David Maria Turoldo, il poeta di Dio che emozionava le folle

Il 6 febbraio 1992 moriva il grande teologo, filosofo e scrittore. Lo ricordiamo con Bepi De Marzi, compositore che ha dato musica alle parole del frate

Di Giuseppe Zois

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Ieri all’ora nona mi dissero:
il Drago è certo, insediato nel centro
del ventre come un re sul trono.
E calmo risposi: bene! Mettiamoci
in orbita: prendiamo finalmente
la giusta misura davanti alle cose;
con serenità facciamo l’elenco:
e l’elenco è veramente breve.

Appena udibile, nel silenzio,
il fruscio delle nostre passioncelle
del quotidiano, uguale
a un crepitare di foglie
sull’erba disseccata.
“Ora nona” in Canti ultimi (Garzanti, 1991)

Non c’è chi non si sia commosso ascoltando Signore delle cime. Il suo autore è Bepi De Marzi, musicista, compositore, direttore dei “Crodaioli”, con i quali ha tenuto concerti storici memorabili. Bepi De Marzi, che conosce bene il Ticino e che ha intrattenuto una feconda collaborazione con la ‘Vos da Locarno’ e il direttore Fernando Bonetti, è stato un amico fraterno di Padre David Maria Turoldo. Per il frate intellettuale, che ha dato nuova linfa ai Salmi e linfa primaverile alle liturgie, dovunque svolse il suo ministero su avamposti di innovazione, De Marzi ha firmato musiche dando robustezza e slancio all’ampia letteratura in prosa e rime turoldiane. Sinfonie convergenti sulle note del vento conciliare che vide fra i precursori con Turoldo nomi come Nazareno Fabretti, Abramo Levi, Camillo De Piaz, Ernesto Balducci, Alessandro Pronzato. In questa intervista schietta, senza perifrasi, Bepi De Marzi parla del suo commovente rapporto di uomo e musicista con il frate che cantava i suoi impeti di fratellanza.


© B. De Marzi
Giuseppe De Marzi, detto Bepi (classe 1935) è un musicista, compositore e direttore di coro italiano.

‘Melodie facili ma costruite bene’

Bepi De Marzi, che cosa ti piace ricordare, in particolare, di David Maria Turoldo?
“Dopo trent’anni ho soltanto voglia di piangere. L’hanno dimenticato, o addirittura ne osteggiano il ricordo, a cominciare dai suoi confratelli”.

Scrittore e poeta, figura di spicco nel mondo intellettuale, scomodo e profetico, gigante dello spirito. Tu che idea ti sei fatto di questo uomo?
“Era il poeta di Dio nato per l’emozione della folla. Dall’intimità dei suoi silenzi spandeva la sua voce alle assemblee, alle moltitudini. Voleva un canto dilatato, totale, con melodie facili, ma costruite bene, ispirate e memorizzabili per testi di altissima qualità. Evitava accuratamente il verseggiare in ai-ei-oi-ui che impazzava dopo il Concilio e che grottescamente ancora resiste; evitava le finali tronche, che diceva ‘sono naziste!’”.

Un cesellatore della parola e un musicista, organista, compositore e direttore di cori: quali erano i vostri rapporti, come vi intendevate?
“A Sant’Egidio di Fontanella, nell’intenso operare per il rinnovamento liturgico con le nuove versioni dei Salmi, collaborava con lui un giovanissimo e meravigliosamente ispirato musicista spontaneo, Ismaele Passoni, che nell’ambiente curiale milanese, lombardo, non era apprezzato, e proprio per la sua geniale naturalezza, vero dono di Dio! Così Padre David ha chiamato me a lavorare insieme a loro. Suonando e cantando le sue prime melodie, ho pianto di felicità”.


© Jo Locatelli
Un abbraccio tra il Cardinale Martini e Turoldo.

Fucina di incanti per i ‘Crodaioli’

Hai musicato qualcosa per lui?
“Ho seguito subito il suo impeto nel desiderio di bellezza. In quegli anni imperversavano i gruppuscoli giovanili con testi e musiche artificiose, frutto di un equivoco giovanilista che si dimostrava progressivamente fallimentare. E basti notare l’assenza dei giovani nelle attuali liturgie per capire quegli errori irreparabili. Con la sua stupenda poesia ho cantato la Mamma di Gesù nel Presepio, poi ai piedi della Croce. E sono nati tanti piccoli Magnificat anche per i miei Crodaioli”.

I Salmi sono l’eco della Parola di Dio: Turoldo s’era cimentato con la sua genialità e il suo rigore nel dare nuova linfa ai Salmi rifuggendo da ogni concessione alla moda e al banale. Tu sei a tua volta critico, anche severo, verso la parte della musica e dei canti. Immagino abbondanza di convergenze nel giudizio su certa modernità…
“In Italia e dintorni, la Chiesa oggi sprofonda nella banalità più desolante. Le Messe televisive fanno testo: cori improvvisati con gente nell’età di mezzo che canta con sciarpe colorate indossate per l’occasione, musiche incomprensibili e senza storia, ingiustificabili, commentatori inopportuni che le coprono, ma inconsciamente, celebranti che sussurrano o borbottano, lettori stralunati mandati all’ambone. Oppure vociatori solisti al microfono che imperversano nel mutismo dei pochi presenti. Anche da San Pietro in Vaticano, con i cori diretti da sbracciatori inguardabili, con le assemblee distratte o deambulanti nel chiacchiericcio delle navate, vengono pessimi esempi”.

In una sua poesia nei “Canti ultimi” parlava della vita che si apprestava “a rendere, nel canto” con il suo volto scavato e che sembrava già immerso in Dio…
“Aveva scritto: ‘Nulla chiediamo, se non di cantare: lodarti in nome di ogni creatura’”.

Turoldo parlava con insistenza della dignità dell’uomo, del suo valore, dell’irripetibilità perché ognuno di noi è unico. Secondo te, qual è la provocazione più forte che resta di lui, in questo tempo così scosso e frastornato?
“La commozione nella fratellanza. Era molto amico di Mario Rigoni Stern: insieme camminavano qualche volta nella vastità dell’altopiano di Asiago. Insieme dicevano ‘siamo tutti paesani’”.

E il suo messaggio più attuale?
“L’hai scritto anche tu nel tuo libro insieme a Pronzato in quel 1992: ‘Il coraggio di sperare’”.


© Jo Locatelli

UNA COSCIENZA CRITICA DENTRO LA CHIESA

Il 6 febbraio 1992 moriva a Milano David Maria Turoldo, frate dei Serviti, figura profetica della Chiesa, scrittore, poeta, ricercatore infaticabile e riformatore. Era nato a Coderno il 22 novembre 1916: e 75 anni dopo, il 21 novembre 1991, il cardinale di Milano Carlo Maria Martini, consegnandogli il Premio Lazzati, gli chiese scusa a nome della Chiesa per le incomprensioni e i muri alzati contro un lungimirante seminatore dello spirito del Concilio. Coscienza critica, Turoldo si è battuto una vita “perché la verità sia libera”. Quando gli fu diagnosticato un implacabile cancro, mise ancor più forza nel testimoniare la speranza, viaggiando e interrogandosi sul mistero del dolore e della sofferenza. Senza diventeremmo più egoisti e cinici, fu l’ultima provocazione che lanciò anche da un convegno internazionale tenutosi a Bellinzona il 14 marzo 1991.


La copertina di un volume apparso nel 1992.

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