Ciao noia sociale (lascia che ti offra da bere)

Impegniamoci a trasformare la noia in curiosità, perché la curiosità arricchisce, ci spinge a cercare nuovi impulsi, a domandare, a scoprire, a inventare.

Di Giovanni Luise

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Se il mio vicino di casa mi sta aggiornando su importanti norme condominiali appena approvate, tempo venti secondi e la mia indisciplinata mente vaga verso altri lidi profondamente annoiata. Ma se mi imbatto nella televendita dei coltelli dello Chef Tony che tagliano indifferentemente zucchine, legno e lattine con precisione chirurgica da far invidia a Kill Bill, riesco a rimanere concentrato anche per dieci minuti. Bravo cervello, ottimo risultato!


Ramón Casas, ‘Jove decadent’

Colpa del ‘sistema’

Giacomo Leopardi sosteneva che “soltanto gli esseri intelligenti provano noia” , per cui credo di essere una specie di Einstein visto che sono uno di quelli che chiama l’ascensore ma poi si fa le scale a piedi perché si stufa di aspettare. Una forma particolare di noia che merita adeguato approfondimento è quella “sociale”, carazzerizzata da diversi livelli di intensità che spaziano dall’occasionalità fino ad arrivare all’annoiamento patologico. Chi ne soffre percepisce disinteresse, demotivazione, apatia e a volte perfino fastidio nelle interazioni sociali in cui si imbatte, e la sua peculiarità principale consiste, a differenza di altri sentimenti, nell’essere vissuta in piena concomitanza con l’evento. Mi spiego meglio: se temo di perdere il lavoro per colpa della crisi economica, l’ansia che ne deriva riguarda qualcosa che deve ancora verificarsi; la paura, quindi, è rivolta al futuro. Se con il mio comportamento ho rovinato una relazione importante, il rimpianto che ne consegue riguarda invece una situazione che si è già verificata, coinvolgendo cioè il passato. Ma se mi stai martellando ininterrottamente da più di mezz’ora sulle tresche amorose dei concorrenti dell’ultima edizione del Grande Fratello, non v’è dubbio che la noia trovi il suo apice nel presente.

Prima le ragazze…

Sembra che a essere più “socialmente annoiate” siano le donne, statistica che non mi meraviglia affatto rappresentando la prevedibilità e monotonia che caratterizza spesso il mondo maschile. La colpa, però, non è solo dell’uomo moderno capace di esaltarsi di fronte a una partita di calcetto amatoriale ma di estraniarsi clamorosamente durante i pranzi di famiglia in compagnia di persone che dovrebbe teoricamente amare, perché siamo tutti figli di un periodo storico in cui, quasi all’improvviso e senza neanche troppo preavviso, è magicamente apparso il politicamente corretto che ha spiazzato tutti. Nel giro di poco tempo è stato infatti in grado di farci sentire in colpa per le nostre naturali pulsioni, ha avvilito i nostri desideri, assopito le aspirazioni e mortificato la voglia di formulare un pensiero critico non banale, in nome di un bene che al popolo è sembrato più importante: una migliore convivenza sociale.

Abbiamo cavalcato quest’onda del “volemose bene” farcendo i rapporti di convenevoli, stereotipi, luoghi comuni e stucchevoli frasi fatte, al punto che è diventata una rarità percepire entusiasmo in una conversazione ed è quasi impossibile sentire nell’interlocutore il puro desiderio di voler conversare. Quante volte ascoltiamo realmente chi ci sta parlando? Quante volte rispondiamo “ah beh, certo”, ma stiamo solo pensando che dobbiamo passare dal supermercato? È come se ci fossimo abituati a giocare un’infinita partita a tennis in cui nessuno dei due affonda il colpo, viene mai sotto rete, azzarda una volée o impreca contro l’arbitro perché l’unico grande obiettivo è quello di buttare la pallina dall’altra parte. E in questo match, più credi di sapere quello che sto per dirti e meno mi ascolterai, più sei concentrato sui tuoi pensieri e più le mie parole ti risuoneranno ripetitive e, di conseguenza, meno rischi prenderai… più ti annoierai. Cosa fare quindi di fronte al prolisso collega che con dovizia di particolari racconta per l’ennesima volta la festa di compleanno del figlio?

Proviamo ad applicare quel famoso principio della psicologia secondo il quale l’uomo, per sentirsi appagato, deve provare a cambiare solo ciò che dipende da lui e deve imparare ad accettare ciò che invece esula dal suo controllo. Approfittiamo quindi di questi momenti per attribuire più valore a ciò che stiamo facendo, provando a dare il meglio di noi perfino nelle situazioni più noiose, perché magari l’assenza di stimoli interessanti dipende anche dal nostro scarso impegno. Impegniamoci a trasformare la noia in curiosità, perché la curiosità arricchisce, ci spinge a cercare nuovi impulsi, a domandare, a scoprire, a inventare. E quando saremo in grado di convertire la noia in passione, allora non avrà più molta importanza l’eventuale irrefrenabile loquacità del nostro interlocutore.

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