Alla ricerca del tempo perduto, previsioni meteo incluse
I ricordi ci portano alle stagioni dell’infanzia. Le letture, spesso, al tempo meteorologico “com’era una volta”: quante speranze abbiamo di ritrovarlo?
Di Alba Minadeo
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
I nostri ricordi continuano a ritornare alle stagioni dell’infanzia. Le letture ci riportano spesso al tempo meteorologico “com’era una volta”. Quante speranze abbiamo di ritrovarlo?
“Il sole, ancora invernale, era venuto a scaldarsi davanti al fuoco che, già acceso tra i due mattoni, avvolgeva tutta la camera in un odore di fuliggine, facendone qualcosa come (…) una di quelle cappe di camino dei castelli sotto le quali ci si augura che fuori rompano gli indugi la pioggia, la neve, magari qualche catastrofe diluviesca per aggiungere al conforto del riparo la poesia della reclusione invernale…”
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto. La strada di Swann (1913)
Diluvi e siccità
Un secolo fa, le tempeste erano temute, ma facevano parte della mutevolezza del tempo atmosferico. Quelli che una volta erano fenomeni stagionali, oggi sono eventi imprevedibili e devastanti. Sul pianeta si alternano periodi di siccità e incendi a violente alluvioni. Per fare soltanto alcuni esempi, da più di un anno e mezzo l’alterazione climatica della Niña è stata potenziata dal riscaldamento globale, con il risultato, per esempio, di cancellare la stagione secca (inverno australe, da giugno a settembre) della Nuova Caledonia, a est dell’Australia. Le colline sono insolitamente verdi. Il lago di Yaté ha un livello incredibilmente alto. Piove sulle araucarie endemiche che accolsero James Cook, primo europeo a sbarcare qui nel 1744. Il livello dell’Oceano Pacifico è salito in modo preoccupante a causa di ciò che l’Antropocene sta provocando a livello planetario. Lo stesso fenomeno, che provoca un raffreddamento di parte delle acque superficiali del Pacifico, influenzando il ciclo delle precipitazioni e il clima di alcune regioni del pianeta, è responsabile anche dell’aggravarsi della siccità nel Corno d’Africa. Un prezioso ecosistema tra India e Bangladesh è a rischio. A fine agosto, un terzo del Pakistan era sott’acqua, le piogge eccezionali hanno provocato una catastrofe: trenta milioni di persone sono rimaste senza casa (oltre tre volte gli abitanti della Svizzera), causando anche danni irreparabili all’agricoltura.
“Alberi da frutto e filari di fagioli pieni di baccelli, davanti a stupendi campi lussureggianti di cereali come segale, avena e frumento (…). Una calda, pingue agricoltura, (…) alberi di noci, ciliegi, susini (…). La bella, dolce strada maestra splendeva d’azzurro, di bianco, d’oro”
Robert Walser, La passeggiata (1917)
Agricoltura a rischio in Ticino
La canicola e la mancanza d’acqua hanno messo a dura prova l’agricoltura ticinese, tanto che, per i prossimi anni, si pensa di puntare su un mix ottimale di varietà e specie, come il sorgo, la quinoa e le lenticchie. Un tempo, il clima in Svizzera era caratterizzato da forti oscillazioni naturali, ma i cambiamenti verificatisi dall’industrializzazione in poi possono essere spiegati solamente con l’aumento delle emissioni di gas a effetto serra, checché ne dicano i negazionisti del climate change. Dal 1864, data di inizio delle misurazioni meteorologiche, la temperatura media annuale al 2021 è aumentata di ben 2 °C, circa il doppio rispetto alla temperatura media globale (sono considerati normali giorni estivi quelli con temperatura massima di 25 °C e tropicali quelli che raggiungono i 30 °C e oltre). In seguito a ciò, la vegetazione anticipa molto rispetto a qualche decennio fa. Le rondini arrivano prima. Le precipitazioni medie invernali sono aumentate nella maggior parte delle regioni svizzere (salvo a Sud delle Alpi e in vaste parti dei Grigioni). Ciò nonostante, le precipitazioni intense si stanno lentamente modificando. Dal 1901, sono aumentate sia l’intensità, sia la frequenza delle precipitazioni forti. Soprattutto alle quote più basse, i giorni con nevicate sono molto inferiori rispetto a trenta/quarant’anni fa. Quelli di ghiaccio e di gelo sono diminuiti notevolmente. In futuro, in Svizzera le estati saranno più asciutte, le piogge più forti, avremo più giornate canicolari e inverni poveri di neve.
“‘Questo vento lo conosciamo. Quando arriva si può andare in slitta’. ‘Storie!’, brontolò Hans. ‘Se non erro siamo ai primi di agosto’. Ma Joachim, iniziato com’era, aveva detto il vero. Infatti dopo pochi istanti, fra ripetute folate, si scatenò una violenta nevicata, (…) una tormenta talmente fitta che tutto parve avvolto in un bianco vapore e del villaggio e della valle non si vide quasi più nulla. Nevicò tutto il pomeriggio. Si accesero i caloriferi…”
Thomas Mann, La montagna incantata (1924)
Oscillazioni naturali e anomale
Sono tante le chiese dedicate alla Madonna della Neve, in ricordo della leggendaria nevicata di agosto a Roma nei primi secoli della cristianità. Un miracolo, mentre quella di Davos dell’inizio del secolo scorso, narrata dallo scrittore tedesco, era un evento non così eccezionale ad alta quota. Oggi, la neve è difficile vederla anche nei periodi deputati alle precipitazioni nevose, a meno che non sia artificiale come quella che, per assurdo, spareranno a Milano nelle prossime Olimpiadi del 2026.
“Aprì le finestre per far entrare un po’ d’aria e quando nevicava, il vento soffiava sulla neve e noi due sedevamo aspettando che l’inverno continuasse”
Franco Battiato, ‘Hiver’; da un testo di Fleur Jaeggy tratto da Le statue d’acqua (1980)
Indicatori climatici
Una giornata piovosa e uggiosa cambia l’umore dei “meteoropatici”. Un tipico giorno estivo viene piacevolmente percepito sulla pelle ma, da quando fa troppo caldo, molta gente non ama più l’estate. È come se la terra fosse infiammata e così pure il nostro corpo. Chi scende in Italia dalla Svizzera, passata la frontiera, nota un ulteriore cambiamento: apparentemente a Como è molto più afoso e il cielo caliginoso, forse perché l’inquinamento è maggiore…?
“Io resto qui e certo ci resterò. È così dolce restare. Forse che la natura va all’estero? Vanno forse in giro gli alberi per procurarsi da qualche altra parte foglie più verdi?”
Robert Walser
Nord & Sud
Una volta, si attraversavano le Alpi per intraprendere il Grand Tour, come fece Goethe, per incontrare l’arte e la cultura del Sud, ma anche il clima favorevole, come pure Hermann Hesse che si stabilì in Ticino. In futuro, forse ci sarà un movimento contrario: si andrà a Nord per cercare il fresco, anche se, ormai, è caldo anche in Inghilterra.
“Era un po’ questo che Venezia mi aveva regalato, fin da quando, vestito in fretta, raggiungevo gli scalini di marmo che l’acqua di volta in volta ricopre e abbandona”
Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto. Il tempo ritrovato (1927)
Inondati e sommersi
Secondo una ricerca pubblicata su Nature Communications, entro il 2100 il livello dei mari potrebbe salire di oltre 2 metri a causa dell’aumento della temperatura globale e del conseguente scioglimento dei ghiacci. Decine di città situate sul mare sarebbero in pericolo a causa di inondazioni ed erosioni costiere. Tra queste anche Venezia: i gradini di cui parla Proust potrebbero essere completamente sommersi. Sorte analoga per Miami, New Orleans eccetera.
“Le foreste abbelliscono la terra, insegnano all’uomo a capire il bello e gli ispirano un umore maestoso. Le foreste addolciscono il clima rigido. Nelle contrade in cui il clima è dolce si sciupano meno energie nella lotta con la natura, e perciò l’uomo che vi abita è più dolce e più tenero. Gli uomini di quelle contrade sono belli, flessuosi, facilmente emotivi, il loro linguaggio è squisito, i movimenti graziosi. Tra loro fioriscono le scienze e le arti, la loro filosofia non è lugubre, si comportano verso le donne con elevatezza squisita…”
Anton Čechov, Zio Vanja (1896)
Climi, non solo atmosferici
Un gruppo di ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo ha simulato il clima previsto per alcune città paragonandolo a quello attuale di altre. Nel 2050, Città del Vaticano potrebbe avere una temperatura simile a quella di oggi di Adana, nel Sud della Turchia, maggiore di 5,3 °C. Torino e Milano potrebbero avere il clima che ha oggi Dallas, in Texas, con temperature massime d’estate più alte di oltre 7 °C. Sono state prese in esame 520 città nel mondo, in base allo scenario climatico RCP4,5 (Representative Concentration Pathway, traiettoria di concentrazione di gas serra), in cui, ottimisticamente, le politiche ambientali avranno stabilizzato le emissioni di CO2 entro la metà del secolo, con un aumento della temperatura media globale di 1,4 °C. Lo studio, uscito su Plos One, prevede che il 77% delle città registri una variazione delle condizioni climatiche e che il 22% avrà un clima che oggi nessun centro urbano sperimenta. Il cambiamento più evidente si avrà nelle città nordiche, dove il tempo sarà simile a quello attuale di città mille chilometri più a sud: Londra come Barcellona, Stoccolma come Vienna e Madrid come Fez. Per le regioni tropicali si prevedono cambiamenti di temperatura minori, ma le stagioni umide saranno più piovose e quelle secche più aride.
Gesti per il futuro
Cosa può fare il singolo per ritrovare, almeno in parte, il tempo meteo perduto, per sé e le nuove generazioni? Una volta si poteva guidare una Fiat Topolino da Ginevra fino in Afghanistan, come Nicolas Bouvier, senza preoccuparsi di quanto CO2 si produceva. Oggi, oltre a dotarci di un’auto elettrica (anche se pone altri problemi di tipo energetico), dobbiamo rinunciare il più possibile all’auto per i tragitti brevi, camminando, usando i mezzi pubblici o la bicicletta. È consigliabile mettere un maglione in più in casa e (forse diverrà obbligatorio) abbassare di uno o due gradi la temperatura. Progettare i viaggi secondo ritmi più lenti, con mezzi low impact, prediligendo il treno o la nave all’auto e all’aereo, calcolando quanta CO2 si produce e scegliendo il mezzo meno inquinante (sono solo 44 grammi per chilometro le emissioni di anidride carbonica del treno a fronte di 118 dell’auto e 140 dell’aereo). E piantare alberi.
“L’uomo (…) si aggrappa a tutto ciò con cui sia possibile saziare la fame, riscaldarsi, distrugge tutto, senza pensare al domani”
Anton Čechov, Zio Vanja (1896)
Fermarsi (in tempo)
Accelerare il passo verso tecnologie sofisticate non è la soluzione per uscire dalla crisi climatica. I popoli autoctoni, spesso da noi considerati reliquie del passato, sono da sempre proiettati verso il futuro e ci insegnano il valore della conoscenza e del radicamento nel territorio, l’importanza di un’agricoltura od orticoltura capillare a livello familiare, la gestione delle terre in proprietà condivisa, il valore dell’incolto (set-aside) e della biodiversità. La sospensione delle attività umane in parti di terreno è una forma di preservazione delle risorse per il domani.
“Voglio mettere in guardia i bianchi prima che arrivino a strappare dal suolo anche le radici del cielo”
Davi Kopenawa e Bruce Albert, La caduta del cielo. Parole di uno sciamano yanomami (2010)