Davide Giovanzana, ‘la lingua come esperienza corporale’

Cresciuto tra Ginevra e il Ticino, si forma in arte scenica e figurativa, per poi specializzarsi nel campo del teatro. Da vent’anni vive in Finlandia

Di Prisca Agustoni

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nato nel 1972, cresciuto tra Ginevra e il Ticino, dopo gli anni liceali trascorsi a Lugano, Davide Giovanzana segue una formazione di arte scenica e figurativa alla Scuola di Belle Arti di Ginevra, perfezionata da una serie di specializzazioni nel campo del teatro (seguendo in particolare la pedagogia teatrale di Jacques Lecoq), e nel 2004 si trasferisce in Finlandia. Qui, assieme alla compagna finlandese, fonda nel 2006 la compagnia teatrale Teatteri Metamorfoosi, centrata soprattutto sulla corporalità e sull’uso delle maschere. Nel Paese nordico ha poi svolto una ricerca dottorale in parallelo alla pratica teatrale, e dopo un importante riconoscimento critico ottenuto come regista, gli viene proposta una carriera come docente all’Accademia di teatro di Tampere, dove oggi insegna arte scenica. Passato più volte anche dalla Scuola di Teatro Dimitri di Verscio, luogo al quale è molto legato e dove divide l’affitto di una casa con amici per potervi tornare ogni tanto coi tre figli, Davide Giovanzana vive ormai da oltre vent’anni tra la Finlandia e la Svizzera, sempre in bilico tra più lingue e diverse forme di rapportarsi con il mondo.

“La lingua non è solo un veicolo per comunicare con il mondo: è un’esperienza corporale. Le lingue e il loro sistema fonetico si situano in posti diversi dentro di noi, alcune più tra i denti, altre in gola, in pancia o nel naso, altre ancora quasi sulla punta delle labbra, e hanno un modo diverso di rapportarsi con il mondo. Per me è stata una botta in testa studiare il finlandese: non ne capivo la logica, anche se ero affascinato dalla sua struttura sintattica, così diversa, con i verbi d’azione che sono usati nella forma passiva. Pian piano ho capito, studiando la lingua, l’aspetto animista del popolo finlandese”.

Queste riflessioni di Davide Giovanzana sulla lingua illustrano il suo modo di attraversare le culture e le storie entro le quali si muove. Figlio di emigrati italiani, nato in Svizzera, cresciuto tra Ginevra e Lugano, tra la lingua francese e la lingua italiana, con anni di vita in Belgio, in Italia, negli Stati Uniti e poi in Finlandia, il suo percorso è iniziato durante gli anni liceali, a Lugano, con la scoperta, come giovane artista e cittadino, dell’intimo bisogno di un engagement in grado di costruire uno sguardo critico sul mondo. Poi la creazione di un giornale scolastico, per dare voce agli studenti e fare delle parole scritte, raccontate, recitate, un corpo organico che si muove assieme agli altri.

Il teatro crea comunità

Dopo il servizio civile, realizzato presso un’associazione svizzera di raccontastorie, scopre in sé il coraggio di presentarsi davanti al pubblico ed esercitare sugli altri quel magnetismo che, a detta sua, è l’essenza dell’atto creativo: il potere di fondare una realtà, una micro-utopia, un’idea di comunità. Da giovane insicuro con la lingua, con un costante senso di incompletezza sia nell’uso del francese che in quello dell’italiano, come se lui stesso fosse un truffatore che tradisce le due identità senza assumerne una totalmente, è l’atto del recitare che gli rivela il potere del camuffarsi in un altro, un diverso da sé che veste una “maschera” capace di sciogliere le insicurezze linguistiche e celebrare il corpo sul palco.

Si apre così una carriera dedicata al teatro, prima con il gruppo italofono di Ginevra, il Ghiribizzo, importante laboratorio giovanile durante gli anni degli studi universitari; poi, dopo una serie di esperienze di studio all’estero, tra Stati Uniti, Italia e Belgio, soprattutto in seno alla compagnia che lui stesso fonda nel 2006 ad Helsinki e che dirige tuttora, Teatteri Metamorfoosi, sorta subito dopo un periodo trascorso in Italia, lavorando con Donato Sartori alla costruzione delle maschere.

Dal teatro muto allo spettacolo multilingue

Fu proprio durante quel periodo in Italia che conobbe una donna, “una dea nordica bellissima”, se ne innamorò e partì con lei per la Finlandia. Assieme hanno creato la compagnia di teatro con la quale Giovanzana approfondisce un percorso di ricerca fondato sulla centralità del corpo nell’espressione scenica, una concezione teatrale che, ci spiega, “nasce da due esperienze personali molto importanti: da un lato, un lungo periodo di degenza trascorso a letto, a causa di un incidente, all’età di 24 anni, dal quale sono uscito con un senso profondo di riscoperta e di celebrazione del corpo; dall’altro, la sfiducia nella mia capacità di esprimermi bene con le parole, che mi ha spinto verso lo scrutinio delle potenzialità espressive del corpo”.

Ma come mettere in scena una pièce usando una lingua, il finlandese, che lui non capisce, che non parla? La problematica linguistica è centrale nel suo processo creativo: infatti, da un primo spettacolo “completamente muto”, inscenato nel 2008, che ruotava attorno all’uso delle maschere, pian piano sviluppa lavori nei quali le varie lingue si intrecciano (in particolare l’inglese, il finlandese e il russo, tre lingue di uso costante nella sua vita al Nord). Questo movimento di apertura verso la convivenza plurilingue rispecchia senza dubbio la sua storia e la cultura svizzera dove è cresciuto. Ma si tratta anche di una svolta artistica intenzionale perché, come puntualizza, “si tratta di un elemento fondamentale in questi tempi in cui la politica si basa sulla paura dell’altro, dove ci si chiude sempre di più in regionalismi. Credo nella potenza creativa del multilinguismo, nell’essere in tensione tra le varie sonorità”. Il corpo, però, precisa Davide, resta sempre il punto centrale: la parola, se c’è, indipendentemente dalla lingua usata, deve uscire da un corpo in azione.

Altri orizzonti

Insegnare arti sceniche all’università e lavorare con la propria compagnia, in un Paese nel quale a distanza di vent’anni non padroneggia ancora perfettamente la lingua, parrebbe a priori uno svantaggio. In verità, questa condizione di “straniamento linguistico” gli ha permesso di maturare una maggior consapevolezza del suo ruolo come docente e come regista.

Allo stesso tempo, gli ha mostrato quali aspetti del lavoro sull’attore è necessario rafforzare: “Io mi fido dell’attore e della sua capacità di dare corpo alle parole che recita; quando un attore pronuncia p. es. la parola “albero” (puh in finlandese), oggi io lo capisco, certo, ma non posso cogliere il suo vissuto affettivo, l’universo simbolico evocato da questa parola, perché non mi appartiene; quindi, mentre lui la pronuncia, io mi concentro piuttosto su come si comporta il corpo, il suo ritmo, l’energia”.

Dopo uno spettacolo di grande successo basato su un testo di Stefano Massini, gli si sono aperte le porte della scena teatrale finlandese e internazionale, e dell’università. Ma, come confessa Davide, è stato bravo e veloce nel “cogliere l’attimo” e prendere al volo l’occasione di fare del suo lavoro artistico un palco aperto-crocevia dei mondi che lo attraversano e lo fanno sognare in una comunità che accoglie tutte le lingue del mondo.

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