Chi sono gli Incel e i Redpillati. E perché (a volte) uccidono
Nessuno vi vuole perché il “look” non è quello giusto, non siete ricchi e nemmeno la vostra considerazione in società è un granché?
Di Mariella Dal Farra
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.
Fa parte del gioco, quello dell’amore e delle relazioni: lei sceglie solo alcuni lui; lui preferisce certe lei, seguendo metri di scelta soggettivi, anche se sovente influenzati da modelli e aspettative sociali. Può succedere una, due, dieci volte… ma quando il rifiuto è una costante nella vita di una persona e (apparentemente) non dipende da lei ma da “fattori diversi”, possono sorgere dei problemi comportamentali e manifestarsi ossessioni e derive violente. A volte mortali.
Signore e signori, il momento è critico. Da tutti i punti di vista: ambientale, politico, economico e, ultimamente, pure sanitario e di equilibri internazionali. Viviamo in un’epoca d’instabilità e il senso d’insicurezza che ne deriva determina ricadute psicologiche sulle singole persone, i gruppi e la società nel suo insieme. A questo stato di cose contribuisce la sempre più ineguale distribuzione della ricchezza: secondo l’OCSE, nei Paesi membri il reddito medio del 10% più ricco della popolazione è circa nove volte superiore a quello del 10% più povero mentre, 25 anni fa, lo era “solo” di 7. Uno degli esiti più evidenti di questa sperequazione, e delle tensioni che ne derivano, è il dilagare del pensiero dietrologico, o “complottista”, proprio cioè di chi “ritiene che dietro a molti accadimenti si nascondano cospirazioni, trame e complotti occulti” (Treccani).
L’attitudine a spiegare gli eventi che ci coinvolgono, a livello individuale o collettivo, ipotizzando l’esistenza di misteriosi gruppi di potere che agirebbero perseguendo finalità malvagie o, quanto meno, volte a massimizzare i propri interessi a discapito di quelli rappresentati dalla società, è piuttosto antica. Un esempio prototipico è quello costituito dalla caccia alle streghe che ebbe luogo fra il 1450 e il 1750 in Europa – più precisamente, in un territorio comprensivo della Francia fino all’arco alpino, secondo Carlo Ginzburg – a seguito delle crisi economiche e sociali in atto in quel periodo, fra cui la Riforma Protestante, la Controriforma, la Guerra dei Trent’anni e le epidemie di peste. In periodi storici più recenti, di fatto contingenti, il Deep State teorizzato dal gruppo politico di estrema destra QAnon (un tema approfondito anche in Ticino7 n. 43/2020, ndr), sostenitore dell’ex presidente Donald Trump, presenta sorprendenti rassomiglianze al prototipo, con qualche piccola variazione sul tema (se le streghe venivano accusate di mangiare i bambini, QAnon sostiene che Hillary Clinton sia a capo di un network di pedofili ricchi e potenti).
Incel: celibi per forza
I vantaggi psicologici del pensiero complottista – non immediatamente intuibili, considerata la visione non proprio felice e anzi tendenzialmente persecutoria del mondo – sono almeno di due tipi: da una parte, consente di esternalizzare “il male”, attribuendolo a cause indipendenti dalla volontà del soggetto e, quindi, deresponsabilizzandolo; dall’altra, comporta una paradossale forma di rassicurazione poiché fornisce una spiegazione pseudologica a eventi che si trovano al di fuori del controllo dell’individuo, dandogli la sensazione (illusoria) di comprenderli e, quindi, di non essere del tutto impotente rispetto a essi. A questo punto, è opportuna una precisazione: non è che i complotti e le lobby di potere non esistano; il fatto è che agiscono prevalentemente a livello istituzionale, laddove risiedono le vere leve del potere. Attribuire questo tipo di azioni a chi invece si colloca in fondo alla catena alimentare (immigrati, minoranze etniche o religiose, candidate presidenti che hanno perso le elezioni eccetera) rappresenta quasi sempre una forma di dietrologia… che però, sfortunatamente, fornisce spesso l’innesco a genocidi e stragi.
Nel 2014, vicino al campus universitario di Santa Barbara, in California, il ventiduenne Elliot Rodger, prendendo di mira soprattutto le ragazze, uccise sei persone e ne ferì gravemente altre quattordici prima di togliersi la vita. Quest’uomo si riconosceva nella community degli Incel (da Involuntary Celibate, “celibe involontario”): un gruppo di individui, localizzato prevalentemente negli Stati Uniti e in Canada, che si sentono vittime del rifiuto affettivo e sessuale delle “donne” (intese come categoria generale ed evidentemente astratta), colpevoli di selezionare i propri partner in base a ciniche valutazioni di ordine economico, genetico e di status sociale. Non si trattò di un caso isolato: almeno otto omicidi di massa, per un totale di sessantuno vittime, sono stati commessi da uomini che si identificano in questa comunità, descritta dai ricercatori e dai media come “misogina, incoraggiante l’uso della violenza, estremista e con la tendenza a radicalizzare i propri membri” (da Incel in Wikipedia). E se per ora il fenomeno, quantomeno nelle sue implicazioni più ferali, sembra circoscritto al Nord America, alcune propaggini sembrano arrivare fino a noi, mescolandosi e ibridandosi con le inquietudini misogine nostrane.
Nel 2014, vicino al campus universitario di Santa Barbara, in California, il ventiduenne Elliot Rodger, prendendo di mira soprattutto le ragazze, uccise sei persone e ne ferì gravemente altre quattordici prima di togliersi la vita. Quest’uomo si riconosceva nella community degli Incel (da Involuntary Celibate, “celibe involontario”).
Redpillati: i figli di Matrix
La “costellazione” degli Incel è parte di una galassia ideologica nota come Manosphere (letteralmente, “uomo-sfera”) che include movimenti per “la difesa dei diritti degli uomini” in cui confluiscono istanze di varia natura, dalle più “comprensibili” – per esempio, per un’applicazione equilibrata delle leggi che regolano divorzio, mantenimento e gestione dei figli – alle più bizzarre (suprematismo maschile e altre amenità). Queste comunità condividono una particolare visione del mondo, a cui si riferiscono allusivamente usando l’espressione “red pill” con riferimento al film Matrix (1999) in cui una pillola rossa consente di liberarsi delle illusioni per vedere le cose come stanno realmente. E cioè, secondo i “redpillati”, più o meno in questi termini: 1. non è vero che le donne subiscono discriminazioni, perché i movimenti femministi hanno provveduto a trasferire buona parte del potere nelle loro mani, e ora sono i maschi a trovarsi in svantaggio; 2. i rapporti fra i sessi sono regolati da un sistema di valutazione reciproca basata sui parametri “LSM” (“Look, Status, Money”, “estetica, status e ricchezza”); 3. nonostante l’ordinamento che ne deriva sia rigidamente gerarchizzato, le donne tentano costantemente di “ipergamare” (dal neologismo “hypergamy”), ovvero di accoppiarsi con uomini superiori a loro per bellezza, disponibilità economica e/o posizionamento sociale. Quest’ultimo assioma è stato addirittura formalizzato in una regola aritmetica, la “legge 80/20”, secondo la quale l’80% delle donne desidera esclusivamente quel 20% di uomini che si trova ai vertici del sistema, ignorando crudelmente tutti gli altri.
“È la tua ultima occasione, se rinunci non ne avrai altre. Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, e crederai a quello che vorrai. Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant’è profonda la tana del bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. Niente di più”. (dal film ‘Matrix’ del 1999)
Vedo tutto nero
Ed è qui che si passa dalla pillola rossa a quella “nera”, ovvero a una radicalizzazione che caratterizzerebbe soprattutto la community degli Incel e che segnerebbe il passaggio a una forma di nichilismo potenzialmente pericoloso. “Un Incel black-pillato vede la vita come un’eterna condanna, una maledizione, un fato. Nessuna possibilità di ricominciare o di imparare a migliorare. Parimenti, non sussiste alcuna responsabilità individuale. […] Per questi aderenti, la certezza depressiva di essere (per sempre) soli genera un’attitudine indifferente alla propria stessa esistenza”. Ed è così che “il supporto fra Incel si trasforma da una rete di auto-mutuo-aiuto e solidarietà a un network che incoraggia i propri membri a individuarsi attraverso l’ostilità” (J. Bratich & S. Banet-Weiser, “From pick-up artists to Incels: Con (fidence) games, networked misogyny, and the failure of neoliberalism”, International Journal of Communication, 2019).
Ora, credo si possa ragionevolmente affermare che il “non mi si fila nessuno” sia uno stato d’animo piuttosto spiacevole e tuttavia universale: lo sperimentano tutti almeno una volta nella vita; uomini, donne e pure le persone che non si identificano all’interno di una logica binaria. Non si capisce quindi su quali basi gli Incel debbano rivendicarne l’esclusiva, e addirittura metterla a sistema. Inoltre, se è vero che il modello capitalistico tende a capitalizzare anche le persone, conferendo loro un valore di tipo strumentale (vedi il tanto sbandierato ma di fatto insidioso concetto di “autostima”…), allora sarebbe opportuno cercare di modificare il sistema stesso, invece che perpetuarne la logica a discapito di qualcun altro. “Gli uomini e i ragazzi Redpillati e Incel sono arrabbiati perché hanno perso diritti o privilegi dati per scontati e, oltre a questo, nel caso degli Incel, perché si sentono sviliti e denigrati. Entrambi i gruppi, invece di rivendicare diritti e spazi per sé, o di decostruire modelli maschili normativi e rigidi, rivolgono la rabbia contro le donne (A. Dordoni e S. Magaraggia, “Modelli di mascolinità nei gruppi online Incel e Red Pill: narrazione vittimistica di sé, deumanizzazione e violenza contro le donne”, AG About Gender-Rivista internazionale di studi di genere, 2021).
Persone-oggetto
La violenza non è prerogativa degli uomini, e neppure delle donne; neanche la violenza di genere lo è. Una donna che valuti l’appeal di un uomo in base a considerazioni di carattere meramente estetico, oppure in termini di vantaggio economico e sociale che un’unione con lui potrebbe comportare, lo sta di fatto oggettualizzando. Un’operazione non dissimile da quella messa in atto da un uomo che consideri una donna alla stregua di un oggetto sessuale. L’oggettualizzazione è una forma di violenza, anzi, ne costituisce l’essenza, e il comportamento violento può essere messo in atto tanto dagli uni quanto dalle altre, e più in generale da ciascuna/o di noi, con le ben note implicazioni e conseguenze. Non è il genere a cui apparteniamo a renderci “cattivi” ma il permanere, prima di tutto mentalmente, all’interno di sistemi troppo angusti: un modello economico che amplifica le disuguaglianze e frena la mobilità sociale; le “gabbie” create dai pregiudizi e dalla paura… La parola “cattivo”, in fondo, deriva dal latino captivus, “prigioniero”.
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LA PRIGIONE DELLE EMOZIONI
A proposito di apprendimenti o, meglio, condizionamenti “imprigionanti”, è certo degno di nota quello che vieta agli uomini, soprattutto se bianchi ed eterosessuali, la libera espressione delle emozioni. E questo sulla base di un belief (un convincimento/credenza implicita/inconscia) secondo il quale manifestare apertamente gioia, paura, dolore o sorpresa rende un uomo “un po’ meno uomo” di quanto non dovrebbe essere. Il “vero uomo” sarebbe infatti quello impassibile, impenetrabile, non emotivo – tipo Clint Eastwood, con le sue due espressioni: con la sigaretta e senza – laddove l’emotività è stata per secoli fraintesa con la tendenza (peraltro del tutto rispettabile) a commuoversi facilmente. C’è un’unica emozione considerata “virile”, ed è la rabbia: forse anche per questo alcuni uomini invece di dire “ho paura” oppure “sono triste”, diventano violenti.
PICK UP ARTIST
Secondo gli studi svolti sull’argomento, la community degli Incel nasce – per protesta – da quella dei “Pick up Artist”, espressione traducibile all’incirca come “gli artisti del rimorchio”: guru che “insegnano” a uomini timidi o inesperti come sedurre le donne, facendosi pagare lautamente per i preziosi “consigli”. Nel film Magnolia (1999) di Paul Thomas Anderson, uno sconcertante Tom Cruise interpreta magistralmente proprio un Pick up Artist di successo.