L’amore vampiresco dei Cradle of Filth

Visti dai puristi del black metal come commerciali, invisi ai media mainstream in quanto “blasfemi”, i Cradle of Filth non sono un ascolto dei più facili

Di Marco Narzisi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

DISCHI DAL RETROBOTTEGA
Cradle of Filth – Dusk and Her Embrace (1996)

Bollati dai puristi del black metal come commerciali, invisi ai media mainstream in quanto “blasfemi”, i britannici Cradle of Filth non sono un ascolto dei più facili. Ma se retrobottega dev’essere, che retrobottega sia: ed eccoci a parlare di Dusk and Her Embrace, considerato l’apice creativo del gruppo. Le origini black metal vengono riassorbite in un suono teatrale, fatto di ampie parti orchestrali e aperture melodiche che immergono totalmente l’ascoltatore in un’atmosfera inquietantemente gotica, ma venata di un certo romanticismo rétro. Perché in fondo, Dusk and her Embrace racconta una storia d’amore: certo, l’amore è quello fra un umano e una vampira, e dunque negli elaboratissimi testi ci va dentro un po’ di tutto fra sesso, morte. Le tracce mediamente lunghe dell’album, anche 6 o 7 minuti, sono complesse suite: repentini cambi di tempo, velocissimi blast di batteria black metal che sostengono arie melodiche, improvvise frenate doom metal e pause sospese che aprono scorci quasi narrativi: quanto basta per fare a pezzi il formato canzone classico strofa-ritornello. C’è poi una cosa che, nel bene o nel male, salta all’orecchio, ed è la vocalità del disco. È chiaro da subito che lo schema canonico del gothic metal “beauty and the beast” (voce maschile in growl/voce femminile angelica) non ha posto in questo disco. Più che di angeli eterei, le donne di Dusk and Her Embrace sono infatti affascinanti e demoniache succubi pronte a trascinare in tentazione l’incauto ascoltatore: uno su tutti, il “NEVER LEAVE ME!” sospirato, ansimato in ‘Funeral in Carpathia’ (la traccia di punta di tutto il disco) suona quasi come un’inquietante minaccia più che una disperata preghiera. E poi c’è Dani Filth, che salta da un growl lovecraftiano allo screaming furioso, passando per angoscianti sussurri in funzione narrativa fino ai suoi caratteristici acutissimi gridolini che, sì, possono piacere oppure no, ma si inseriscono perfettamente nell’atmosfera sensualmente grandguignolesca dell’album. Dusk and her Embrace non è sicuramente un disco da regalare a San Valentino, ma è la base di partenza per chi è sensibile al fascino delle atmosfere oscure ma si è un po’ scocciato del gothic fatto di borchiette, fondotinta e frasi da Baci Perugina.

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