Gli antivaccinisti al tempo del vaiolo (correva l’anno 1931)

“Il pro e il contro nella scienza sono (…) pesati e sempre soggetti a controllo. I controlli poi sono infiniti in una scienza pratica come la medicina”

Di Mauro Stanga

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato del sabato a laRegione

‘La storia non ha nascondigli’ cantava Francesco De Gregori in un brano a sua volta sulla buona via per diventare ‘storico’ (anno di grazia 1985). Così può capitare che, spulciando la stampa ticinese di 90 anni fa, riaffiori un interessante e infuocato dibattito scoppiato a proposito dell’obbligo vaccinale contro il vaiolo, decretato a livello federale nel 1923.

Prima di addentrarci nella polemica nata in Ticino, è utile rammentare un “Ammonimento d’igiene pubblica”, reperibile sul Giornale del Popolo del 22 dicembre 1926, in cui il protrarsi dell’epidemia viene associato alla decisione di alcuni cantoni svizzero-tedeschi di abolire sul proprio territorio l’obbligo vaccinale. Citiamo: “Quelle regioni che la respingono costituiscono altrettanti focolai di infezione. E questi sono sempre i medesimi e trovano la loro persistenza in una propaganda tenace e irragionevole contro la vaccinazione. Le stesse Autorità sanitarie devono talvolta cedere di fronte a pregiudizi che urtano contro la evidenza dei fatti e costituiscono una sfida al buon senso. Mentre in alcuni Cantoni l’epidemia non è ancora spenta, altri Cantoni ne andarono indenni. Questi dove trovarono la loro arma di difesa? Non vi ha dubbio che furono difesi dalla vaccinazione obbligatoria diligentemente praticata. La Svizzera italiana e romanda ebbero in tal modo un premio per la loro previdente legislazione”.


Da ‘Libera Stampa’, 14 maggio 1925.


© lanostrastoria.ch
Mendrisio, prima metà del Novecento.

E non era mica ieri. Eppure…

Ricostruito il contesto, veniamo ora al dibattito ticinese del 1931, quando un tale Mario Pasta di Mendrisio si mise in testa che quel vaccino era pericoloso, che chi lo promuoveva lo faceva per interessi economici e personali e che molto più efficaci sarebbero state cure naturali a base di argilla, verdure e granaglie. Per diffondere il verbo mise su una “Società di igiene”, a nome della quale iniziò a scrivere lettere ai giornali e a organizzare incontri pubblici. Contro questa offensiva fecero prontamente ed efficacemente muro le autorità e membri della comunità scientifica e medica, dando vita a gustosi botta e risposta a mezzo stampa, di cui riproduciamo di seguito alcuni stralci che ci sembrano indicativi.
Le idee e l’approccio di Mario Pasta possono essere riassunti citando i seguenti passaggi di una sua lettera pubblicata su Libera Stampa il 26 febbraio 1931: “A certi accademici, chiusi nel loro dogma come l’ostrica nel guscio, abituati a far uso unilaterale del loro intelletto, soffocando a torto l’appunto del loro istinto, non può essere chiesto di comportarsi diversamente. Ciò è tanto più difficile quanto più domina in loro la supponenza. Quando si comprenderà che – accademici o meno – siam tutti pari di fronte ai segreti della vita ed alla percezione dei mezzi più adatti alla conservazione della salute? I popoli aspirano a far uso di maggior senso critico ad istruirsi ed intuire in ogni campo e con ogni mezzo, onde rendersi liberi anziché costituirsi a gregge belante ai piedi d’autoritari che dotati di un diploma universitario e di una data vernice colturale, pontificano. E giacché si viene a dei confronti offensivi e ingiusti fra le due Società di Igiene esistenti, chiamando una la vera e l’altra no, l’una scientifica e l’altra ciarlatanesca, si sappia che non il nome od i titoli dei componenti costituiscono l’utilità pratica di una Società. L’albero si riconosce dai frutti che porta! Così una, la ‘Società svizzera d’igiene’ (la scientifica) tratta la cura degli ammalati a base di medicinali e sieroterapia, trascurando od attribuendo un valore secondario alla dietetica e alle cure naturali preventive. L’altra invece, la ‘Società d’igiene di Lugano’, procura con ogni mezzo d’istruire la popolazione nell’arte di conservarsi sani, mediante la dietetica e le cure naturali d’ogni genere, senza dover usare a titolo preventivo medicinali o sieri qualsiasi. Attribuendo gli aderenti di detta Società grande importanza alla purezza del sangue, regolano in conseguenza il loro regime di vita e si rifiutano all’avvelenamento legale pseudoscientifico del loro sangue col marciume derivante da un animale infetto, come avviene nella vaccinazione”.


Da ‘Libera Stampa’, 1. marzo 1931.

L’intervento dello Stato

A queste posizioni reagiscono prontamente le autorità e l’allora medico cantonale, anche proibendo lo svolgimento di una conferenza sul tema presso il Liceo di Lugano. Particolarmente sentite sono le reazioni inviate alla stampa dal dottor Edoardo Barchi, titolare di uno studio medico a Bellinzona, che contesta l’interpretazione delle “inconfutabili statistiche” citate dal Pasta, dopo aver fatto queste premesse: “Ho sostenuto, nei miei precedenti articoli, che una questione delicata ed essenzialmente tecnica, come quella della vaccinazione, non doveva essere portata nell’arringo pubblico, bensì lasciata ai circoli professionali e competenti. (…) Tutti sanno che la scienza non si è mai dichiarata né infallibile, né dogmatica. Il pro e il contro nella scienza sono scrupolosamente pesati e sempre soggetti a controllo. I controlli, poi, sono infiniti in una scienza pratica come la medicina”.
La chiusura di questa vicenda la troviamo in prima pagina sul Dovere del 21 gennaio 1932, quando il Consiglio di Stato dichiara di avversare l’istanza emessa dalla Società d’igiene di Lugano tendente all’abolizione della vaccinazione obbligatoria sul suolo ticinese, adducendo anche le seguenti motivazioni: “Le probabilità di morire per ‘vaccinazione’ sono infinitesimali in confronto della possibilità di morire per vaiolo. Così le probabilità di morire di paratifo mangiando salsicce o di morire per tifo mangiando insalata cruda, sono enormemente superiori a quelle di morire per vaccinazione. Se dei cibi quotidiani dovessimo avere un timore proporzionato a quello che da certa parte vien predicato contro la vaccinazione, non ci resterebbe che morir di fame per timore di… morire. Chi combatte la vaccinazione non sa cosa è il vaiolo e che cosa sia stato. Rileviamo solo che recentemente l’Inghilterra ha nuovamente introdotto l’obbligo della vaccinazione abolendo una “famosa clausola” che permetteva a molti cittadini di non subirla”.
Non ci resta che concludere, a nostra volta, con un altro estratto dalla canzone citata in apertura: “La Storia dà torto e dà ragione”. E quali fossero, nel dibattito in questione, l’una e l’altra parte, lo chiariscono gli esiti di quella campagna vaccinale, che permise di lì a qualche anno di debellare il vaiolo.


Da ‘Gazzetta Ticinese’, 30 maggio 1931.

Nota: i ritagli di giornale proposti in questa pagina sono stati reperiti e sono consultabili grazie all’ottimo Archivio digitale dei quotidiani e periodici del Sistema bibliotecario ticinese (sbt.ti.ch/AQP). A corredo riproduciamo in queste pagine un comunicato del Circolo medico di Lugano e dintorni (‘Libera Stampa’, 1. marzo 1931); uno del medico cantonale Percy Tomarkin (‘Gazzetta Ticinese’, 30 maggio 1931) e una convocazione alla vaccinazione obbligatoria del 1925, in cui si specifica che “tutti i vaccinandi dovranno aver subito un bagno e indossare biancheria di bucato” (‘Libera Stampa’, 14 maggio 1925).


© lanostrastoria.ch
Mendrisio, prima metà del Novecento.


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Mendrisio, metà del Novecento.

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