Un diritto e un rovescio con Susan Bandecchi

Quando le si chiedeva cosa volesse fare da grande, la sua risposta era decisa e di pancia: “La cantante!”. Poi è arrivata la racchetta…

Di Natascia Bandecchi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato settimanale de laRegione

È nata il primo luglio 1998 a Lugano, pochi minuti dopo lo scoccare della mezzanotte. Da quando aveva 5 anni il tennis è entrato nelle sue cellule, e oggi è una tennista svizzera classificata al numero 197 nella WTA (Women’s Tour Association). Sua mamma Gilda è cilena e il suo babbo Thomas ha sangue sia pisano che bernese. Ha un fratello, Nicolas di 18 anni, ed è fidanzata con Andrea (galeotto fu proprio l’amato tennis). Da piccola voleva fare la cantante, ama leggere e non sa stare senza musica: Giorgia, Tiziano Ferro e Sam Smith in vetta alla sua classifica personale. Le piacerebbe migliorare le sue doti in cucina, ogni tanto ci prova ma con scarsi risultati. Non sopporta il freddo e ha paura della morte: la destabilizza non sapere cosa ci sia al di là della soglia della vita. Quando ci pensa le viene una sorta di ansia, ma, da qualche parte dentro di lei, sente che esiste qualcosa di impalpabile ʻnell’altroveʼ.

L’emozione c’è: zia (io che scrivo) e nipote (lei che si racconta). Se chiudo gli occhi la vedo bimba, mentre canta in ogni dove “di sole e d’azzurro”, canzone di Giorgia, che arrivò al secondo posto (dietro “Luce, tramonti a nord est” di Elisa). E pensare che quando le si chiedeva cosa volesse fare da grande, la sua risposta era decisa e di pancia: “La cantante!”. Al posto di un microfono, la vita le ha fatto tenere in mano una racchetta da tennis che Susan maneggia sapientemente. Pensando alla sé piccola ricorda: “Ero estroversa e profondamente legata alla mia famiglia. I nonni – sia paterni sia materni – sono stati molto presenti nella mia crescita. Oggi questo legame è ancora forte nonostante viva a Milano da sette anni e sia spesso in giro per il mondo”. Confermo che Susan è sempre stata una bimba luminosa, allegra e attenta al benessere altrui. Ricordo le sue prediche a chi fumava esclamando: “Qui non si fuma e non si sigara”. Era impossibile non scoppiare in una fragorosa risata.


© Marc Schmassmann
Il tennis, un amore innato.

Insicurezza

La nostra chiacchierata si svolge nella cameretta di Susan, quella dove è nata e cresciuta. Appiccicati al vetro della finestra ci sono adesivi di Winnie The Pooh e compari. Una cornice autografata da Irene Grandi – idolo della zia che ha portato un souvenir agli amati nipoti dopo una sua intervista–, poster di Federer come non ci fosse un domani. Libri vari degli anni Settanta (eredità di suo papà Thomas un po’ secchione). Susan mi guarda riflettendo sul fatto che, se potesse tornare indietro, cambierebbe qualcosa: “Ero piuttosto insicura fino a qualche anno fa, con il tempo ho imparato a farmi scivolare addosso paure che erano dettate da un mio senso di inadeguatezza”. Mentre gioca a tennis – nel 2021 ha pure conquistato la terra battuta dei ‘Roland Garros’ – non si direbbe sia stata una ragazzina insicura: “Sul campo mi trasformo anche se devo fare i conti con questo mio lato più vulnerabile che sento si accende per insegnarmi tanto di me stessa”.

Scelte

A 16 anni Susan, grazie al sostegno dei suoi genitori, sceglie di mollare tutto e realizzare il suo sogno di diventare una tennista professionista. Via dalla cameretta di Montagnola con Winnie, via dal Liceo, via dai manicaretti fatti da mamma Gilda… “Se ci ripenso mi sembra inverosimile, ero così giovane – non che ora sia una matusa – ma già mi sentivo avanti rispetto alla mia età anagrafica. Non è stato semplice, ma volevo giocarmela fino in fondo: si sono aperte le porte dell’Accademia di Tennis di Milano e lì, per la prima volta, sentivo di essere nel posto giusto. Ho imparato a cucinare (diciamo dignitosamente), a convivere con altre persone, girare per Milano da sola. All’inizio avevo un po’ di strizza, soprattutto quando si trattava di girare con il metrò ma, dopo poco, mi sentivo come al Luna Park”.
Susan sta con Andrea da cinque anni. Lui ha un’irresistibile accento emiliano e gli occhi che ridono. Il tempo per stare insieme non è molto ma, per fortuna, ci sono le videochiamate e l’infinito appoggio di Andrea che comprende la vita della sua amata. “So che non è semplice stare con me, sono spesso in viaggio, io vivo a Milano, lui a Reggio Emilia. Quando la mia carriera ha preso il volo ci sono stati un po’ di scossoni nella nostra relazione, ma ci siamo confrontati e abbiamo scelto la via del ‘noi’. Scegliamo ogni giorno di stare insieme. Lo ringrazio per la sua fiducia”.


© Imago/S. Bandecchi

Provateci

Lo sport agonistico è fatto da: sacrificio, impegno, sudore, vittorie e batoste. Ci si misura costantemente con il giudizio degli altri e, forse, il giudice più grande che si portano dentro molti sportivi, è quello interiore. “Ho sempre voluto giocare a tennis, non ho rimpianti e quello che posso dire ai ragazzi più giovani di me è: provateci, provateci e provateci. Magari non diventerò chi sogno di essere in ambito tennistico, ma per ora mi concentro sul presente e sul piano A. Per il piano B ho sempre tempo”.

Tra una ventina d’anni

Come ti vedi alla mia età, le chiedo? Puoi dire per esempio: bella e giovanile come la zia, le chiedo scherzando: “Beh, portare bene gli anni come te, ovvio! Aggiungerei che mi piacerebbe avere una casa con al mio fianco Andrea, magari con dei figli, un campo da tennis in giardino ed essere riuscita a coronare i miei sogni. In due parole: sentirmi felice di chi sono”.

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