Sara Bonora: una donna e molti ruoli

“Quando ho saputo che aspettavamo un bebè (…) ho provato una gioia infinita, anzi, assurda”. Una genitorialità ‘diversa’ la sua, tutta da raccontare

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

È nata il 24 agosto 1980 a Milano. La vita, anzi, l’amore la porta a trasferirsi a Minusio: Tania – galeotta fu una serie televisiva degli anni Duemila – diventa sua moglie nel 2009. Mamma di due bambini: Martina, 8 anni ed Elia 9 mesi. Nella vita fa l’educatrice. Ama viaggiare, stare a contatto con la natura, andare in bicicletta, soprattutto con sua figlia che ha appena imparato a gironzolare senza le rotelle. Non sa resistere a una pizza accompagnata da una bionda (la birra, sennò Tania è gelosa). Le piace conoscere e creare momenti di incontro con il prossimo. Si definisce inclusiva ed è per questo motivo che non sopporta la prepotenza e l’indifferenza. È portavoce dell’Associazione Famiglie Arcobaleno del Ticino.

La mente è abitudinaria, spesso appoggia la sua attenzione su ciò che è al di fuori del nostro campo conosciuto etichettandolo. I pensieri possono assumere varie forme, tra cui degli atteggiamenti che ruotano intorno al pregiudizio, cioè prendersi la libertà di giudicare senza conoscere. La sapeva lunga quel genio di Albert Einstein sostenendo: “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio!”. Poi ci sono persone come Sara Bonora, occhi che ridono, mamma adorabile e, soprattutto, essere umano che nella più disarmante naturalezza ha seguito il suo percorso di crescita e di consapevolizzazione di sé, mettendo da parte preconcetti e aprendo le braccia verso l’inclusione. “Ho compreso il mio orientamento sessuale a 26 anni. All’epoca andava la serie televisiva L Word (telefilm che raccontava le vicissitudini di un gruppo di amiche appartenenti alla comunità LGBTQ+), da lì mi si aprì un mondo nuovo”. Sara continua il suo racconto usando la metafora dei gusti di gelato: “Mi dicevano che il gusto vaniglia era buono e io ho sempre mangiato quello facendo spallucce; poi ho scoperto il gusto al cioccolato ed è stato amore alla prima cucchiaiata”. Sara è cresciuta in un ambiente conservatore ed eteronormato. “Frequentavo l’oratorio quando ero piccola, non mi è mai venuto in mente di uscire da certi confini, era impensabile. Sembrava quasi si parlasse di fantascienza. Quel telefilm ha normalizzato la visione limitata e miope che avevo sino ad allora, donandomi un nuovo paio di occhiali con cui guardare fuori ma, soprattutto, dentro me stessa”.

Nodo

Giugno è il mese dell’orgoglio LGBTQ+, un mese in cui molte città si animano e si colorano durante i Pride: vestiti sgargianti, boa fucsia, scarpe con tacchi vertiginosi, parruccone, musica da ballare e tanta allegria. Molti non sanno che dietro queste “baracconate” (come spesso vengono definite da chi, appunto, non conosce) ci sono anni di lotte, di rivendicazioni e di voglia di vivere la propria sessualità e il proprio orientamento liberamente. “Quando ho scoperto di amare le donne mi si è sciolto un nodo, è stata una liberazione. Ricordo che, prima di allora, ero più circostanziale, come se dovessi nascondere sempre qualcosa, ero solare ma sempre con un misterioso velo che mi oscurava qui e là”.


© Ti-Press / Samuel Golay

Gioia assurda

“Accidenti, qui si fa sul serio”. Questo il pensiero di Sara quando conosce Tania a Milano nell’estate del 2006 a un raduno di fan – oggi si direbbe followers – del telefilm L Word. “È stato subito evidente che c’era qualcosa di profondo e speciale tra noi. È stata talmente intensa la nostra relazione che ci siamo sposate – allora si parlava di unione domestica registrata – prima di vivere insieme”. Con il tempo Sara trova lavoro e costruisce con Tania la sua nuova vita fino a che… “Il campanello della maternità si è destato prima in mia moglie, lei è più istintiva di me. Era un periodo… della nostra relazione un po’ particolare e non volevo che un figlio fosse la soluzione ai nostri problemi. Un figlio deve nascere nell’amore”. Quando Sara comprende che era il momento propizio, danno il via all’iter per accogliere la loro prima figlia in famiglia: “Abbiamo fatto un po’ di viaggi a Copenaghen, in Danimarca, per la fecondazione assistita. Ci siamo prese il tempo per conoscere quella terra, visto che sarebbe rimasta con noi per il resto della nostra vita. Quando ho saputo che aspettavamo un bebè – e qui iniziano a inumidirsi gli occhi di Sara – ho provato una gioia infinita, anzi, assurda”.

Inclusività a prescindere

“Faccio fatica a prendere in considerazione tutte quelle persone che non accolgono la differenza e non la vedono come un valore aggiunto. Se parlo di inclusività però dovrei includere anche loro (sorride Sara). Forse le persone che giudicano senza conoscere hanno semplicemente avuto un percorso privo di incontri, di capacità di ascolto, di empatia”. Sara aggiunge che sfida chiunque conosca lei e la sua famiglia a non ammorbidirsi e semplicemente ad accorgersi che non c’è nulla di diverso tra due mamme e due figli a qualsiasi altro tipo di famiglia.


© Ti-Press / Samuel Golay

Famiglie Arcobaleno

Il termine famiglia arcobaleno definisce una famiglia della quale almeno un componente dei genitori è lesbica, gay, transgender o queer. Sara è la portavoce per il Ticino dell’Associazione mantello svizzera. “Per me fare attivismo ed investire tempo ed energia per i diritti LGBTQ+ significa sentire una forte responsabilità verso i miei figli e i giovani in generale. Voglio che crescano in un mondo dove possono essere chi sentono di essere senza che nessuno li giudichi. Così da avere l’opportunità di crescere in un mondo diverso da quello in cui sono cresciuta io, senza il bisogno di sciogliere nodi”. Ultimo desiderio di Sara: mi piacerebbe che le famiglie arcobaleno non avessero paura di uscire allo scoperto e che si palesassero di più qui in Ticino”.


© Ti-Press / Samuel Golay

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