Mai dire Bahamas
Non vado mai nei resort. Li trovo artefatti, posticci. Non mi piace la gentilezza affettata del personale, né l’eleganza cafona di chi vi alloggia…
Di Roberto Scarcella
Pubblichiamo un contributo apparso su ticino7, allegato a laRegione
Ho prenotato quattro notti in un resort di Nassau, capitale delle Bahamas. Un hotel storico, con spiaggia privata, dove negli anni 80 arrivò perfino il James Bond più James Bond di tutti, Sean Connery, a girare ‘Mai dire Mai’. Non vado mai nei resort. Li trovo respingenti, artefatti, posticci. Non mi piace la gentilezza affettata del personale (gente sottopagata, che pensa – quasi sempre a ragione – che tu, cliente, sia solo un ricco stronzo) né l’eleganza perlopiù cafona di chi vi alloggia.
E non mi piaccio io, quando sono lì dentro, perché mi sento fuori posto. Ci sono andato, però, perché per una volta mi sono fatto convincere da recensioni trovate qua e là su Internet: dicevano tutte che Nassau era pericolosa, che quando calava il buio rischiavi grosso, che al di là delle quattro vie del centro non si poteva andare in giro. E così la mia idea iniziale di affittare un appartamento su AirBnB è infine stata superata da quella che sembrava una buona (talmente buona da dovermi forse insospettire) offerta nel centralissimo resort deluxe.
Sembrava, appunto.
© R.S.
Veduta
Tasse e spese accessorie
Non voglio dire che Nassau non sia pericolosa, né negare che qualcuno sia davvero tornato a casa senza il portafoglio, il cellulare, una collanina o un rene. O magari non sia proprio tornato. Io so solo che in strada, di giorno e di notte, da solo, ci sono stato: ed è vero che a una certa ora (presto, verso le 18) chiudono e spengono tutto e l’atmosfera si fa spettrale. Ma nessuno ha attentato alla mia vita. E per strada, la sera, del mio portafoglio non fregava più di tanto a nessuno.
Mentre di giorno, nei luoghi promossi come sicuri, dall’hotel agli impeccabili uffici dei tour operator con aria condizionata, era un continuo assalto al mio denaro.
Certo, non arrivano con un coltello in mano: è tutto più subdolo, e quindi quasi peggio. Già il sito da cui avevo prenotato – con pagamento anticipato – la stanza si era preso un maxisupplemento di 100 dollari per “tasse e spese accessorie” mai specificate. Una volta alla reception mi spiegano che di “tasse e spese accessorie” devo sborsare altri 140 dollari. Mi rifiuto e mi mandano una manager impettita con uno di quei sorrisi prestampati sulla faccia, che usa un tono così falsamente e smaccatamente gentile che ogni frase è quasi un atto di sfida. Parliamo di quel genere di persone che nelle commedie hollywoodiane prima o poi fanno una fine ridicola, cascando in piscina, nella spazzatura o cose del genere. Infatti pareva la versione femminile del perfido concierge dell’hotel del sequel di Mamma ho perso l’aereo.
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Avvertimenti
Ma questa è la realtà e alla fine ha vinto lei. D’altronde avevo già pagato la stanza. Impossibile tornare indietro, se non rimettendoci ancor di più. Pago e chiedo perché quei 35 dollari a notte extra. Mi viene risposto il wi-fi, la piscina, il telefono fisso (ma chi lo usa più?), la lavanderia. Pronto a far lavare anche abiti non miei pur di usare uno di questi servizi, mi viene risposto che gli abiti da lavare si pagano a parte (e pure tanto, idem il telefono), che la tassa è dovuta solo per il fatto che il servizio lavanderia esista. Un po’ come se in un bar pagassi un’iniziale tassa sulla birra che vorresti solo per il fatto che la tengono in frigo, ma se vuoi anche berla, la devi pagare ancora. Inoltre ti vengono bloccati 400 dollari per la cauzione in caso di danni alla stanza. Tanti. Ho letto poi di clienti furibondi a cui sono stati addebitati servizi, cocktail, bevande e intere cene mai consumate. Gente che quei 400 dollari non li ha mai più rivisti. Per tutta Nassau l’atteggiamento di base è più o meno lo stesso: negozi, bar, guide turistiche, ristoranti provano a spremere il più possibile le migliaia di crocieristi che arrivano ogni giorno.
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Swimming pigs
Per la prima volta in vita mia ho visto oggetti (come la rum cake, il dolce locale) costare meno all’aeroporto che fuori: è tutto dire. L’altra fregatura è stata un’escursione che avrebbe dovuto comprendere lo snorkeling su due isole diverse, il bagno con i celebri swimming pigs (i maialini che popolano alcune spiagge locali) e un pranzo tipico caraibico. Le due isole nel frattempo sono diventate una, il pranzo tipico caraibico era l’hamburger più sottile del mondo dentro un pane gommoso come un chewing-gum e un pacchetto di patatine (guai a prenderne due). E il bagno con gli swimming pigs era una specie di lager per maiali dove gli animali venivano tirati fuori e poi mostrati su una spiaggia minuscola con dietro una specie di abuso edilizio. A peggiorare le cose, come compagni di viaggio, un gruppo di americani chiassosi. Era talmente una fregatura che non solo ho chiesto un rimborso, ma mi è stato anche concesso. La delusione è continuata a Paradise Island, una specie di enclave per soli ricchi; nell’area spettacoli per soli crocieristi, divisi da una gabbia dal resto del mondo; nella via dello struscio con i negozi Rolex e Breitling (e uno chiamato Little Switzerland).
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Little Switzerland
Sorrisi veri
A salvare Nassau ai miei occhi sarà la gente comune: Victor, l’autista di minibus privati che in aeroporto capisce che mai e poi mai avrei pagato 40 dollari per un trasferimento di pochi chilometri in mezzo ad americani sudati, che mi indica un bus locale (2 dollari e 25) volutamente nascosto alla vista dei turisti; i clienti locali di un pub che fanno le veci dell’annoiato cameriere e mi consigliano cosa bere e mangiare; e soprattutto i due pastori con nomi da rapper, Tg e Winter, che intercetto per caso durante una passeggiata domenicale, solo perché nella loro chiesa di un bel blu pastello entravano fedeli vestiti con abiti troppo sgargianti per non essere guardati da vicino. Mi suggeriscono una via di ristoranti fuori dal caos, una spiaggia tranquilla, un supermercato con prezzi non gonfiati, un caffè dove le mandrie di turisti usa&getta non vengono portati a pascolare, e mi spiegano – se mai ce ne fosse ancora bisogno – come funziona Nassau. E cioè male. Ma soprattutto, quando mi sorridono, sorridono davvero, non per finta. Non per estorcermi l’ennesimo dollaro.
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Pastore Winter
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Pastore Tg