Informazione. La via dei “social” alternativi

Preservare la razza, cospirazioni, teorie pseudoscientifiche, complotti. Il mondo dell’internet è diventato un immondezzaio? Fortunatamente no…

Di Federica Cameroni

Pubblichiamo un articolo apparso (viste le festività) giovedì su Ticino7, allegato a laRegione.

Negli ultimi mesi, soprattutto a causa delle limitazioni imposte da Twitter per evitare la diffusione di bufale, molti utenti sono stati costretti a migrare su piattaforme alternative. È così che è stato preso d’assalto Parler, il Twitter color magenta. Fondato nel 2018 da John Matze e Jared Thomson, Parler ha raggiunto i 4 milioni di utenti attivi a novembre 2020. L’Anti Defamation League in un suo rapporto ha individuato numerosi contenuti problematici promossi apertamente su Parler (QAnon, neonazisti, ProudBoy, suprematisti bianchi). Effettivamente è bastato aprire la piattaforma per poter vedere tutto ciò con i miei occhi: pur senza impostare preferenze, i contenuti che mi sono stati proposti erano tutti sui generis. Tanto che, quando Parler mi ha consigliato di seguire Ted Cruz ho pensato: “Finalmente una persona moderata”. I fondatori sostengono che dovrebbero essere gli stessi utenti, tramite dibattito pubblico, a scoraggiare la pubblicazione di ciò che non ritengono adatto. Vi è però il forte sospetto che questi siano vicini alle posizioni dei loro attuali utenti, sospetto dovuto alle loro prese di posizione in occasione delle manifestazioni del movimento Black Lives Matter. Parler lanciò una campagna contro Twitter (#Twexit), reo di censurare i contenuti dei suprematisti bianchi, invitando gli utenti a migrare sulla loro piattaforma ed esprimersi liberamente.  

Indipendenti (ma non troppo)

Anche peggiore il “caso Gab” , piattaforma fondata nel 2016, la cui applicazione era inizialmente ospitata dagli app store di Ios e Android. Il neonazismo su Gab veniva promosso senza veli e, fra i suoi utenti, risultava Robert Bowers: l’autore della strage nella sinagoga di Pittsburgh. La piattaforma venne così censurata dagli app store e costretta a migrare. Sulla stessa linea d’onda troviamo: PewTube, il canale Youtube dei fanatici delle armi; Metapedia e Conservapedia, enciclopedie razziste e negazioniste (non solo del virus, si concentrano più sul negare l’Olocausto); Good Gopher, il motore di ricerca con l’algoritmo cospirazionista o Wasp.love: l’applicazione d’incontri (come Tinder) per nazionalisti bianchi “che amano la razza e vogliono procreare”.
In altri casi, nonostante le buone intenzioni iniziali, son state alcune decisioni considerate poco coerenti a far fuggire parte degli utenti. È ciò che è successo con Ello, “la piattaforma dei creatori”. Nato in opposizione al modello di social media basato sulle pubblicità, fu al centro di uno scandalo quando si scoprì che i fondatori avevano accettato un lauto finanziamento da una società di capitali di ventura. Inoltre, sebbene non l’avessero mai nascosto, il fatto che i dati degli utenti relativi agli acquisti fossero condivisi con terze parti aveva aumentato lo scontento generale. Nonostante i numerosi esempi di antagonisti di Facebook che non sono riusciti a prendere piede (o hanno preso una direzione discutibile), la dittatura algoritmica attuata dai “grandi” social network resta un problema serio, non solo per chi vuole esporre opinioni che rasentano l’illegalità. 

Una rete decentralizzata: i Fediversi

Il progetto dei Fediversi è leggermente differente da quello degli altri social network alternativi, nati per garantire la privacy e/o l’assenza di censura: prima di tutto perché si tratta di un insieme di Social Media e non di uno solo, secondariamente perché questo insieme è formato da una moltitudine di micro comunità che funzionano secondo il principio dell’autogestione. Il primo Social diverso (Identi.ca) risale al 2008; nel 2011 la rete si ampliò anche grazie al passaggio a un nuovo Software, fino ad arrivare al 2018 e al rilascio di Activity Pub che migliorò l’interoperabilità tra le piattaforme. Activity Pub è un protocollo di comunicazione aperto e standardizzato che, in parole semplici, potremmo definire come “la lingua parlata” dalla maggior parte dei Social Network presenti in questo universo, anche se non è l’unica (i siti internet solitamente “parlano HTML” e Facebook una lingua sua).
L’idea di fondo dei Fediversi è che ognuno dovrebbe poter avere uno spazio in cui fare quello che gli pare, con gli individui che, come lui, ritengono che quelle cose siano giuste. Non evitano la censura, ma prevedono che ogni comunità (Istanza) possa attuare la propria. Gli utenti possono scegliere a quale Istanza partecipare; oppure, nel caso abbiano un minimo di competenze tecniche, crearsene una. Non garantiscono un criptaggio sofisticato, ma evitano che i dati degli utenti siano centralizzati in un unico posto: a ogni Istanza corrisponde un piccolo server che processa una piccola mole di dati. Non vi sono pubblicità o algoritmi che suggeriscono quali amici avere, cosa guardare e cosa leggere; ma una serie di possibilità di costruirsi la propria entità digitale su misura, scegliendo anche quali altre istanze bazzicare o escludere. In pratica è come se al posto di avere un social network unico chiamato Facebook, questo fosse composto da tantissimi piccoli Facebook gestiti con regole diverse, accomunati per lo più da una medesima interfaccia grafica e dalla possibilità di utilizzare le medesime funzioni. I piccoli Facebook, oltre a poter comunicare fra loro, avrebbero anche la possibilità di interagire con le micro comunità che compongono, per esempio, Instagram o Twitter. Nei Fediversi esiste un’alternativa a quasi qualsiasi social media noto: PeerTube è la versione diversa di YouTube, Pixelfed ha le stesse funzioni di Instagram, Funkwhale permette di ascoltare musica, Friendica e Hubzilla potrebbero essere paragonati a Facebook; mentre per sostituire Twitter esistono Pleroma, Hometown e Mastodon. 

Decentralizzare aiuta…

Mastodon è forse la piattaforma che ho trovato più intuitiva fra le varie, anche per la somiglianza con la versione originale e la semplicità nel trovare un’Istanza che parlasse la mia lingua. Filippo Della Bianca gestisce l’istanza Mastodon.uno assieme
ad altre cinque persone. Gli ho chiesto come facessero a evitare di diventare un duplicato di Parler; Filippo ha risposto che nella sua Istanza non hanno mezze misure ed eliminano i post che violano i loro termini e condizioni non appena li vedono (sono più clementi quando credono che i contenuti derivino da una cattiva informazione più che da cattive intenzioni). Non nega che su Mastodon esistano gruppi problematici e porta l’esempio di Gab, il gruppo di neonazisti migrato dall’omonimo social network. A causa della decentralizzazione bloccarli in assoluto è impossibile, dunque il gruppo continua a esistere, ma è stata presa una posizione a livello globale così da estromettere Gab da praticamente qualsiasi altra Istanza. Gab resta ed è pure molto popolata, ma il fatto che siano un circuito chiuso impedisce loro d’inquinare l’ambiente altrove, fare proselitismo o bombardare di bufale utenti ignari.
E se è vero, come dice lo stesso Filippo, che i gestori di un’Istanza potrebbero essere considerati “dei piccoli dittatori del loro mondo” , è anche vero che questa si può abbandonare per migrare verso nuove istanze, pur mantenendo inalterato il proprio profilo (seguaci, seguiti, post…). Le lamentele mosse nei confronti dei Fediversi riguardano per lo più la carenza di utenti, fattore che ha spinto alcuni pionieri ad abbandonare in fretta. Sono poi diversi gli esperti di Social Media che ritengono che questi progetti siano destinati a fallire, proprio perché è impossibile sperare che miliardi di persone abbandonino Facebook per un’alternativa senza utenti. Effettivamente non si può dire siano sovrappopolati, e forse fra dieci anni non esisteranno più, però avranno contribuito a diffondere il concetto che delle alternative più etiche possono esistere. O almeno potranno dire di averci provato. 

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