Alberto Bondolfi, una vita per l’etica
Docente universitario nato a metà anni 40, il teologo ha dedicato studio e lavoro all’etica. Oggi in pensione, legge molto e coltiva la lettura.
Di Gino Driussi
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, inserto allegato a laRegione.
Nato a Giubiasco nel 1946, Alberto Bondolfi ha studiato filosofia e teologia all’Università di Friburgo dove ha ottenuto la licenza in teologia nel 1971 e il dottorato di ricerca in etica teologica sei anni più tardi. Successivamente ha insegnato nelle Università di Zurigo, Lucerna, Berna, Losanna e Ginevra, come pure in diversi atenei all’estero. Nella sua carriera, è stato membro di “Justitia et Pax” della Conferenza dei vescovi svizzeri, presidente dell’analogo organismo europeo e ha anche fatto parte della Società svizzera di etica biomedica (che ha pure presieduto), della Società europea per la ricerca etica “Ethica”, della Commissione centrale di etica dell’Accademia svizzera delle scienze mediche e della Commissione nazionale di etica della Confederazione. È sposato con Sylvia e padre di due figlie, Sabina e Sibilla, rispettivamente di 43 e 39 anni. Vive a Zurigo da quasi 50 anni.
Intrattenersi con Alberto Bondolfi significa immergersi in un mondo dove si affrontano tematiche esistenziali di non poco conto, quello della filosofia e della teologia. Allora, la prima cosa che mi viene da chiedergli è a cosa è dovuto il suo interesse per queste due materie. “Sono figlio di un padre poschiavino e di una madre di origine italiana nata e cresciuta a Giubiasco. I miei genitori erano entrambi cattolici credenti e praticanti e quindi ebbi un’educazione molto legata a questa convinzione così com’era vissuta durante gli anni 50 del secolo scorso. Un influsso forte l’ebbero anche i parenti da parte paterna: su cinque figli, due divennero preti e una figlia si fece suora. Questo forte influsso e il contributo di un sacerdote operante nella parrocchia di Giubiasco mi portarono al Collegio Pio XII e al Seminario S. Carlo di Lugano. La volontà di diventare prete era per così dire quasi naturale e non frutto di una vera scelta di vita. Cosa si sa della vita a 11 anni? Il tempo ha poi trasformato quella che si chiamava ‘vocazione’ in un interesse soprattutto culturale per il fenomeno religioso e per la ricerca filosofica e teologica. E così scelsi di proseguire i miei studi a Friburgo”.
L’importanza dell’etica
Terminati gli studi, si può dire che ben presto la parola “etica” ha permeato quelle che sono state poi le sue attività accademiche in quasi tutte le università svizzere, di insegnante e di ricercatore, come membro di innumerevoli società e commissioni e nelle sue numerosissime pubblicazioni, una parola – “etica” appunto – peraltro declinata in varie forme: etica-medicina, etica-diritto, etica-politica. “Il mio impegno in etica applicata è derivato anche dalla stagione del ’68, durante la quale sono stato attivo nel movimento studentesco, presente praticamente in ogni università europea. Con il tempo, le visioni utopiche e radicali si sono moderate e mi hanno portato a una presenza attiva anche sul fronte di organismi politici, come la Commissione nazionale di etica della Confederazione e in altri ambiti incaricati di redigere progetti di legge i cui temi erano e sono di forte rilevanza etica”.
Restando all’etica, mi sembra che da diversi anni si assista a un vero e proprio degrado dei comportamenti nei diversi ambiti della società: nella famiglia, nella scuola, nel lavoro, nell’economia, nella politica, nello sport. Non è un fenomeno preoccupante? “Più che a un degrado (il tema della decadenza dei costumi è un genere letterario costante lungo i secoli), siamo di fronte a un cambiamento di paradigma nella percezione delle priorità morali. La complessità dei fenomeni che incontriamo ogni giorno ci rende difficile capire dove stia il bene e dove stia il male e come cercare di realizzare ciò che è maggiormente urgente da un punto di vista morale”.
Un sano edonismo
Non ci sarebbe nulla di più sbagliato che associare la figura di Alberto Bondolfi a quella di un moralista serio, severo, austero e “calviniano”. Infatti, in un’intervista rilasciata moltissimi anni fa a “Quaderni grigionitaliani”, che mi aveva incuriosito, aveva affermato che un edonismo “moderato” non è in contraddizione con il fatto di essere un cultore di etica.
“La ricerca del piacere ci accompagna lungo tutta la vita e, almeno in linea di principio, non è di per sé illecito cercare di ottimizzarlo. La difficoltà sta nella gestione della giusta misura: già lo affermavano gli epicurei molti secoli prima di noi. In questi giorni di festività natalizie siamo convocati a tavole imbandite e non sarebbe certamente sensato digiunare in questa occasione. Ma potremmo esercitare un minimo di saggezza nelle scelte che facciamo, rispettando la misura, tenendo conto dell’impatto ecologico dei nostri consumi e con un minimo di gesti di solidarietà con chi durante quei giorni non avrà di che sfamarsi”.
Spazio alla lettura
Ormai in pensione, il nostro interlocutore non ha certo il tempo di annoiarsi. “L’entrata nella fase del pensionamento non è stata facile. Agli inizi volevo riprendere familiarità con la mia cultura di origine e ho accettato la proposta che mi si fece nel 2012 di assumere la direzione di un centro di ricerca per gli studi religiosi a Trento. Dopo questa esperienza mi sono un po’ calmato, anche perché ho avuto qualche problema di salute. Avevo anche la buona intenzione di riprendere l’esercizio della musica con il pianoforte e l’organo, ma per finire è rimasta tale. Leggo molto, libri e riviste, approfittando anche dell’unico privilegio che hanno i docenti universitari in pensione: quello di mantenere l’account delle biblioteche universitarie. Amo raccogliere molti testi che poi offro a quei giovani che mi chiedono riferimenti per le loro ricerche. Ascolto musica, soprattutto rinascimentale e barocca. Mi piacciono anche i tardoromantici russi e slavi, come ad esempio Rachmaninoff”.
Natale in famiglia
Dopodomani sarà Natale. Quindi non possiamo concludere questa piacevole conversazione con Alberto Bondolfi senza chiedergli che significato riveste per lui questa ricorrenza – che sembra avere perso sempre di più il suo carattere cristiano – e come la festeggerà. “La festeggerò con mia moglie e le mie due figlie, come pure, nei giorni successivi, con la famiglia allargata sia al ramo maschile che femminile. Sarà un po’ una Babele di lingue, ma ci siamo sempre ben compresi e amati. Secondo me, il significato cristiano della festa è sì in gran parte sparito con un’invasione di altri simboli e riferimenti e disturbato da una corsa sfrenata al consumo, nonostante l’inflazione galoppante e dalla nostra incapacità di porre delle priorità nelle nostre scelte. Rimane comunque un anelito comune alla pace e all’amore reciproci, che non va nascosto, bensì coltivato coscientemente, sia che ci consideriamo credenti o no”.