I taccuini di Gabriele Genini, creatore dʼimmagini e di sogni

Classe 1981, vive tra la Toscana e la Svizzera. Originario di Osogna, utilizza le immagini per raccontare il fascino dei suoi viaggi tra Europa e Asia

Di Martina Parenti

Pubblichiamo un articolo apparso sabato su Ticino7, allegato a laRegione.

Di cosa parliamo quando parliamo di un artista? Come fare a darne una definizione aderente alla realtà ed esaustiva, senza rischiare di scadere nell’uso di parole trite e ritrite? Potrebbe venirci in soccorso Taboo, il gioco in scatola in cui ogni giocatore deve far indovinare un termine ai membri della propria squadra senza però utilizzare una serie di vocaboli correlati a esso. Se la parola fosse artista probabilmente dovremmo evitare come la peste quadro, arte, creativo, pittura, scultura, artistico e forse anche Caravaggio, lanciandoci in definizioni pindariche e strampalate ma forse più originali di quella data dalla Treccani (che a Taboo avrebbe perso subito). Diciamo che un artista è un creatore di immaginari, un viaggiatore nel tempo e nello spazio, un risuonatore di anime, un artigiano che ha sempre qualcosa per le mani, pronto a trasformarla in altro. E Gabriele Genini risponde proprio a queste definizioni. Quando lo contatto, lo scorso dicembre, l’intervista lo interrompe nella costruzione di un presepe, più simile in realtà a una stupefacente città di bambole fatta di casette con finestra e pavimento di mattonelle, pareti affrescate, tavole apparecchiate, pozzi e torrenti. Un piccolo capolavoro creato con la compagna Gaia per pochissimi spettatori.


© G. Genini

Disegnatore, fumettista, illustratore e insegnante

Gabriele non ha mai avuto dubbi su come usare il suo tempo e, subito dopo le medie, ha cominciato gli studi alla Scuola del fumetto di Milano. E così, quindicenne, da Osogna viene catapultato in una grande città, condivide la casa con ragazzi molto più grandi e si trova faccia a faccia con un mondo completamente nuovo, ricco di grande fermento culturale e artistico. Tra il 1995 e il 2000 Milano brulica di mostre, cinema d’essai e fumetterie frequentati da giovani artisti a caccia di nuovi autori e soggetti da cui prendere spunto.
I cellulari non esistono ancora e l’unico modo per estendere le proprie conoscenze è quello di uscire, frequentare diversi luoghi, acquistare libri e cavarsela senza l’aiuto di un motore di ricerca in grado di soddisfare all’istante tutte le domande. “Il primo impatto con Milano è stato scioccante – racconta Gabriele –; da bravo svizzero andavo in giro con mappa e bussola a esplorare la città. Partivo cercando un indirizzo preciso e da lì mi muovevo. I miei primi coinquilini poi erano personaggi folli… tutti sopra i trent’anni e con abitudini totalmente diverse dalle mie. Sono stati un’ottima scuola di vita. Mi hanno sempre trattato da adulto, dandomi una mano con il disegno e ascoltando le mie idee. Purtroppo dopo un anno ho dovuto cambiare casa; la fidanzata di uno di loro portò a casa un cagnolino con la passione della carta che smozzicava tutte le mie tavole da disegno”. Agli anni milanesi seguono quelli dell’Accademia delle Belle Arti di Firenze, dove l’approccio al disegno e alla pittura è completamente diverso e il fumetto viene considerato dagli insegnanti una forma d’arte minore che è meglio non assecondare. 


© G. Genini

In viaggio, matita alla mano

E così le diverse scuole cominciano una coesistenza al principio forzata e scomoda, dove l’anima del fumetto cerca di sbucare dalla pittura a olio, per poi fondersi dando vita a un mix originale in cui i tratti più vignettistici si affiancano a stili pittorici classici, appartenenti al mondo di tele e cavalletto. I taccuini di viaggio di Gabriele sono un felice esempio di questa combinazione: pagine e pagine un po’ alla Hugo Pratt di disegno libero a china, a matita, a pennarello o ad acquerello che immortalano paesaggi, strade, persone, piazze. Cambogia, Vietnam, Myanmar, Turchia, Giappone, Laos: squarci di vita vissuta nati da un diverso modo di viaggiare e osservare. Fermarsi lungo il percorso per uno schizzo dà un altro ritmo al viaggio e apre un dialogo con le persone del posto, spesso incuriosite da uno straniero che, invece di scattare una foto e andarsene, tira fuori carta e colori: “Nei Paesi asiatici le persone dopo un po’ si avvicinano, vogliono toccare il disegno, danno consigli. Una volta in India io e Gaia ci siamo imbattuti in una bandella militare che faceva jazz in un vecchio forte. Appena tiro fuori il mio taccuino uno di loro si avvicina e a gesti mi fa capire che vorrebbe un ritratto. Così si mette in posa mentre io faccio uno schizzo del volto. Era meraviglioso, con questi baffoni a manubrio. Quando glielo mostro, insieme alla meraviglia noto nel suo sguardo una punta di delusione. Solo allora mi viene in mente che mentre disegnavo non faceva altro che accarezzarsi con orgoglio il cinturone. Probabilmente ci teneva che entrasse anche lui nel ritratto!”.


© G. Genini

ʻI giovani sono strepitosiʼ

Nati un po’ per divertimento, i taccuini sono diventati ottimi compagni di viaggio e parte fondamentale dell’opera di Gabriele. Quello sul Giappone è stato commissionato dalla Fondazione Balli, che nel 2009 ha premiato l’artista e finanziato il viaggio. Ci sono poi le illustrazioni per la casa editrice White Star, le incisioni e le esplorazioni artistiche con gli adolescenti. Da ormai dieci anni Gabriele sale dalla Toscana – dove abita fin dai tempi dell’Accademia – per trascorrere i mesi estivi in Ticino, portando i ragazzi dei corsi di Lingue e Sport a scoprire e disegnare il territorio. Fattorie, monumenti, fiumi, sentieri dal Mendrisiotto al Bellinzonese sono occasioni per stare all’aria aperta e riprendere un contatto con la natura: “Gli adolescenti sono strepitosi e il disegno è un ottimo modo per agganciarli. Funziona. Insieme abbiamo creato dei sottopiatti illustrati che rappresentano varie regioni del cantone, stampati insieme agli enti regionali del turismo. In un grotto a Osogna li usano ancora”. Per definire correttamente un artista servono tante parole. E il concetto di viaggio può essere un buon punto di partenza per addentrarsi in un mestiere complesso e poliedrico, in grado come pochi di esplorare territori e mostrare luoghi sconosciuti dell’anima come del mondo.


© G. Genini

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