La rivincita della geopolitica

Con l’invasione dell’Ucraina ha assunto un ruolo centrale nella narrazione del conflitto. Ma cosʼè e quando nasce questa disciplina sulla bocca di tutti?

Di Tommaso Martini

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Nel corso della pandemia i media ci hanno aggiornato sui progressi compiuti dalla ricerca scientifica nella lotta al virus. Immunologi ed epidemiologi sono stati tra gli ospiti più richiesti nei talk show, pronti a sciogliere dubbi e non di rado a crearne, rassicurando o ammonendo a seconda delle diverse decisioni dei governi. Ma dal 24 febbraio 2022 lo scenario è cambiato: oggi è la guerra al centro della comunicazione dei media occidentali e al virologo di turno è subentrata una nuova figura, quella dell’analista geopolitico. Che si tratti di giornalisti, accademici o esperti in ambito militare, a guadagnare popolarità è dunque una disciplina di cui (in molti) sanno ben poco.


Mappa delle Americhe realizzata nel 1796 da Conrad Mannert.

Che cos’è?

Nata ufficialmente negli ultimi decenni del XIX secolo nell’ambito delle scuole militari anglosassoni, la geopolitica è una disciplina tutto sommato giovane. Tracce di un approccio geopolitico erano peraltro già presenti nelle strategie militari inglesi in Asia Centrale a partire dall’inizio dell’800. Frutto di un neologismo coniato dal politologo svedese Rudolph Kjellén, la materia analizza la politica e le relazioni fra gli Stati tenendo conto dei diversi contesti geografici e spaziali. L’aspetto interessante è che essa si avvale di strumenti di indagine derivati da molteplici discipline, in particolare la geografia, la storia e la sociologia.


Teoria delle panregioni di Haushofer: il globo diviso in sfere di influenza.

Stati del mare vs Stati continentali

La fase storica in cui matura la teorizzazione del pensiero geopolitico vede l’emergere dell’egemonia liberale americana, parallelamente al lento declino dell’impero britannico. A queste due grandi potenze talassocratiche – in fondo due isole, se si considera il Canale di Panama come estremità meridionale del continente nordamericano – si contrapponeva il successo militare ed economico della Germania guglielmina, potenza continentale in rapida ascesa. Secondo Alfred Thayer Mahan (1840-1914), teorico e ammiraglio americano, è la contrapposizione fra questi due blocchi a condizionare le proiezioni strategiche e le aspirazioni di Stati continentali come Russia e Germania da un lato e quelle di Stati insulari come Gran Bretagna e Stati Uniti dall’altro. Non è quindi un caso che proprio Inghilterra, Germania e Stati Uniti abbiano dato i natali ai primi grandi teorici della geopolitica classica.


Ritratto di Karl Haushofer.

Il caso tedesco

Con la pubblicazione a Monaco nel 1924 di una delle prime riviste di geopolitica – Zeitschrift fur Geopolitik – la nuova disciplina diviene presto popolare in Germania. Firma di spicco e in seguito direttore della pubblicazione fu Karl Haushofer, ufficiale dell’esercito e professore di geografia, che nel nazismo vide la possibilità di unificare il popolo tedesco, oltre confine, nelle regioni dell’Est Europa a predominanza germanica. Haushofer riteneva infatti che per risollevare la Germania dalla grave crisi postbellica fosse indispensabile conquistare uno spazio vitale di vaste dimensioni (il tristemente noto Lebensraum), una panregione destinata ad accogliere le popolazioni germaniche. Ma la passione per la croce uncinata ebbe vita breve: disgustato dal fanatismo antisemita – aveva sposato una donna di origini ebraiche – se ne distaccò, pur riuscendo a mantenere il ruolo di direttore del Zeitschrift fur Geopolitik. Sospettato nel 1944 di aver preso parte al complotto per uccidere Hitler, fu arrestato dalla Gestapo e qualche mese dopo suo figlio Albrecht, attivo nella resistenza antinazista, fu catturato e giustiziato. Devastato dal collasso della sua nazione, dalla perdita del figlio e da prospettive di vita deprecabili (aveva testimoniato al processo di Norimberga), Haushofer si tolse la vita assieme alla moglie Martha nel 1946.


Soldati afghani ritratti nel 1879 durante la seconda guerra Anglo-Afghana.

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Nuove dimensioni

Con la caduta del Terzo Reich la geopolitica (anche come lemma in ambito accademico) venne di fatto bandita. Ovviamente sia al Pentagono sia nelle sedi dell’MI6 e degli altri servizi di intelligence, gli analisti e i militari continuavano a svilupparne l’approccio e le metodiche, ma la parola restò a lungo un tabù. Il termine inizia a ritornare in auge verso la fine degli anni Settanta, per essere col tempo accettato e ripreso in tutto l’Occidente grazie agli studi di Yves Lacoste (1929), importante geografo francese. Oggi la geopolitica è una disciplina di ambito accademico che ha sviluppato uno stretto rapporto di complementarità con la tecnologia: alle tre dimensioni originali (terra, mare e aria) si sono aggiunti lo spazio cibernetico e lo spazio extraplanetario, peraltro strettamente connessi. Se l’ambito digitale, con i frequenti fenomeni di hackeraggio a danno di attori pubblici e privati, si è trasformato in un ulteriore terreno di scontro, lo spazio extraplanetario è diventato oggetto di conquista con la presenza di migliaia di satelliti che orbitano intorno al pianeta per garantire il flusso di informazioni.


La sede del MI6 a Londra, lungo le rive del Tamigi.

Attori emergenti

La geopolitica contemporanea si trova quindi a fare i conti con la rilevanza assunta dalle grandi compagnie private in campo energetico e tecnologico. Si pensi al ruolo che ha avuto Starlink in Ucraina, il servizio di connessione internet sviluppato da SpaceX. Raggiungendo più di 100mila cittadini ucraini, Starlink, grazie a un sistema di antenne satellitari mobili, ha permesso
a infrastrutture e a privati di continuare nelle loro attività. Un altro esempio interessante è rappresentato dalla China Communications Construction Company (CCCC), una multinazionale cinese attraverso la quale il governo della Repubblica Popolare si assicura il controllo di infrastrutture commerciali in posizioni strategiche. Negli ultimi decenni la CCCC ha creato lo scheletro per l’attuazione della ‘String of Pearl’ , una strategia mercantile cinese complementare alla “nuova via della seta”, con lo scopo di svincolarsi dall’egemonia marittima americana grazie a una serie di porti e infrastrutture lungo le coste dell’Oceano Indiano.
Sono dunque molti i fattori di cui oggi un analista deve tener conto, fattori che è necessario inquadrare in un contesto globale dinamico, indagando sui rapporti causali che delineano la politica internazionale contemporanea.


La penisola di Gwadar, nel Pakistan meridionale, importante snodo mercantile progettato dalla China Communications Construction Company.

IL GRANDE GIOCO

L’Asia Centrale è una regione rimasta a lungo ignota agli occidentali. Lungo le vie esplorate prima da Marco Polo e in seguito controllate dall’orda d’oro mongola, a partire dal XIX secolo inizia una accesa competizione fra le due più grandi potenze del tempo: la Russia imperiale e l’Impero britannico. Nel suo celebre saggio (Il grande gioco, Adelphi, 2010) Peter Hopkirk indaga le origini di questa rivalità, dalla caduta di Napoleone Bonaparte sino al primo decennio del XX secolo. L’India, la più preziosa tra le colonie britanniche, inizia dunque a essere minacciata dall’espansionismo zarista verso sud. Questo timore anima vivaci dibattiti tra gli intellettuali e gli ufficiali dell’esercito di Sua Maestà coinvolti nel Grande Gioco. Sono storie di spie, di mercanti e soldati, il cui scopo era quello di raccogliere il maggior numero di informazioni per muoversi in anticipo sull’avversario. E sono proprio gli ostacoli naturali di quel territorio a glorificare le imprese dei protagonisti, uno scenario di terre aride dove il freddo continentale incontra l’ostilità dei deserti e delle steppe oggi situati tra Belucistan, Afghanistan, Turkmenistan e Uzbekistan. L’opera di Hopkirk, pubblicata in Inghilterra per la prima volta nel 1990, delinea con chiarezza l’importanza della geografia e della topografia, sia a scopo militare sia commerciale e può essere considerata un esempio di un approccio geopolitico a una vasta realtà regionale.

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