Venezia: viaggio in testacoda

Strangolata dal turismo di massa, minacciata dal mare. Ma il suo fascino non muore mai

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Ho molto amato le lunghe camminate in montagna, ma scavallata quota sessanta e con un ginocchio inaffidabile, è stato inevitabile ridimensionare le ambizioni. Il desiderio di rivivere felici emozioni ha offerto però un ragionevole compromesso: il trekking cittadino. Non vi è area più indicata di Venezia per cominciare. Si cammina per ore dimenticando l’esistenza di automobili, semafori e rotonde e ci si può pure perdere senza timore nelle parti labirintiche della città: ci si ritrova sempre in un posto inatteso, ma mai sgradito. Si apprezza la presenza diffusa dei bacari, le tipiche osterie veneziane: con un’ombra (un bicchiere di vino) e un cicheto (uno stuzzichino) si ritrova subito slancio. Le opportunità di pause culturali sono sterminate, ma quando si cammina per calli il cervello pompa endorfine e chiede di proseguire.
Una puntata in laguna è pertanto sempre una gioia da assaporare con regolarità. Con il primo Tilo per Milano, già a metà mattina si è alla stazione di Santa Lucia. Volendo è possibile rientrare già in serata in Ticino, ma con un pernottamento la combinazione è perfetta. Si va a dormire tardi dopo un’indigestione di fondamenta, rii, ponti e gradini e si riparte in perlustrazione già all’alba con i veneziani che vanno al lavoro. La città dà il meglio di sé quando la calca molla la presa.

Unicità a rischio
Una doverosa premessa, però. Venezia è città sempre più fragile e deve reggere l’invasione di una massa turistica esagerata, al punto che i residenti se ne vanno a vivere in terraferma e intere aree si svuotano. Corretto raggiungerla per camminarci? Non ho certezze, però quando ho scoperto una deliziosa libreria alla Giudecca, dialogato col libraio competente innamorato della sua città, sostenuto il suo negozio con acquisti felici, una risposta è emersa. Si può fare se ci si muove con rispetto, favorendo piccoli commercianti locali, un minimo contributo per mantenerne l’identità.
I percorsi sono molteplici, ma per chi scrive ve n’è uno prediletto, ideato dopo la lettura di Venezia è un pesce di Tiziano Scarpa, libro che non vi stancherete di rileggere: scoprire la città privilegiando i bordi esterni. È quasi un testacoda: dalla stazione di Santa Lucia verso la coda sul lato che guarda la Giudecca fino alla cattedrale di San Pietro di Castello. Ritorno dalla parte opposta con Murano e cimitero di San Michele all’orizzonte. 

Passaggi & consigli
Mi permetto di suggerire alcuni passaggi intermedi. Prima tappa al Campo Santa Margherita, arioso e piacevolmente affollato con i suoi caffè, ritrovi, bancarelle. Poi le Zattere lungo le quali si cammina sempre dritti, senza possibilità di errore. Con l’isola della Giudecca sul lato destro, è un procedere in pieno relax: come essere al mare stando in laguna. Non mancate la Punta della Dogana e la gondola lì vicino che fa la spola tra le due rive di Canal Grande. È il traghetto del Giglio che vi scarica nel flusso che vi convoglia a Piazza San Marco, francamente la parte meno interessante dell’itinerario con negozi grandi firme. Seguirà uno sguardo, anche furtivo ma irrinunciabile, al Ponte dei Sospiri. La prospettiva spettacolare è dal lato meno battuto, imboccando la calle che corre parallela alla basilica di San Marco. Ci si sposta agevolmente su Riva degli Schiavoni. Sempre più giù, finché la folla si dirada. Poi l’imbocco di via Garibaldi, l’unica via di Venezia nella zona dell’Arsenale, una delle più autentiche della città, dove ho visto bambini felici all’uscita dalle scuole. In un attimo siete al Campo San Pietro dove la ressa non arriva mai. Capirete il perché del termine campo: vi cresce l’erba, essendo uno dei pochi a non essere stato lastricato. 
A questo punto inizia l’operazione rientro verso campo San Giovanni e Paolo. Non c’è volta in cui non sbagli calle, ma solo perdendosi si scopre l’essenza di Venezia. Qui ha sede l’ospedale civile che anticamente era la Scuola Grande di San Marco, gioiello rinascimentale. Adesso tutto facile. Si è in un attimo sulle Fondamente Nove, poi quella della Misericordia, animata e ricca di ritrovi che vi porta al ponte del Ghetto. Si entra nel cuore della comunità ebraica. Sulla destra, sette formelle in bronzo ricordano le vittime della Shoah. Ultimo chilometro: ponte delle Guglie sul canale di Cannaregio, poi Lista di Spagna, perché era sede dell’ambasciata spagnola. Bel nome, ma pressione turistica esplosiva. Pochi minuti ed eccola di nuovo, la testa del pesce: stazione Santa Lucia. 

 

FARE & VEDERE
Sette cose da non perdere

Pasticceria Toletta
Non vi è posto migliore per una rapida colazione. Affollatissima la mattina, permette di affrontare la giornata di ottimo umore.

Cantina Arnaldi
Vini proposti con competenza e cordialità, ambiente rilassato nelle vicinanze del Campo Santa Margherita. Toilette da cinque stelle.

Bottegon dei vini già Schiavi
I migliori cicheti preparati da Alessandra, ideatrice di abbinamenti sempre nuovi. Posizione incantevole di fronte allo squero,
il cantiere dove si costruiscono le gondole.

Bacaro Risorto
Il nome favorisce la sosta. In felice posizione dietro San Marco, ci si sta stretti. Perfetto per una breve pausa con tartine al baccalà mantecato. 

Vino vero
Nella parte terminale dell’itinerario. Ha il vantaggio di poter sfruttare la fondamenta
per gustare al tavolo cibo e vino. Ideale per l’ultima ombra.

Panificio Volpe
Prodotti ebraici con certificazione rabbinica. Pane azzimo, azzime e impade alla pasta
di mandorle sono ottime e uscirete di certo con un vassoietto per gustarvele anche a casa. Garantisco che reggono bene il viaggio e si conservano più giorni.

Libreria Marco Polo
Isola della Giudecca. Fuori itinerario, ma dopo sei indicazioni alimentari ed enologiche, una per trovare buone pagine per letture avvincenti così da apprezzare ancor di più Venezia.

 

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