Chiara Zocchetti e l’iconografia della decadenza

Oltre al lavoro legato alla cronaca, si dedica a progetti personali come reportage e la fotografia d’architettura. E poi ci sono i luoghi abbandonati…

Di Clara Storti

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Prova grande attrazione per “ville, alberghi, teatri, centri termali in stile Liberty. Roba di lusso”. Ma anche per cinema, manicomi, ospedali, fabbriche. L’interesse per i grandi hotel d’una volta, confessa Chiara Zocchetti, “nasce dall’amore per l’Overlook di Shining di Kubrick: lunghi corridoi, tappeti, sale da ballo”. Partiamo però dalla superficie. Chiara è nata a metà anni Ottanta, è cresciuta e tuttora vive a Comano con il bassotto Ettore e Mario, un micio rosso dalle lunghe vibrisse. Dal 2016 lavora al Corriere del Ticino dove si occupa di cronaca, sport, eventi, politica e reportage. Racconta che ama molto viaggiare e le piace fare giardinaggio, soprattutto strappare le erbacce: “Una dopo l’altra, fino a che non ce ne sono più. Mi rilassa”. E scopriamo che la fotografia, fin da ragazzina, le è compagna: “Se c’è una memoria storica degli anni della mia adolescenza e di quella delle mie amiche è merito mio. Ci sono foto di tutte le età… orribili, ma ci sono”. Poi meditabonda afferma il suo manifesto: “A me interessava e tuttora interessa fissare il ricordo”. Ma la Chiara fotografa professionista nasce “tardi” (anche se non lo è mai).


© C. Zocchetti
Plus bleu que le bleu de tes yeux.

Apprendista autodidatta

La sua prima formazione è come infermiera. Nel 2012, che è stato il suo ultimo anno di lavoro in ambito sanitario, segue un corso di fotografia proposto dal Cantone. “Mi sono resa conto che mi riusciva bene” e così decide di approfondire il suo rapporto con l’apparecchio dedicandosi solo alla fotografia. “C’è stato un periodo in cui quotidianamente andavo nel bosco con il mio cane, scattavo di continuo e ho iniziato a realizzare foto più pulite”. È proprio allora che scopre l’elezione per gli edifici dismessi come soggetto da inquadrare. Dopo quel primo corso, ce ne sono stati altri, ma il suo apprendistato fotografico avviene principalmente da autodidatta. Curiosità e dedizione, insieme all’”occhio”, l’aiutano a sviluppare la sua tecnica catalizzando l’innato talento. Importanti sono anche alcune figure lungo la sua strada che influiscono e che le danno spunti su cui lavorare: “Poi però ciascuno prende la sua strada”, rivendica, plasmando la cifra stilistica individuale. Una matrice che quotidianamente evolve perché ogni situazione fa scuola. “Imparo molto sul campo – dice – e dai miei colleghi, per quanto riguarda la mia professione”. Lavoro e ricerca personale incidono sulle fotografie per il giornale e viceversa: in un proficuo circolo virtuoso.


© C. Zocchetti
The House of The Rising Sun.

L’occhio curioso

L’architettura di luoghi abbandonati. Eccoci al dunque. Gli scorci di abbandono sono colti con lentezza, prendendosi il tempo – quando il contesto lo permette – per perlustrare e sentire il luogo: “Mi perdo negli spazi dove non c’è nessuno, dove c’è pace, tranquillità”. Una fra le sue principali scelte stilistiche è l’assenza della figura umana, di cui restano però profonde tracce. Ad affascinarla è la bellezza nella decadenza, dice. “Nelle pareti che si scrostano, nella muffa, nel muschio, nella vegetazione, nel cogliere i segni del tempo. Questi posti per me sono delle opere d’arte in sé, il cui elemento principale è l’uomo cancellato dalla natura”, racconta con trasporto. La seconda, complice il tempo, riprende il suo spazio e inghiotte le vestigia umane, che resistono. Il fascino degli scatti di Chiara sta lì, in quel preciso istante in cui il lavorio del tempo permette alla natura di incombere sull’opera umana, narrando la bellezza della fugacità dell’esistenza che si fa per antitesi memoria. Rifacendoci alla pittura, si potrebbe allora trovare un’analogia con il genere della vanitas: le sue foto, titolate con acume, sono una rappresentazione della vita umana attraverso i suoi manufatti disfatti dal tempo, ma senza il monito morale peculiare al genere pittorico. Al contrario, Chiara mette in luce la struggente bellezza di un muro scrostato che offre agli occhi di chi lo guarda le stratificazioni della sua storia come fossero pelle, lasciando libero sfogo all’immaginazione sul suo passato e su chi lo ha vissuto. Un’eccezione: “Capita raramente di poter fotografare animali in luoghi abbandonati, ma a me piace molto e cerco di cogliere l’occasione quando si presenta. Come quella volta in una sinagoga in Romania, dove ho incontrato il gatto Karl. A lui ho dato tutto il prosciutto destinato al pranzo di gruppo per riuscire a scattargli una foto”, racconta.


© C. Zocchetti
Nights in Blue Satin.

Geografia dell’abbandono

Svizzera e Ticino – che da questo punto di vista “sono poveri, perché si tende a demolire per ricostruire” –, Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo, Germania, Austria, Croazia, Romania, Georgia (e Abcasia), Portogallo, Cuba e Libano. Negli anni, Chiara ha compiuto diverse “spedizioni” per andare “a caccia” di luoghi abbandonati, sui quali si mantiene sempre riserbo. Non si parte mai a caso, ma ogni destinazione è scelta in funzione di ciò che si cerca: “Ci si muove con i contatti sui social (che un amico tiene per me), con lo scambio di coordinate. La rete di conoscenze per lo scambio – una vera e propria comunità – si costruisce nel tempo ed è basata sulla fiducia e l’esperienza condivisa”. Gli aneddoti, più o meno rischiosi, sono tanti, Chiara tiene comunque a richiamare alcuni comandamenti impliciti per chi esplora e fotografa edifici in rovina che sono non forzare per entrare, non rompere o portare via oggetti. Tutto rimane intatto, si portano via solo scatti e la meraviglia della scoperta. “È una continua caccia al tesoro in cui si torna un po’ bambini”.


© C. Zocchetti
Grünes Hotel.


© Ti-Press / A. Crinari

PER SAPERNE DI PIÙ
Chi fosse curioso di scoprire il lavoro di Chiara Zocchetti non dovrà di certo sfidare la forza di gravità su strutture barcollanti, perché periodicamente pubblica alcune fotografie sui social, ma ha anche un sito in cui si può spulciare. Nel corso degli anni, ha esposto a Comano (2017), Lugano (2018) e Bellinzona (2021). Di recente pubblicazione è il bel volume dal titolo (programmatico) Quel che resta. Immagini di un tempo che fu (Fontana Edizioni, 2021). Per tutto il resto vi rimandiamo a chiarazocchettifotografa.com e swisspressaward.ch.


© C. Zocchetti
Mon manège à moi c’est toi.


© C. Zocchetti
Il teatro dell’assurdo.


© C. Zocchetti
Taglia e cuci.


© C. Zocchetti
Bar La Felce.


© Ti-Press / A. Crinari

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