Ritratto breve di spigolatrice
Katia Piccinelli, da sempre, disegna, dipinge, taglia, incolla… le piace esplorare mezzi e strumenti espressivi diversi e adora gatti e coniglietti
Di Clara Storti
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Nata a Sorengo nell’Ottantasette, Katia Piccinelli, da che ne ha memoria, s’ingegna con forbici, colla, fili… le piace lavorare con le mani e crede di avere una predisposizione alla creazione. Diplomatasi in pittura nel 2012 all’Accademia di belle arti di Bologna, da allora ha continuato a trafficare con strumenti e generi diversi, pubblicando libri illustrati (anche come autrice), ma non solo…
Entrando al Forte pare di fare un salto indietro nel tempo: si respira un’aria placida, accogliente, con un leggero chiacchiericcio di fondo accompagnato dal contrappunto tintinnante di stoviglie. Vorrei scrivere anche “provinciale” , ma temo che l’aggettivo venga mal interpretato, pur intendendolo nella sua accezione più positiva. È un pomeriggio grigio e piovoso quando incontro Katia in birreria a Lugano. A spiccare è il verde mentalatte di giacca e smalto, complementare al rosso del tè, durato il tempo di una chiacchierata. Una variazione, dal rosso al verde, che è l’intervallo con cui Katia medita le sue risposte. Riflessive, pesate, precise, a tratti ironiche.
© Katia Piccinelli
‘Misto bosco’
Fin da piccola, ricorda Katia Piccinelli, “ho sempre avuto una predisposizione per trafficare, tagliare, incollare, cucire… mi piace lavorare con le mani. Credo di avere una vena artistica; non so se chiamarla così o piuttosto predisposizione alla creazione. Sia quel che sia, ciò mi permette di realizzare qualcosa con le mie mani”, evidenzia l’illustratrice ticinese. L’etichetta, a dirla tutta, non è perfettamente aderente al suo fare, perché il suo è stato un percorso formativo trasversale che l’ha fatta diventare “un miscuglio un po’ strambo che lavora con le arti visive: illustrazione, pittura su tela, installazione…”. Dopo lo Csia di Lugano, parte per Bologna con l’intenzione di intraprendere l’indirizzo fumetto all’Accademia di belle arti. Tuttavia, per ragioni che non hanno nulla a che vedere con lei, ripiegherà sulla pittura, che porterà a compimento una dozzina di anni fa.
© Katia Piccinelli
‘Bobruisk’
A Bologna la porta la ferma convinzione che sia necessario andare lontano da casa (e non a Milano, dove i “piccioni ciabattano nei corridoi” di Brera) per fare la propria esperienza, dove respirare aria nuova: “Avevo voglia, insomma, di mettere un po’ di distanza con quello che era stato il mio percorso fino a quel momento”. Terminata l’Accademia (con una tesi sul Dadaismo), vive ancora per diversi mesi nel capoluogo emiliano con l’idea di emanciparsi “dall’affettuoso rapporto di dipendenza con i miei genitori”. Si è quindi data un periodo di tempo al fine di capire se potesse farcela con le sue forze, ma dopo alcuni mesi si è resa conto che la vita di compromessi tra il fare artistico e un lavoro qualunque per sbarcare il lunario, alla lunga, non funziona: “Avevo bisogno di tirare i remi in barca e vedere che cosa potessi fare del mio domani”. Tornata in Ticino, per prima cosa ha cercato di garantirsi una fonte di guadagno per non dipendere da nessuno, un lavoro “che mi sembrava ragionevole fare, che mi avrebbe permesso di stare in piedi e comperare le crocchette alle mie gatte, Dora e Boo. Ma soprattutto per essere creativa quando ho voglia di esserlo”, perché irrinunciabile è – tutt’ora – l’equilibrio fra fatica “alimentare” ed espressione creativa. “Fare del proprio lavoro artistico la principale fonte di guadagno significa dover anche accettare committenze che non sono nelle proprie corde. Così diventa un lavoro a cottimo per restare a galla… avrei odiato che ciò che amo fare, che davvero mi nutre e mi fa sentire contenta, diventasse un lavoro per tirare avanti. Voglio permettermi di non fare niente in quei periodi che mi sembra di non aver niente da dire”. Una libertà che è essenziale a osservazione e ricerca, condotta con minuzia, andando a spigolare fonti, raccogliendo qua e là spunti, idee, pensieri al fine di dare corpo alla propria idea.
© Katia Piccinelli
‘A Room with a View’
Tutt’intorno
E come una spigolatrice, Katia setaccia e raccoglie per costruire il suo personale immaginario, osservando altre forme d’arte, per capire “che cosa considero stilisticamente ben riuscito e al contempo che cosa non voglio fare”. Allora, tutto può essere fonte di ispirazione: dal contesto che la circonda, dal verso di una canzone a una frase scritta sul muro o sentita al volo. E ancora libri (ultimamente è stata risucchiata dai saggi di David Foster Wallace), fumetti (i lavori di Paolo Bacilieri) e fotografia: un vero e proprio colpo di fulmine sono la figura e il lavoro di Francesca Woodman. Katia ha anche il pallino per l’architettura, in particolare il movimento del Brutalismo, formatosi negli anni Cinquanta del secolo scorso in Gran Bretagna. “Mi piace realizzare vedute di città, ma anche unità abitative” che implichino una riflessione su come viviamo gli spazi. Nell’indagine “architettonica” di Piccinelli a rapire l’occhio è (e parrebbe pleonastico) una linea geometrica semplice, quanto incisiva, che dà corpo, per esempio, alla sovietica Dom Skvorechnik di Bobruisk, alla Torre Velasca di Milano, alla Bierpinsel di Berlino, così come agli scorci di Bolzano, Santorini e del minuto agglomerato di Corippo. Sia in queste vedute, sia in altri suoi lavori, si intuisce una curiosità per una sorta di “anafora visiva”, che magnetizza chi osserva. Spulciando nel suo portfolio non sarà strano trovare anche corrispondenze più o meno esplicite con alcuni artisti del passato come Giovanni Segantini, Matisse, Aubrey Beardsley, tanto per citarne un paio. E sempre sul fronte della storia dell’arte, Katia confessa un amore spassionato per l’opera “non-finita” dello scultore impressionista Medardo Rosso che, sopra tutto, voleva far dimenticare la materia e che, fosse milionaria, l’artista vorrebbe avere nella sua personale collezione d’arte.
© Katia Piccinelli
‘Tutto bƏ’
‘Poemas’ e altre cose
Con le note di ‘We don’t need no Education’ dei Pink Floyd come sottofondo, accenniamo rapide al suo processo creativo: una volta portato a termine il lavoro di spigolatura, che si traduce dunque in una ricerca fotografica atta alla comprensione del tipo di tensione che vuole dare al suo lavoro, Katia passa all’azione disegnando dapprima su carta e poi trasponendo in digitale. Così ha elaborato, una volta rientrata da Bologna, le tavole illustrate del volume di carattere etnografico ‘Tutto parla di te’ (2016), voluto dall’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla, che racconta cinque biografie, in forma di fumetto, di svizzeri che hanno avuto legami con la regione (Luigi Rossi, Mario Bernasconi, Ernest Bloch, Gualtiero Colombo e Alfonsina Storni). Da lì, Katia inizia a realizzare altri lavori, dando corpo sia a progetti personali, sia a committenze: “Di tanto in tanto, vengo adottata da realtà editoriali che mi propongono di partecipare ad alcuni progetti” , come GiraffeBianche Edizioni e Casagrande di Bellinzona. Infatti, un paio di anni fa, dal seme di ‘Tutto parla di te’ arriva la proposta dell’editore bellinzonese di illustrare la ristampa dei ‘Poemas de amor’ di Alfonsina Storni, uscita lo scorso anno. L’impianto iconografico, lo spiega l’illustratrice, mira a intessere un discorso parallelo alle liriche. Dopo un attento studio, Katia ha realizzato, astraendo il più possibile la figura femminile, “illustrazioni autobastanti, che avessero un’intonazione coerente con le atmosfere del libro, ma che non fossero legate didascalicamente ai singoli testi”, propendendo per una connotazione intima: raccontando un umore, uno stato d’animo. Soprattutto, con una linea continua (seppur chiusa e separata dalle pagine), dice il senso di attesa e intesse un’ulteriore trama narrativa.
© Katia Piccinelli
Dai ‘Poemas de amor’ di Alfonsina Storni (Casagrande, 2023)
Le sue opere sono state selezionate in esposizioni personali, come quella tenutasi allo Spazio 1929 di Lugano nel 2019; e collettive, per esempio il Cheap Street Poster Art di Bologna e più recentemente il Re/Sister! Festival femminista alla Casa delle donne di Parma nel 2021 o, nel 2022, all’Isit alla Galleria Adiacenze di Bologna.
Per coloro che fossero curiosi del suo lavoro, rimando al sito www.katiapiccinelli.ch e alla pagina Instagram omonima.
© Katia Piccinelli
“Avrei odiato che ciò che amo fare, che davvero mi nutre e mi fa sentire contenta, diventasse un lavoro per tirare avanti”