Un po’ di Stati Uniti ‘on the Road’. Viaggio d’altri tempi

Non sono forse quelle che si ricordano di più, le conquiste realizzate grazie a iniziative personali e magari un po’ anche al caso?
Di Marco Horat
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Una famiglia in viaggio alla scoperta di un fazzoletto di Stati Uniti, qualche anno fa: padre (lo scrivente), madre e due figli allora adolescenti appassionati di basket, con tanta curiosità in corpo, voglia di toccare con mano quel meraviglioso mondo a stelle e strisce così vario e contraddittorio, e sorretti da cognizioni di base della lingua inglese.
Se non si vuole partire all’avventura, cosa c’è di meglio che prenotare un bell’itinerario in superbus con accompagnamento di una brava guida che ti assiste e ti racconta quello che c’è da sapere, tappa dopo tappa; ma che ti lascia anche del tempo libero per le scoperte individuali, che sono poi il sale di ogni viaggio. Non sono forse quelle che si ricordano di più le conquiste realizzate grazie a iniziative personali e magari un po’ anche al caso? Prima di partire meglio comunque documentarsi e scegliere alcune direzioni di marcia che accontentino le aspettative di ciascun membro della famiglia: gente, paesaggi, città, divertimento, natura, sport, cultura e via dicendo. Tanto per sapere dove mettere i piedi una volta arrivati sul posto.
Una preparazione culturale
Così eccoci alla scoperta non dell’America (tra parentesi già toccata dai Vichinghi secoli prima che Colombo ci arrivasse per sbaglio), bensì di California, Nevada e Arizona: la Valle della morte, Zabriskie Point, Hollywood, il Gran Canyon, Disneyland, Las Vegas ecc. Luoghi mitici cresciuti con gli anni nell’immaginazione, soprattutto di chi scrive, attraverso letture e film made in Usa: Furore di John Steinbeck, la Balena bianca di Herman Melville nella traduzione italiana di Cesare Pavese, i romanzi dell’amato John Fante (i suoi cimeli, carte e manoscritti inediti conservati in casa dalla figlia sono purtroppo andati perduti nell’incendio scoppiato il 7 gennaio 2025, che ha devastato Los Angeles), Edgar Lee Masters col suo cimitero delle rimembranze, Il Grande Gatsby di Scott Fitzgerald, per approdare al Kerouac di On the Road.
Per il cinema: dal genere western con Audie Murphy, John Wayne e soci, all’Uomo chiamato cavallo, fino a quel cult-movie che è Easy Rider; ma tralasciando ‘I Berretti verdi’ non così popolari nei miei anni giovanili: c’era di mezzo la guerra nel Vietnam. Ho ricordato qualche nome e qualche titolo che mi avevano motivato (ah, ho dimenticato la musica di Joan Baez e Bob Dylan, il sassofono di Gerry Mulligan, nonché i jazzisti del movimento Free Jazz, da Ornette Coleman ad Archie Shepp), ma i lettori avranno ovviamente i loro titoli e artisti preferiti, perché no diversi dai miei.
A quel viaggio indimenticabile ne sono poi seguiti altri negli Usa, con destinazioni diverse e utilizzando mezzi di trasporto in proprio (auto e moto) per incontrare luoghi e metropoli soprattutto della costa atlantica, dal New England giù fino alla Florida; gli Stati Uniti, si sa, sono un continente a sé stante e non finiscono mai di sorprendere.
© Marco Horat
Desert Storm
La bellezza delle scoperte casuali
Ho prima citato non casualmente alcuni autori e ricordato come talvolta piacevoli scoperte individuali siano dovute al caso. Mi spiego: durante il tour con partenza e arrivo a San Francisco, eravamo passati dalle parti di San Diego, dove avevamo visitato il mitico Hotel Del Coronado (quello tutto bianco del film A qualcuno piace caldo), e in seguito, casualmente, assistito alla sfilata nella baia davanti alla città della flotta americana appena rientrata dalla Prima guerra del Golfo: tra le navi l’immensa Kitty Hawk lunga 325 metri, la superportaerei della Marina americana di allora, adesso tristemente in fase di smantellamento per far posto ad altri mostri ancora più grandi. Impressionante vedertela passare davanti a poche centinaia di metri, con l’equipaggio schierato sul ponte all’ombra dei jet da combattimento. I ragazzi ne erano rimasti colpiti a tal punto che appena giunti a Frisco avevano espresso il desiderio di andare in libreria a cercare qualche libro illustrato sull’argomento (poi per fortuna si sono appassionati ad altre cose).
© Marco Horat
La superportaerei Kitty Hawk
Girando per la città chiediamo a un passante se c’è una libreria nelle vicinanze; ce ne indica una situata in Columbus Avenue, dove ci rechiamo subito. L’insegna mi sorprende: è quella della City Lights Bookstore, un luogo che un appassionato di letteratura dovrebbe conoscere perché rappresenta una pagina di storia a tal punto che nel 2001 è stata proclamata historical landmark, punto di riferimento storico: fondata nel 1953 da Lawrence Ferlinghetti e Peter Martin, propone da subito tascabili di poesia a prezzi accessibili; ma diviene presto anche casa editrice progressista, dando voce soprattutto a poeti controcorrente; come Allen Ginsberg, che col suo Howl (l’Urlo) porterà alla denuncia per oscenità l’editore Ferlinghetti, e gli farà perdere pure il posto di docente universitario. La libreria diviene un centro di incontro per gli intellettuali della cosiddetta Beat Generation, della quale Ferlinghetti è considerato il nume tutelare: insegnante, editore, scrittore e prolifico poeta lui stesso, pittore e uomo impegnato sui grandi temi della società. Un personaggio leggendario che si è spento a 102 anni il 22 febbraio del 2021!
© Marco Horat
Davanti alla City Lights Bookstore a San Francisco
Nella libreria la famigliola entra quindi con molto rispetto e una certa emozione, dimenticando le navi e gli aerei da guerra che il logo ben visibile della libreria, che richiama il classico segno della pace, fa capire non c’entrino con quel luogo anticonformista. Dentro non ci sono altri clienti. Un gentile signore già in età, con una bella barba curata, ma non troppo, ci viene incontro sorridendo; sentendo che parliamo tra di noi ci chiede da dove veniamo, un po’ in italiano un po’ in inglese e francese; lui è di origine italiana e ha vissuto a Parigi. “Ah venite dal Ticino – ci dice contento –. Matteo Bellinelli della vostra televisione, lo conosce? Mi ha appena fatto una lunga intervista”. (Tra parentesi un bell’incontro incentrato soprattutto sulla sua pittura, che vedrò sulla TSI, la sigla di allora, una volta tornato a casa). Scopriamo così che quel signore è proprio Lawrence Ferlinghetti in persona, da non credere.
E pensare che eravamo arrivati lì quasi per caso, seguendo una strada che ci portava a Chinatown passando dal quartiere italiano. A quel tempo Ferlinghetti lo conoscevo quasi solo di nome; a chi è nelle mie stesse condizioni di allora consiglio una raccolta di poesie inedite in italiano, tradotte e appena pubblicate da Marco Cassini per le edizioni Sur, con il titolo intrigante di Fotografie del mondo perduto.