Prostituzione e stereotipi: la storia di Sofia

‘Questo lavoro, come quasi tutti, può essere fatto in modo bello oppure in modo triste, penoso e squallido’.

Di Cristina Pinho

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Le luci dei lampioni e delle auto si riverberano nelle pozzanghere dei posteggi, i carrelli della spesa sono spinti in fretta dalle porte scorrevoli dei negozi ai bauli delle auto, il loro rumore si mescola al vociare dei bambini e alla pioggia che cade copiosa. Sono lì ad aspettare l’ora fissata per l’appuntamento, pervasa da una vaga e ambigua agitazione. Simile, forse, a quella di tanti uomini prima di me in quel medesimo non luogo, in quell’insospettabile «via del campo» dall’aspetto qualunque.

Arrivano le 17, chiamo Sofia, mi spiega qual è il suo appartamento. Mi riceve come in alcune delle sue «foto vere», abito attillato e tacchi a spillo; mi offre un caffè e mi fa accomodare nel salone, accogliente ed elegante, lo stesso in cui solitamente riceve i suoi clienti. Ho trovato un suo annuncio su internet, corredato di immagini, video e un lungo elenco di prestazioni; le ho telefonato e le ho chiesto se era disposta a parlarmi del suo lavoro. Combattuta, e con una comprensibile diffidenza di cui non si spoglierà mai del tutto, decide di accettare.

Questo è il mio lavoro

Sofia è transessuale e fa la escort nel locarnese. «Sono approdata a questa professione per necessità e per scelta». Esordisce con aria solida e un timbro basso, magnetico, la nostra interlocutrice: sembra che le parole cadano da una distanza siderale. «Avevo fatto il processo di transizione da uomo a donna, e sapevo che sarebbe stato estremamente difficile mantenere il mio impiego o cercarne un altro nel mio ambito, si trattava di un calvario che non ero disposta ad affrontare». Sofia, italiana, un Master in Business and Administration, precisa subito: «Questo lavoro, come quasi tutti, può essere fatto e visto in modo bello oppure in modo triste, penoso e squallido. Prima di trasformarmi lavoravo come consulente finanziaria in una banca di Zurigo. Durante i mesi precedenti alla crisi legata ai subprime, nel 2008, in più di un’occasione mi sono trovata obbligata a vendere dei titoli che sapevo sarebbero crollati da lì a poco. Reputo questa cosa estremamente squallida, molto più che consumare una prestazione di sesso a pagamento. Mi trovo spesso a pensare che se avessi venduto un titolo spazzatura a qualcuno che aveva bisogno di investire i suoi risparmi in modo sicuro gli avrei fatto molto più danno che non dicendogli ‘vieni, passiamo un’ora insieme e mi dai 300 franchi’. Il mio è un lavoro che ritengo formativo, interessante e talvolta divertente, ma sicuramente anche stancante, pesante e impegnativo: non è facile consumare del sesso con chiunque, uno magari si eccita a vedermi, ma non è detto che a me succeda altrettanto; diciamo che in genere su 10 incontri, uno è piacevole anche per me, il resto è finzione. Ma fa parte del mestiere». Intanto sul tavolo gli schermi dei suoi telefonini si illuminano a intermittenza ravvicinata.

Uno, nessuno, centomila

Le chiedo dei suoi clienti. «Il numero è molto variabile, è difficile fare una media. Passano giorni in cui non ricevo nessuno e magari in altri capita che ne veda 7-8. La contingenza è regolata anche dai ritmi di lavoro della gente e dalle scuole. Se ci sono le vacanze dei bambini, per esempio, molti si eclissano. Ma qualche disperato c’è sempre – ride –: a Natale, il 26 dicembre, il 31: arrivano verso le 3 del mattino, dopo aver fatto il veglione. Molti sono del luogo, mi capita spesso di andare in giro in città e di vederli. Io a prescindere li ignoro per scelta professionale; se qualcuno mi saluta rispondo, però di solito sono accompagnati, per cui girano la testa da un’altra parte. Considera che il 90% dei miei clienti è costituito da uomini sposati o fidanzati».

L’elenco delle sue offerte online è variegato, fantasioso e anche un po’ bizzarro. «La richiesta è molto semplice: i miei clienti vivono una vita fatta di normalità: vanno in ufficio, praticano sport, fanno aperitivo, hanno una compagna; io devo proporre dei prodotti che non rientrano nella normalità, perché questa ce l’hanno a portata di mano. Quindi ciò che offro sono delle immagini che riconducono a delle emozioni, a dei desideri che esulano dall’ordinario».

La domanda riguarda quindi trasgressione, giochi di ruolo, travestimenti; i frequentatori cercano uno spazio in cui non si sentano giudicati per quello che hanno il desiderio di sperimentare, per i lati di sé che generalmente non possono o hanno paura di esplorare. E più che per mettersi delle maschere, arrivano qui forse proprio per togliersele. «Essenzialmente è questo, il sesso con una trans si scosta molto da quello fatto con una donna biologica, vengono per realizzare delle fantasie che non hanno modo di mettere in atto con le loro partner. Queste spaziano da sottomissione in ambito sadomaso, al semplice fatto di vedere un sesso maschile in un corpo femminile. Tanti però poi se ne vergognano: spesso ancor prima di venire qua mi parlano delle loro fantasie in modo audace, ma mi chiedono di convincerli perché non osano metterle in pratica e si sentono in colpa. Io capisco, però non sono una psicologa…», mi dice con tono di ironica disapprovazione.

Le fate ignoranti

Come escort e come transessuale, le chiedo se si senta doppiamente marginalizzata o criminalizzata. «Per quanto riguarda la pratica del lavoro no, nel senso che è chiaro, è registrato, è regolamentato. È differente il discorso dell’accettazione della transessualità». Transessuale è una persona che si sente appartenere al sesso opposto rispetto a quello in cui è nata e decide di fare degli interventi chirurgici e/o farmacologici per allineare in parte o totalmente la sua espressione di genere alla sua identità di genere. Dei retroscena non parlo con Sofia, ma dietro le reticenze intuisco una condizione e un percorso di grande sofferenza psicologica e fisica. ‘Corro all’incanto dei desideri, vado a correggere la fortuna, nella cucina della pensione, mescolo i sogni con gli ormoni’ (Fabrizio De André).

«In giro la transfobia non è tanta, ma ce n’è. La paura di qualcosa spesso è legata alla non conoscenza o alla generalizzazione. Delle escort transessuali si pensa che siano tutte drogate, malate, ladre. Io vedo che quando ho modo di esprimermi, di giocare le mie carte, di spiegare chi sono e cosa faccio, vengo accettata. Le poche volte che c’è una certa resistenza è dovuta a qualcosa che la persona non accetta di se stessa e che genera conflitti. E succede spesso che l’imbecille che mi crea problemi fuori sia quello che in realtà va a trans e ha vergogna di relazionarsi con me in un ambito normale unicamente perché ha paura di essere sgamato».

Nell’ambiente del sesso a pagamento la competizione è alta: «Io esercito per i fatti miei, nel mio appartamento, in strada non ci penso neanche. La concorrenza nel settore è forte, ma si collabora anche. Ci sono delle ragazze con le quali talvolta lavoro e con cui c’è un certo senso di collegialità, ci sentiamo ad esempio quando c’è un cliente che vuole fare un festino».

E oltre al lavoro chi è Sofia? ‘Persona molto colta, amante della lettura e del cinema’ recita il sito. «Considera che alcune delle cose che ho scritto sono solo per darmi un tono, lo fanno tutte. Comunque pratico molto sport, mi piacciono il mare, i libri di mitologia e storia, e i film di fantascienza. E a volte fare delle serate trasgressive a modo mio». C’è spazio per l’amore?, le domando infine. «Ho avuto delle relazioni stabili pur facendo questo mestiere; ci vuole molta comprensione, ma è fattibile. Ogni tanto poi c’è qualche cliente che s’innamora, ma ho sempre tenuto separati gli ambiti…».

Storie diverse

Poi è lei a dirmi: «Come mai il tema della prostituzione? Non è molto comune, e chi ne parla il più delle volte lo fa per il gusto di rovistare nel torbido, facendo apparire sempre tutto sotto una luce miserevole. Si ripetono in continuazione le stesse cose, le operatrici del sesso sembrano sempre delle disperate sfruttate, e gli uomini degli approfittatori. La verità, come spesso accade, ha molte sfumature. Qual è l’obiettivo di tutto questo? Comunque tieni conto che io non sono un benchmark, non sono rappresentativa della categoria. Tante prostitute sono donne sposate, con figli, che nel loro Paese d’origine sono con l’acqua alla gola; alcune è il marito che le manda qua. Sono rumene, spagnole, polacche. Sono situazioni differenti dalla mia».

Come tutte le storie di vita, le dico. La ringrazio sinceramente per avermi raccontato la sua. Saluto, scendo, ripercorro il posteggio ormai buio e silenzioso, e faccio mia un po’ di questa storia complicata. «Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale».

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