Ma tu, sei felice?
Negli ultimi trent’anni i ricercatori in tutto il mondo hanno cercato di capire come possiamo essere felici. Ecco cosa hanno scoperto.
Di Stefano Castelanelli
Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato nelle pagine de laRegione.
Rispondere a una domanda sulla propria felicità non è per nulla semplice. Eppure, la felicità interessa tutti ed è argomento di dibattito fin dai tempi dell’antica Grecia. Nei secoli le persone hanno discusso su ciò che rende la vita felice, ma solo di recente la felicità è diventata oggetto della ricerca scientifica. Tutto è nato dall’articolo dell’economista statunitense Richard Easterlin pubblicato nel 1974 sulla correlazione tra crescita economica e felicità. Easterlin ha dimostrato che la crescita economica in un Paese non ha necessariamente portato a un aumento dei livelli di felicità, suscitando un nuovo interesse per il tema della felicità. Gli ultimi tre decenni hanno visto una crescita considerevole di studi accademici sulla felicità. Sebbene la domanda “Come stai?” sia semplice, i ricercatori hanno scoperto che la felicità è complessa e controversa.
Due interpretazioni
Secondo i filosofi greci la felicità è composta da due aspetti: edonia ed eudaimonia. L’edonia definisce la felicità in termini di raggiungimento del piacere. Il filosofo greco Aristippo affermava che l’obiettivo principale della vita è sperimentare il massimo piacere e che la felicità è la totalità dei momenti di piacere. Nel corso dei secoli i filosofi e i ricercatori hanno ampliato la visione edonistica che include oggi le preferenze e i piaceri della mente e del corpo. La visione edonistica predominante è che la felicità sia soggettiva e comprenda in generale tutti gli elementi piacevoli e spiacevoli della vita.
Nonostante la popolarità della visione edonistica, molti filosofi greci hanno denigrato il piacere come principale criterio della felicità. Aristotele, per esempio, considerava la felicità edonistica come un ideale volgare che rende gli umani schiavi dei propri desideri. Il grande pensatore greco sosteneva invece che la vera felicità si trova nell’espressione della virtù, cioè nel fare ciò che è giusto. L’eudemonismo afferma che la felicità è l’attualizzazione del potenziale umano. Siamo felici solo quando le nostre azioni sono in linea con i nostri valori morali. In tali circostanze ci sentiamo intensamente vivi e autentici.
Un fenomeno multidimensionale
Edonismo ed eudemonismo sono visioni distinte ma complementari della felicità. Alcuni ricercatori hanno elaborato altre teorie sulla felicità che includono aspetti dell’edonismo, dell’eudemonismo, di entrambe le teorie oppure presentano nuovi concetti. Tutte le teorie hanno in parte ragione. La verità sta probabilmente nel mezzo: i ricercatori sono arrivati infatti a credere che la felicità sia meglio concepita come un fenomeno multidimensionale che include tutti gli aspetti delle varie teorie. Per essere felici, dobbiamo vivere momenti piacevoli ma anche realizzarci ed essere socialmente connessi.
Tre pilastri
Le teorie, si sa, sono concetti astratti e difficili da mettere in pratica. Pertanto, come possiamo essere felici nella nostra vita di ogni giorno? Ebbene, secondo i ricercatori esistono tre elementi centrali per una vita felice: relazioni sociali, lavoro e salute. Essendo esseri sociali, stiamo bene quando riceviamo e diamo affetto e sostegno. Per questo avere relazioni intime con amici a cui possiamo raccontare i nostri pensieri ci conforta e ci rende meglio preparati per gestire eventi negativi. Non solo con gli amici, ma anche con una persona amata possiamo costruire una relazione forte e di supporto reciproco. Avere un partner nella vita è infatti uno dei fattori più importanti per la nostra felicità. Le persone in una relazione sono (generalmente) più felici delle persone single.
Un secondo fattore determinante è il lavoro. Una delle conclusioni più chiare della ricerca sulla felicità è che essere disoccupati è distruttivo per il nostro benessere. Questo è vero in tutto il mondo. L’importanza di avere un lavoro si estende ben oltre al ricevere lo stipendio. Il lavoro ci dà stabilità, struttura quotidiana, stato sociale e relazioni sociali che sono fattori chiave per il nostro benessere. Ma la vita non è solo lavoro. Nel nostro tempo libero abbiamo anche la possibilità di coltivare attività in cui possiamo essere pienamente coinvolti e realizzarci. Un terzo elemento indispensabile è la salute. Essere fisicamente e mentalmente sani è fondamentale per avere una vita felice. Le disabilità che compromettono la nostra capacità di adempiere i compiti quotidiani riducono fortemente la nostra felicità.
Altri elementi
Anche altri aspetti influenzano la nostra felicità, seppure in modo minore. Un elemento interessante riguarda la nostra capacità di adattamento. Dopo eventi positivi come vincere alla lotteria o ottenere una promozione, la nostra felicità aumenta per un certo periodo di tempo, ma a lungo andare torniamo a essere felici come prima. Mentre non tutti si riprendono completamente da eventi negativi come la morte di una persona cara, il divorzio o la disoccupazione. Dobbiamo quindi essere particolarmente attenti quando ci accade qualcosa di negativo e cercare tutto il sostegno di cui abbiamo bisogno per superare queste situazioni difficili. Altri due fattori che influenzano la nostra felicità sono la personalità e la religione. Sembra che le persone estroverse e le persone credenti siano in generale più felici. E i soldi? Ci rendono più felici? Apparentemente solo fino a un certo punto. Contrariamente alla percezione popolare che più denaro è la chiave per una maggiore felicità, per essere felici abbiamo bisogno solo di una quantità di denaro sufficiente a farci sentire indipendenti. Al di sopra di questo livello, più soldi non ci rendono necessariamente più felici.
Tre comportamenti
I ricercatori hanno anche scoperto che seguire tre semplici comportamenti ci aiuta a essere più felici. Il primo comportamento per una vita felice riguarda l’esprimere gratitudine. La gratitudine è il sentimento di apprezzamento verso un individuo che ha fatto qualcosa di buono. Le persone che esprimono gratitudine hanno una felicità maggiore perché vivono appieno le esperienze positive della vita. Inoltre, la gratitudine può indurci ad avere legami sociali più forti con gli altri e a sentirci una persona migliore. Il secondo comportamento è l’altruismo. L’altruismo è spesso descritto come un comportamento che non è richiesto e implica un sacrificio di sforzo, tempo ed energia. Ebbene, compiere atti altruistici, come passare più tempo ad aiutare i bisognosi o aiutare i colleghi di lavoro o gli amici, tende ad accrescere la stima che abbiamo di noi stessi e aumenta il nostro status sociale. Il terzo comportamento è l’ottimismo, cioè il pensare che in futuro accadranno più cose buone che cattive. Avere uno spirito positivo ci rende più felici.
La felicità quindi è un concetto complesso che include diversi aspetti. Per questo il percorso verso una vita felice è tortuoso. Tuttavia, grazie ai risultati dei ricercatori, ci potremo forse orientare meglio nel nostro personale cammino verso la felicità. Sempre che voi non abbiate già trovato la vostra “ricetta” perfetta.
CHE COS’È LA FELICITÀ?
La felicità è complessa. Per questo motivo non esiste un’unica teoria ma diverse interpretazioni. Secondo una teoria molto diffusa in ambito accademico, la felicità è soggettiva e comprende in generale tutti gli elementi piacevoli e spiacevoli della vita. La felicità è quindi definita come benessere soggettivo (subjective well-being) che si compone di tre elementi. Il primo è la nostra personale valutazione di quanto siamo soddisfatti della nostra vita sia in termini generali che per ambiti specifici come il lavoro, le relazioni sociali e la salute. Gli altri due elementi sono la presenza di sentimenti positivi
e negativi che non sono altro che emozioni e stati d’animo piacevoli come gioia, euforia e affetto, oppure sgradevoli come rabbia, vergogna e tristezza.
In contrapposizione con la definizione di benessere soggettivo, altri ricercatori hanno coniato il termine di benessere psicologico (psychological well-being) come misura della felicità e hanno proposto un concetto che si basa su sei elementi: pensare e vivere in modo indipendente (autonomia), affrontare nuove sfide e crescere (crescita personale), essere positivi verso noi stessi (auto-accettazione), avere uno scopo nella vita, essere padroni delle nostre azioni (padronanza) e coltivare relazioni sociali intime e affettive (relazioni positive). Alcuni ricercatori hanno elaborato altre teorie. Una di queste teorie si concentra sul livello di coinvolgimento nelle attività che svolgiamo. Secondo questa teoria siamo felici quando siamo completamente assorbiti da ciò che stiamo facendo. Un’altra teoria afferma che i tre elementi chiave della felicità sono l’autonomia nel prendere decisioni, l’essere connessi con gli altri e l’avere le competenze e la maestria in ciò che facciamo (teoria dell’autodeterminazione). Mentre una terza teoria più generale afferma che una vita ben vissuta necessita di emozioni positive, impegno, relazioni sociali, scopo nella vita e successo (teoria del benessere o modello PERMA). Tutte le teorie hanno in parte ragione. I ricercatori sono arrivati infatti a credere che la felicità sia meglio concepita come un fenomeno multidimensionale che include tutti gli aspetti delle varie teorie.