La grande missione di Marie Lise Devrel

Missionaria laica, dal 2014 vive vicino a Beirut. È impegnata nel sostegno a distanza e in un centro destinato ai bambini audiolesi in Libano

Di Gino Driussi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nata nel 1961 a Istanbul, in Turchia, si trasferisce con la sua famiglia all’età di 5 anni prima in Italia e in seguito a Mendrisio, dove frequenta le scuole fino al liceo. Si ricorda di essere stata accolta con molta curiosità dai compagni di scuola, poco abituati all’epoca alla presenza di stranieri, ma anche con molto calore. Dopo gli studi di assistente sociale presso la Facoltà di lettere dell’Università di Friborgo, decide di consacrarsi a Dio in una comunità di laici, quella dei Focolari, conosciuta nel 1974. Trascorsi due anni di formazione nella casa madre di Loppiano, in Toscana, le viene proposto di far parte del Focolare di Atene, dove rimarrà per vent’anni; in seguito trascorre altri due in quello di Istanbul. Dal 2014 vive nel Focolare del Libano, vicino a Beirut. È impegnata nel sostegno a distanza (che tocca circa 300 famiglie) e nellʼIstituto IRAP, uno dei primi centri destinati ai bambini audiolesi in Libano.

“Non è facile spiegare cosa sia una missionaria laica”, mi risponde Marie Lise Devrel a precisa domanda quando la raggiungo a Beirut. “Forse perché questa parola mi fa pensare, il più delle volte, a qualcuno che parte per evangelizzare in un altro Paese. Ma l’esempio di Biagio Conte, il missionario laico scomparso lo scorso gennaio, per me è la migliore risposta. Fratel Biagio, come lo chiamavano, è rimasto nella sua Palermo, alla quale ha voluto dare un volto umano. Per me, missionario è chi sta vicino a colui che si sente lontano, per le sue condizioni di vita o perché sta passando un momento difficile. Lo esprime bene Chiara Lubich in una meditazione nella quale dice tra l’altro: “Penetrare nella più alta contemplazione e rimanere mescolati fra tutti, uomo accanto a uomo”.

Il movimento dei Focolari

Chiara Lubich (1924-2008) è certamente un personaggio importante nella vita di Marie Lise. È stata infatti lei a fondare il movimento dei Focolari nel 1943, movimento attraverso il quale la nostra interlocutrice ha consacrato la sua vita a Dio. “Già nell’adolescenza avevo conosciuto i Focolari, che mi hanno fatto scoprire come vivere nel quotidiano le parole di Gesù. Quello che mi ha pure attirato è stato l’aspetto comunitario – molto spiccato – con il quale si cerca di realizzare il testamento di Gesù: “Che tutti siano uno”. Con il passare degli anni, dopo diverse esperienze che mi hanno fatto vedere la bellezza di tutte le vocazioni, dal matrimonio a una vita anche più ritirata in un convento di clausura, si è fatta chiara in me la chiamata al Focolare. Essere in mezzo al mondo come tutti, lavorando, studiando, pulendo la casa, invitando amici, insomma una vita normale a cui però l’amore reciproco fra i membri della comunità, e la presenza del Risorto che cammina ancora oggi con noi, danno un senso completo, in tutti i campi in cui ciascuno è chiamato ad operare”.
Una parte importante della sua vita, Marie Lise Devrel l’ha trascorsa nel Focolare di Atene: “Oltre a condividere la vita quotidiana delle persone con le quali ero in contatto, mi sono occupata anche dei più diseredati, con delle attività che abbiamo portato avanti soprattutto con i giovani. Inoltre, vista la configurazione della Grecia, molto importante è stato il dialogo ecumenico con gli ortodossi e forse questo è stato l’aspetto che ha richiesto lo sforzo più grande da parte mia e delle altre persone della comunità. Dopo vent’anni è stato bello vedere i tanti passi che sono stati compiuti: posso dire che si è passati dalla diffidenza, dovuta spesso a pregiudizi, al desiderio di conoscersi realmente e personalmente, fino ad arrivare a dare una testimonianza comune dell’amore che ci unisce malgrado le diversità, che diventano così un arricchimento reciproco”.


© L. M. Devrel

Il trasferimento a Beirut

Dopo due anni a Istanbul, nel 2014 una nuova svolta. “Inaspettatamente mi è stato chiesto dal centro del movimento se fossi disposta a trasferirmi a Beirut. Grande gioia e sorpresa! Il Libano lo avevo infatti sempre nel cuore, in particolare perché durante i nostri incontri internazionali avevo conosciuto diversi giovani libanesi che con le loro esperienze di vita sotto le bombe durante la guerra civile (tra il 1975 e il 1990) mi avevano toccato per la loro fede e il loro impegno in favore dei più bisognosi. E così vedevo realizzarsi un sogno – quasi dimenticato – che avevo messo in un cassetto. In Libano la mia attività principale è all’IRAP (Institut de rééducation audio-phonétique), che non è solo un istituto per bambini audiolesi, ma una realtà impegnata in moltissimi altri ambiti, ad esempio in corsi di doposcuola, formazione socio-professionale, un asilo nido, animazioni per i giovani, laboratori protetti destinati in particolare ai più indigenti per permettere loro di integrarsi nel mondo del lavoro, sviluppare le proprie capacità ed essere indipendenti, tutto questo nell’ambito di una naturale convivenza e collaborazione tra cristiani e musulmani”.
E su questo bell’albero, ricco di frutti, si è innestato anche il cosiddetto sostegno a distanza. “È nato proprio durante gli anni della guerra civile, per lasciare i bambini nelle loro famiglie, aiutandoli nel contempo a crescere con dignità. Esso consiste nel dare la possibilità a delle famiglie di aiutare economicamente questi bambini per gli studi o altre necessità. Ma quasi più importante dell’aiuto economico è l’amicizia che si crea attraverso la corrispondenza e lo scambio di doni e di preghiere. È un progetto che realizziamo attraverso AFN onlus (per saperne di più: afnonlus.org), rappresentato anche in Ticino”.

La tragica situazione del Paese

Il 4 agosto 2020, Beirut fu devastata da un’esplosione nell’area del porto che fece 220 morti e 7’000 feriti, e provocò ingentissimi danni. Marie Lise Devrel conserva ancora un ricordo molto vivo di quella tragedia, che ha vissuto in prima persona e che l’ha profondamente segnata. Da allora, anche a causa della pandemia, il Libano, che tra l’altro porta il peso di due milioni di profughi tra siriani e palestinesi, sta vivendo una situazione politica e socio-economica a dir poco drammatica. Eppure lei vi vede anche segni di speranza: “Dobbiamo avere l’audacia della speranza. Senza di essa, il mio essere qui cercando di portare aiuto e incoraggiamento non avrebbe alcun senso. Certo, da un punto di vista politico potrei essere delusa: un Paese da tempo senza presidente in carica e senza la volontà di arrivare a un accordo dimostra di per sé la difficoltà di essere unito e di voler uscire dalla crisi. D’altra parte, però, quello che vivo quotidianamente mi fa scoprire un’altra faccia del Libano, quella della solidarietà in mezzo a mille problemi quotidiani”.


© Shutterstock
Agosto 2020: aiuti alla popolazione dopo un’esplosione a Beirut.

I legami con il Ticino

Marie-Lise è assente ormai da moltissimi anni dal Ticino, ma conserva solidi legami con questo cantone… “Sì, sia attraverso la mia famiglia sia con i molti amici che ritrovo con piacere ogni volta che torno in Ticino e che – dando prova di una grande sensibilità – mi riempiono in tanti modi di aiuti finanziari e materiali per quella martoriata popolazione. A loro vada la mia più profonda gratitudine”. Al termine di questa arricchente conversazione, non posso nascondere la mia ammirazione per una persona che si impegna quotidianamente e con tutte le sue forze per i più bisognosi. Un bell’esempio per molti di noi, non c’è che dire!

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