Flavio Sala: vita, video e miracoli

Giù dal palcoscenico, per molti anni ha inseguito una passione e un sogno, divenuto oggi una professione aggiuntiva: ridare vita ai ricordi (di tutti)

Di Beppe Donadio

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Questa è la storia del salvataggio di un patrimonio visivo in via d’estinzione al quale è venuto in soccorso un restauratore senza pennelli, innamorato dei cartoon e del vintage.

All’entrata del suo studio, accanto alla sua casa di Agarone, spicca come una colonna dorica un’affascinante pila di ‘pizze’, così vengono chiamate nel mondo del cinema le metalliche scatole discoidali che contengono la pellicola di un film, di un documentario, di una trasmissione. Oppure di un cartone animato, come in questo caso, il 12esimo episodio di Star Blazers, anime giapponese trasmesso per la prima volta in italiano nel novembre del 1980 dall’allora Tsi, che ne fece curare l’edizione italiana alla Sincrovox. Cartone esteso più tardi all’Italia. Star Blazers è tra le serie più amate da Flavio Sala, anche se purtroppo, ci fa notare, in questo caso la pellicola è molto deteriorata. Al netto dell’entusiasmo, a lui si deve il lavoro di restauro degli originali di parecchie serie su commissione della Rsi. Perché smessi i panni del Bussenghi e di altre più o meno comiche identità, lasciate solo periodicamente le redini dell’omonima compagnia teatrale, con la Agr videostudio (agrvideostudio.com) Sala si è occupato del restauro e della digitalizzazione di una parte consistente dell’archivio televisivo della Rsi, oltre che della preservazione di preziosi ricordi di celluloide di altre istituzioni e privati cittadini, in un lavoro che da passione è diventato mestiere negli ultimi anni.


© Ti-Press

Autodidatta

“Ho sempre avuto la passione del montaggio video”, ci racconta nel suo studio-laboratorio tra apparecchi capaci di leggere tutta la nostra storia di uomini pre-digitali. “Come praticamente tutto ciò di cui mi sono occupato finora, ho iniziato anche qui come autodidatta. Ero videoamatore come il mio amico Alberto Meroni. Con un gruppo di amici realizzavo film amatoriali; l’ultimo, una parodia di Dracula, è stata la mia tesi di laurea all’Accademia di Brera. Avrei voluto occuparmi solo della recitazione, perché quello era il mio interesse principale, ma nessuno sapeva affrontare la parte tecnica e, volente o nolente, mi sono dovuto occupare del montaggio e della sonorizzazione”. Esperienza tornatagli utile quando, anni dopo, si è trattato di realizzare i Frontaliers. Prima di arrivare all’imponente archivio Rsi, quindi, è dall’amatoriale che si deve partire: “Diverse ditte avevano cominciato a digitalizzare i filmini Super 8, li mettevano su videocassetta prima e su dvd dopo, ma la qualità era spesso parecchio scadente. Negli ultimi anni è però arrivato il Cinescan, un apparecchio capace di digitalizzare fotogramma per fotogramma la pellicola scansionandola direttamente dal supporto originale in alta definizione, per poi restaurarla con l’ausilio di software dedicati, una volta importata nel computer. È l’apparecchio in mio possesso più costoso, ma non è l’unico: da anni colleziono apparecchiature in grado di digitalizzare i vecchi formati analogici pensando che un giorno ne avrei potuto farne un mestiere”. Fatto.


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Il ‘bestione’

Tra tutta la pesantissima tecnologia vintage da cui si è piacevolmente accerchiati – il Bvh della Sony che legge il nastro magnetico da un pollice, uno dei vari formati broadcast per la trasmissione tv, e poi Betacam, Svhs, Vhs, DvCam, MiniDV, U-matic (i feticisti sono accontentati) –, nello studio salta all’occhio un bestione da (a occhio) qualche centinaio di chili. È il lettore per il cosiddetto ‘separato magnetico 16mm’. “Quando da piccoli vedevamo i telefilm in televisione, così come alcuni documentari, per i servizi in esterno, oltre ovviamente ai film veri e propri, l’immagine proveniva da una pellicola solitamente 16 mm e l’audio da un nastro magnetico anch’esso di 16 mm, mandati in onda in sincrono”. L’apparecchio che permette la lettura del nastro magnetico 16 mm, che contiene informazioni di altissima qualità visto lo spessore, nel caso di Sala arriva dalla fu Polivideo. Con esso, tutte le sofisticate apparecchiature in dotazione all’Agr videostudio hanno permesso di recuperare parecchio materiale televisivo a rischio deterioramento.


“Star Blazers”

‘Star Blazers’, naturalmente

Il restauro di tutti i filmati di famiglia della Fondazione Braglia, tra i primi lavori di Sala, sono arrivati alle orecchie della Rsi che tramite la fondazione che sta digitalizzando gli archivi, in pieno lockdown, gli ha affidato ore e ore di digitalizzazione da completarsi in 18 mesi, lavoro che volge ormai al termine: “È stato digitalizzato di tutto: documentari, vecchi servizi del Regionale, trasmissioni di ogni genere e tanto materiale culturale. Ma mi sono occupato anche di diverse serie d’acquisto. La Rsi fece doppiare in italiano tantissime serie tv mai trasmesse nella Penisola, che rischiavano di andare perse per sempre”. Qualche tesoro? “Alcune serie credo siano ormai dimenticate, ma i fan pagherebbero per vedere i Tripodi, che abbiamo trasmesso in italiano soltanto noi”. C’è Star Blazers, naturalmente: “Fu fatto doppiare in lingua italiana dalla Rsi, che ne aveva acquisito i diritti per prima. Lo stesso vale per la prima telenovela importata dal Brasile, La schiava Isaura“. Le nonne ricorderanno. “E poi La pietra bianca, una miniserie televisiva svedese, l’edizione francese de Il Conte di Montecristo o il Michele Strogoff“, dallo struggente tema di Vladimir Cosma. “In genere, il Cinescan permette di ottenere i lavori migliori, perché la qualità della pellicola resta impareggiabile: contiene molte più informazioni rispetto al digitale e soprattutto al nastro magnetico, perché non è una sintesi ma un’emulsione organica. Ha una sorta di ‘vita propria’ “.


“Jeeg Robot”

… e poi ‘Jeeg Robot’

Per finire: il reperto più prezioso? “Mi arriverà. È stata trovata una pellicola 16 mm del 1930, pare si tratti di un lavoro realizzato dai cineamatori in occasione di uno dei loro primi raduni. Dal punto di vista emozionale, però, per me niente vale la prima puntata di Jeeg Robot, l’uomo d’acciaio vista da piccolo. Mi rendo conto che qui parla l’eterno bambino che è in me, ma pensare di avere tra le mani la pellicola della puntata vista la prima volta da piccolo non ha pari…”. Sala schiaccia il tasto play e ne esce – tirato a lucido – un limpidissimo “Corri ragazzo laggiù / vola tra lampi di blu“: restituito dal monitor ai suoi sgargianti colori, il difensore dell’umanità, quarant’anni dopo, fa ancora la sua sporca figura.


I “Tripodi”.


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