L’eresia? È una parte importante della nostra storia

Scegliere, anche dal punto di vista religioso, non è mai stato semplice e privo di conseguenze. Un recente volume ricorda alcune personalità

Di Roberto Roveda

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Le parole hanno una loro origine, un’etimologia. Spesso però la storia e le vicende umane, la tradizione oppure semplicemente l’uso comune fanno sì che alcuni termini assumano un significato diverso nel corso del tempo. Eresia è uno di queste. Deriva dal greco e significa “scelta”; chi compie un atto eretico oppure esprime opinioni eretiche fa una scelta, né positiva, né negativa, almeno dal punto di vista etimologico. Se però andiamo a guardare il senso che la parola eresia ha assunto nel corso dei secoli, vediamo che anche un comune dizionario la definisce: “Dottrina che si oppone a una verità rivelata e proposta come tale dalla Chiesa cattolica e, per estensione, alla teologia di qualsiasi Chiesa o sistema religioso, considerati come ortodossi”. L’eresia sarebbe quindi la via sbagliata, mentre gli eretici non sono più persone che scelgono, ma che errano.

La coscienza che diventa delitto

Va però detto che il processo che ha condotto a questa definizione non è stato sempre lineare, e lo stesso concetto di eresia – e con esso la figura dell’eretico – si è evoluto nel corso del tempo. Se infatti volgiamo lo sguardo ai primi secoli dell’era cristiana, notiamo che la lenta definizione del cristianesimo conduceva all’individuazione di un dogma e alla condanna dell’idea sconfitta esclusivamente sul piano dottrinale; in buona sostanza, potremmo dire che l’eresia era essenzialmente un crimine di coscienza. Tale prospettiva cambia radicalmente, dopo l’anno Mille, nei secoli centrali del Medioevo, quando il Papato rifiutava qualsivoglia forma di dissenso dogmatico o morale, equiparando l’eresia al più grave dei crimini politici, quello di lesa maestà, e avviando un progressivo processo di demonizzazione dell’eretico che divenne, al pari dell’infedele, uno strumento del Male nel mondo. Questa concezione dell’eresia attraversa buona parte della storia del cristianesimo e porta a profonde divisioni e lotte all’interno del mondo europeo che si riconosce nella dottrina cristiana. In passato la repressione dell’eresia non si limitò a pene canoniche, ma proprio in considerazione di quanto detto, si manifestò nella progressiva definizione di speciali tribunali per processare e condannare il dissenso, spesso anche con la pena di morte, giungendo a bandire vere e proprie crociate contro gli eretici.


Giovanna d’Arco: arsa sul rogo per eresia dagli inglesi nel 1431, venne riabilitata dalla Chiesa cattolica nel 1456 e dichiarata santa nel 1920.

Ortodossia o libertà di pensiero?

Scorrendo le vicende degli ultimi duemila anni assistiamo quasi costantemente a uno scontro tra i detentori di una buona e retta dottrina, l’ortodossia, e coloro che cercarono di volta in volta di ribellarsi a essa, di rivoluzionarla oppure di trovare una propria via per essere cristiani o semplicemente parte della società cristiana. Si svela quindi una dialettica costante tra due poli: da una parte si moltiplicavano le esperienze religiose e di vita in molteplici direzioni; dall’altra si manifestava spesso un’intolleranza ecclesiastica, ma anche delle istituzioni laiche, verso ogni forma di autonomia, in coerenza con l’idea che ogni aspetto della vita degli uomini e delle donne andasse in qualche modo inquadrato. Le modalità e l’intensità con cui questa coercizione del dissenso è avvenuta, variano per epoche e luoghi diversi, con una costante: il potere tende a riconoscersi e a favorire strutture sociali precise in quanto normate e regolamentate in modo rigido, e si legittima oggi come allora ricercando nemici interni o esterni sui quali scaricare la responsabilità delle disgrazie individuali e dei mali collettivi. La società deve essere, quindi, legata a un sistema di valori immediatamente identificabili e riconoscibili, perché nettamente definiti e privi di zone d’ombra. Questo è molto evidente nel Medioevo: quella medievale era una comunità sacra, in quanto totalmente cristiana, una chiesa abitata da laici e chierici; una società in cui tutti gli aspetti della vita dovevano essere vissuti in modo collettivo, in compartecipazione con il gruppo sociale di appartenenza (corporazione, ordine religioso, ceto sociale). L’uomo medievale si riconosceva in questo tipo di struttura sociale, era legato al conformismo e diffidava di ogni tipo di difformità comportamentale e di aspetto. Da questo punto di vista ogni comunità umana era eccezionalmente chiusa, impermeabile ai mutamenti, legata a un clima di insicurezza materiale e mentale che richiedeva costanti punti fermi e sospettava di tutte quelle persone che coscientemente, o meno, sembravano minacciare l’equilibrio sociale.

Sovvertitori della società?

Espressione di questa fragilità e insicurezza era la predilezione per i ragionamenti manichei, che trovavano espressione nel principio di autorità – della Chiesa, del sovrano, del principe – e in una concezione gerarchica dei rapporti sociali. Ogni tentativo di sfuggire agli schemi e alle situazioni fissati dalla nascita veniva avvertito come un atto contro Dio e l’ordine sociale da Dio stabilito. È evidente come, in un sistema sociale di questo tipo, l’eretico divenisse immediatamente un sovvertitore dell’ordine stabilito da Dio prima ancora che dagli uomini. E contro questi sovvertitori il potere fu spesso implacabile, anche se non mancarono tentativi di riassorbire l’eterodossia nell’ambito dell’ortodossia. Certamente l’età moderna pone interrogativi altrettanto complessi: l’uomo nuovo rinascimentale si sarebbe infatti scontrato con la caccia alle streghe e alle credenze popolari, le istanze riformistiche dei protestanti avrebbero palesato episodi di intolleranza non meno severi di quelli da cui si erano allontanati, il secolo dei Lumi e lo Stato Moderno avrebbero visto la loro nascita nel rogo di Giordano Bruno, nel processo a Galileo e al ‘Metodo Scientifico’ e faticosamente avrebbero elaborato tentativi – teorici prima e pratici in seguito – di tolleranza religiosa.


Galileo Galilei: sottoposto a processo per eresia dall’Inquisizione, fu costretto ad abiurare le sue idee nel 1616.

Quesiti a cui non si può sfuggire

Rimangono allora due domande classiche che hanno risposte scomode, destinate a far riflettere: come ha potuto la religione nuova, dell’Amore di Dio testimoniato dal sacrificio di Cristo messo a morte come bestemmiatore e ribelle da autorità religiose, trasformarsi in carnefice di uomini e donne testimoni di una religiosità diversa? Chi erano gli eretici e le eretiche? Alla seconda possiamo rispondere – attraverso le loro vite, i loro sogni, anche i deliri, le loro sconfitte (molte) e le loro vittorie (poche, ma di grande importanza) – affermando che si trattava di ribelli, rivoluzionari, a volte di santi, ma nella maggior parte dei casi di uomini e donne con una spiccata sensibilità individuale che faticava a riconoscersi nel conformismo. Erano però soprattutto uomini e donne in carne e ossa, da non esaltare in maniera acritica, quasi animati da un anticlericalismo pregiudiziale. Personalità con i loro pregi e difetti, talvolta pronti a diventare a loro volta custodi della dottrina non appena la loro eresia fosse diventata a sua volta una nuova ortodossia. E in queste nuove vesti pronti quindi a colpire i nuovi eretici che si presentavano sul palcoscenico della storia. Perché il potere è subdolo e come ruggine corrompe anche il metallo più puro. E questo risponde almeno in parte alla prima domanda che ci siamo posti. Rimane però una certezza di fondo, inoppugnabile e ben affermata da Sébastien Castellion, umanista e teologo francese del Seicento, tra i primi e più importanti sostenitori della tolleranza religiosa: “Uccidere un uomo non è difendere una dottrina, è uccidere un uomo”.


Il teologo lucernese Hans Küng (1928-2021). Nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede gli aveva revocato la ʻmissio canonicaʼ, lʼautorizzazione allʼinsegnamento della teologia cattolica. Negli anni a seguire Küng criticò sovente lʼoperato della Congregazione per la dottrina della fede durante il pontificato di Giovanni Paolo II, accusandola di essere il braccio repressivo e di epurazione delle voci critiche allʼinterno della Chiesa.

IL SANT’UFFIZIO E I CASI PIÙ RECENTI

Tra Ottocento e Novecento, la Congregazione del Sant’Uffizio, l’organo preposto fin dal Cinquecento al contrasto dell’eresia, continuò a procedere contro individui accusati di simulata santità. Uno dei casi più famosi fu quello di padre Pio da Pietrelcina, contro cui già nel 1921 intervenne la Congregazione che non riteneva soprannaturali i fatti a lui attribuiti. Al frate venne proibito di dire messa in pubblico e dal 1924 di incontrare i fedeli. Nel 1931 fu sospeso a divinis e nel 1960-1961 diventò oggetto di altre visite del Sant’Uffizio in relazione ad accuse di dubbia moralità con alcune donne e poca chiarezza nella gestione economica dell’ospedale da lui creato. Solamente nel 1983, la Congregazione cessò la sua opposizione al cappuccino deceduto nel 1968 e si avviò il processo di canonizzazione, concluso nel 2002 per volontà di Giovanni Paolo II, personalmente devoto di padre Pio e fautore di un’inclusiva politica della santità. Con il Concilio Vaticano II e l’apertura della Chiesa al mondo moderno, anche la Congregazione del Sant’Uffizio ha subito importanti modifiche pur mantenendo sostanzialmente le sue competenze. È diventata la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta da un prefetto e non più direttamente dal papa. Da un lato essa ha il compito di promuovere la dottrina della fede; dall’altro quello di tutelarla. Nel secondo Novecento, le più significative concezioni condannate come eretiche sono state alcune idee del teologo lucernese Hans Küng (1928-2021) nel 1975, cui fece seguito la revoca della missio canonica (ovvero dell’autorizzazione all’insegnamento della teologia cattolica); aspetti della teologia della liberazione nel 1984; gli scritti di Leonardo Boff su potere e carisma nella Chiesa nel 1985; le idee di Edward Schillebeeckx (1986) e del gesuita Anthony de Mello (1998).

IL LIBRO

Uomini e donne colpevoli solo di professare idee e interpretazioni della religione diverse da quelle ufficiali furono trasformati nel simbolo del Male nel mondo: da Ario e Pelagio a Federico II e Galileo, dai catari fino alle streghe. Ne I grandi eretici che hanno cambiato la storia pubblicato da Newton Compton (2021), Michele Pellegrini e Roberto Roveda – storico medievalista e autore delle riflessioni proposte in questo contributo – ricostruiscono nel volume la storia delle più grandi eresie di sempre, attraverso il racconto delle vite sogni, deliri, vittorie e sconfitte degli uomini e delle donne che se ne sono fatti portavoce.

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