Joel Fioroni: quando il cinema prende vita
Il giovane gestore del Lux Art House di Massagno si racconta, fra antiche tradizioni e nuove sfide
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
Li immagino sempre strambi, quelli del cinema. Sulle nuvole, lunatici, magari pure un po’ sbandati. Chissà poi perché. Di sicuro non è così Joel Fioroni, uno che lo vedi subito com’è tutto determinazione, lucidità e buone maniere. Mi accoglie alla buvette del Cinema Lux di Massagno, che ha preso in gestione da un anno.
Ci sediamo a un tavolino che in realtà è un vecchio avvolgibobina di legno (mette l’anima in ogni dettaglio, e si vede). D’altra parte «oggi non puoi attirare le persone al cinema solo con lo schermo. Gli spettatori devono trovare un posto in cui socializzare, sentirsi coccolati». Invece di lagnarsi della concorrenza di Netflix e di rimpiangere i bei tempi andati (che peraltro non ha vissuto), questo men-che-trentenne se ne inventa una dietro l’altra: rassegne che spaziano dalle dirette operistiche della Met Opera al cinema latino, dai documentari d’arte agli ultimi film indipendenti, come Chiamami col tuo nome e Lazzaro felice. E poi eventi, incontri con attori e registi, in una convivialità che libera il cinema ‘d’essai’ dalla sua aura d’esclusività.
Certo, «ragazzi se ne vedono ancora pochi, il cinema come luogo fisico è più un’abitudine di altre generazioni». Ma Joel di sale ne ha viste – «mi piace visitarne in tutto il mondo, dai cinema messicani tutti decorati a quelli giapponesi, ipertecnologici» – e sa che lavorando duro qualcosa si ottiene. Poi viene da una gavetta passata alle biglietterie e nelle sale di proiezione, dal Cinestar all’Iride, «dove ho iniziato quando ero apprendista disegnatore edile, e ho avuto a che fare con gli ultimi proiettori a pellicola»; quelli che «se si rompeva il nastro dovevi fermare tutto e incollarlo al volo con lo scotch». Esperienze che lo hanno spinto a frequentare il CISA come montatore, un lavoro più creativo di quanto sembri: «Proponi al regista diverse opzioni sul succedersi delle scene, idee che possono cambiare la direzione, approfondire il senso della pellicola. Il montaggio ha salvato tanti film, pensa al primo Signore degli Anelli…» (l’allusione mostra che il suo immaginario non si ferma agli enigmatici biancheneri bergmaniani, come da stereotipo del cinefilo).
Per pagarsi gli studi al CISA, Joel ha fatto mille mestieri: «Uscivo di casa vestito da securino e andavo ad aprire le banche, poi andavo a scuola e alla sera facevo la cassa al Cinestar, nel fine settimana Media Markt». Ma è anche animatore di una colonia integrata e insegnava al Pretirocinio di orientamento (per chi non ha ancora trovato la sua strada) e d’integrazione (per stranieri che devono migliorare anzitutto la lingua, ma soprattutto migranti in attesa che si decida del loro destino). «Li aiutavo a raccontarsi e a socializzare attraverso foto e video. Ho sentito storie di fughe, inseguimenti, traversate. Grossi problemi a farli andare d’accordo non c’erano», neanche fra persone di culture e religioni diverse. Semmai era dura accettare la situazione quando uno studente «viene a salutarti e a dirti: non vengo più, devo partire. Anche se non erano mai affranti: sembrava la vivessero come l’ennesima tappa del loro esodo».
Tutte esperienze che spiegano come mai, quando fra le altre cose si è messo a produrre e dirigere cortometraggi, Joel si sia concentrato su temi di immediata rilevanza sociale, «sempre cercando di fornire una prospettiva di ottimismo, di gioia». Come ne La porta sul mare, che racconta la storia di una ragazza down «allegra e solare». E poi Take Control, dedicato ai temi del sexting e del cyberbullismo, «nato dalla storia di una ragazza ticinese che si è suicidata quando i compagni hanno fatto circolare delle sue foto di nudo. Alla presentazione al Kursaal di Locarno c’era il padre, la sua commozione mi ha trasmesso quello che cerco nel fare cinema». Infine Il re del mercato, mediometraggio animato tratto da un libro di Gionata Bernasconi, che parlando di galline e pollai tematizza l’autismo e la sua accettazione sociale, e che ha viaggiato per i festival da Salerno (Giffoni) a Mosca e Los Angeles, passando per Iran e India.
Il prossimo film sarà dedicato al suo rapporto con lo zio, ballerino di musical a livello globale, «che in famiglia ha fatto da apripista, mi ha aiutato ad accettare, a comunicare la mia omosessualità. Siamo due persone diversissime, ma qualcosa ci lega».
Intanto la vita di Joel – che ha preso il Lux quando il CISA che lo gestiva si è trasferito a Locarno – è qui: con la famiglia, il compagno e il cane. Metà Jack Russel metà Pinscher, «è la mascotte degli spettatori, che spesso se lo portano anche in sala». Dove i film passano in versione originale («coi sottotitoli in italiano») e senza fastidiosi intervalli. Spegnete Netflix e date un’occhiata.
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Joel Fioroni (1990) gestisce il Cinema Lux di Massagno insieme a 5 collaboratori. Diplomato in montaggio al Conservatorio di Scienze Audiovisive (CISA), ha diretto e prodotto numerosi film con la sua JFC sagl. Ha lavorato anche come disegnatore edile, agente di sicurezza, venditore, bigliettaio, proiezionista. È animatore e responsabile di una colonia integrata. Nel (poco) tempo libero, viaggia.