inglese trapiantato a Bangkok, consiglia Ba Hao, bar, ristorante e albergo situato in una stradina di Chinatown. Il locale è stato aperto restaurando una vecchia casa-magazzino. L’obiettivo dei giovani proprietari è preservare le tradizioni dei mercanti cinesi .
2. Tep
Tep è un bar appena aperto che però si rifà consapevolmente alla vecchia Bangkok. Situato in una vecchia bottega ai margini di Chinatown, offre cocktail preparati con erbe e frutta thailandesi e musica tradizionale.
3. Khua Kling Pak Sod
Questo ristorante caldo e informale ha portato a Bangkok la tradizione culinaria del sud della Thailandia. Il cibo è piccante senza compromessi. I piatti consigliati sono l’ardente Khua Kling Pak Sod (curry secco con carne di maiale macinata) e il Moo Hong (carne di maiale in umido in salsa dolce).
4. Sabai Jai Gai Yang
Musica thailandese dal vivo in un cortile appartato. In questo ristorante si mangia il miglior pollo alla griglia servito con papaya verde.
5. Once Again Hostel
Un ostello moderno fondato da alcuni ragazzi per sostenere la comunità di artigiani che vive intorno al tempio Giant Swing. Alloggiarci è consigliato non solo perché è molto comodo ma anche per visitare il quartiere, uno dei più autentici di Bangkok, tutto vicoli stretti e case basse.
6. FooJohn
Un nuovo locale di Chinatown dal sapore nostalgico. Entri dentro e sei a Hong Kong negli anni Sessanta. Al piano terra c’è il ristorante e sopra un bar che serve ottimi cocktail.
7. Massaggi da Divana
Per riprendersi da una giornata intera trascorsa nel bollore sfibrante di Bangkok. Se vi trovate nei pressi della Sukhumvit all’altezza di Asok, andate da Divana, senz’altro tra le migliori Spa della città: dimora d’epoca nel bel mezzo di un lussureggiante giardino tropicale.