La fine del possesso

Gli abbonamenti sono diventati molto popolari e, nel bene e nel male, hanno stravolto la nostra società. Uno schiaffo allo spreco e al consumismo?

Di Stefano Castelanelli

Pubblichiamo un contributo apparso in Ticino7, allegato del sabato a laRegione.

Fino a pochi anni fa molti di noi custodivano gelosamente la propria collezione di musica in vinile e cd. Era esposta in bella vista in un qualche angolo illuminato della sala. Poi è arrivato Daniel Ek, un giovane imprenditore svedese che aveva fatto i soldi fin da giovane sviluppando siti web. Appassionato di musica e tecnologia, Ek ha avuto la bella idea di creare una piattaforma web per poter ascoltare la musica online. Insieme a un collega ha lavorato alla sua visione giorno e notte per due anni e nel 2008 è nato il sito di streaming musicale Spotify. La piattaforma permette di ascoltare la musica da qualsiasi dispositivo connesso alla rete. Nel giro di pochi anni, Spotify ha raggiunto un successo planetario e la musica si è spostata nel cloud. Giradischi, cassette e cd sono diventati di colpo obsoleti. Oggi la piattaforma di streaming conta 124 milioni di abbonati e 271 milioni di utenti attivi in 79 Paesi. Nel 2018 Spotify è stata persino quotata in Borsa. Con una valutazione di 30 miliardi di dollari è diventata la quinta azienda tecnologica con la quotazione più alta di sempre. La storia di Spotify dimostra come la subscription economy – che in italiano si può tradurre con economia dell’abbonamento – abbia stravolto la nostra società. Senza che ce ne siamo accorti, siamo passati dalla comunità del consumo a quella dell’abbonamento.

Tutto su misura

Oggi esiste un abbonamento per ogni cosa. Prendiamo i film: in passato per guardare un film o una serie tv dovevamo comprare o affittare un dvd. Oggi invece possiamo comodamente sottoscrivere un abbonamento a un servizio di streaming video come Netflix e avere accesso a un’infinità di film e serie tv. L’ascesa di Netflix non ha solo reso obsoleti i dvd ma ha messo in crisi l’intera industria cinematografica. Le cifre parlano da sole: nel 2019 Netflix ha investito ben 15 miliardi di dollari nella produzione cinematografica. Una cifra che equivale alla metà dei ricavi globali al box office delle 6 major cinematografiche combinate.
Non solo per i prodotti digitali come la musica e i film, anche per i prodotti di uso quotidiano come i vestiti, i cosmetici e il cibo possiamo oggi sottoscrivere un abbonamento e riceverli comodamente a casa. Blacksocks, per esempio, spedisce regolarmente a domicilio anche in Ticino nuovi capi di biancheria intima, camice e t-shirt. Mentre Outfittery e Birchbox possono sorprendere i ticinesi ogni mese con un pacco a sorpresa di vestiti (il primo) e di cosmetici (il secondo) consigliati appositamente per noi da consulenti di shopping. Purtroppo, questi servizi non sono ancora offerti in italiano. Esistono invece diversi siti che offrono abbonamenti per ricevere prodotti alimentari freschi direttamente dai contadini. Per esempio Rustik (con sede a Massagno) offre diversi pacchi in abbonamento che variano dalla verdura, alla frutta, ai formaggi, fino ai salumi e alla carne. Fare shopping non è mai stato così facile, basta sottoscrivere un abbonamento e i prodotti arrivano regolarmente a casa.

Mobili e auto

Ma la subscription economy non si è fermata ai prodotti di uso comune. Ha invaso anche settori dove il possesso è sempre stato molto importante come i mobili o le automobili. Da giugno 2019, per esempio, Ikea offre in Svizzera mobili in affitto; l’offerta riguarda inizialmente solo i clienti commerciali che possono sottoscrivere un abbonamento e ricevere un set di mobili per l’ufficio. In Olanda invece il gigante svedese ha lanciato un progetto pilota per offrire agli studenti un pacchetto di mobili che include letto, scrivania, tavolo e sedie per circa 30 franchi al mese. Dopo una fase pilota Ikea è intenzionata a espandere l’offerta a tutti i 30 paesi in cui è presente. Anche l’azienda di mobili Beliani di Zugo ha introdotto lo scorso agosto in Svizzera un sistema per offrire tutto il suo assortimento di 5’000 mobili in abbonamento. 
Nella mobilità invece gli abbonamenti per i trasporti pubblici hanno una lunga tradizione. L’abbonamento generale è stato introdotto in Svizzera nel lontano 1898. Negli anni Duemila, con l’avvento della mobilità condivisa (shared mobility) l’offerta si è allargata ed è stato possibile avere accesso a un’intera flotta di automobili, biciclette e persino monopattini elettrici in abbonamento. Ma l’offerta è evoluta ancora e oggi è persino possibile affittare un’automobile e non doversi più preoccupare di nient’altro. Varie assicurazioni e case automobilistiche offrono infatti abbonamenti all-inclusive anche in Ticino e, come dice il termine, includono tutto: dall’assicurazione auto, alle tasse e vignetta dell’autostrada, fino ai servizi di manutenzione, cambio gomme e riparazione. I clienti devono solo scegliere l’automobile e guidare.

Da produttori a gestori

La subscription economy è particolarmente adatta ai prodotti informatici. Nell’ambito informatico si parla generalmente di Software as a Service (SaaS) per indicare i programmi informatici che vengono offerti direttamente in rete e non, come un tempo, tramite un cd d’installazione. Oggi, per usare un software si deve sempre più spesso sottoscrivere un abbonamento. Tutte le maggiori aziende sfruttano il modello dell’abbonamento: dal pacchetto Office di Microsoft ai programmi grafici di Adobe, fino al cloud computing di Amazon o al programma per la gestione dei clienti Salesforce, che è stato il primo nel lontano 1999 a introdurre il concetto del SaaS. Come detto, la subscription economy non si limita ai prodotti digitali, ma ha invaso anche l’economia dei prodotti fisici. Così, analogamente al Software as a Service, da alcuni anni si è fatto largo il concetto di Everything as a Service (XaaS). E per Everything si intende ogni prodotto finito, dai macchinari industriali agli apparecchi agricoli, fino ai veicoli commerciali. Le aziende si stanno trasformando da produttori di beni a gestori di prodotti che vengono dati in affitto a terzi tramite un abbonamento.

Il segreto del successo

L’abbonamento non è di per sé una novità. Già nel lontano 1500 in Europa i produttori di mappe avevano introdotto la possibilità di sottoscrivere un abbonamento per riceverne regolarmente una versione aggiornata che includeva sempre nuovi territori conquistati. Oggi però, come dimostrano tutti gli esempi precedenti, gli abbonamenti sono presenti in ogni settore e non si limitano ai prodotti digitali come musica, film e software ma includono anche una grande varietà di prodotti finiti. Ma qual è il segreto di questo grande successo?
La popolarità della subscription economy è dovuta principalmente a un cambiamento dei consumatori. Se in passato lo status di una persona era definito da ciò che possedeva, oggi è diverso. Il possesso ha perso il fascino che deteneva in passato a causa dei costi iniziali elevati, dei problemi di manutenzione e della frustrazione della perdita di valore dei prodotti. I consumatori non sono più interessati a ostentare ciò che posseggono, ma preferiscono fare esperienze uniche. Soprattutto i giovani, ma anche un numero crescente di adulti crede che lo status di una persona sia definito da ciò che uno fa, non da ciò che uno possiede. Inoltre, coccolati dalla praticità dello shopping online e alla costante ricerca di nuove esperienze da condividere sui social media, oggi i consumatori pretendono un’esperienza di shopping comoda e stimolante. E gli abbonamenti – con la loro selezione di prodotti predefiniti, curati o a sorpresa – possono soddisfare questa nuova domanda. Oltre al cambiamento dei consumatori, l’abbonamento nasconde anche dei vantaggi pratici ed economici sia per i consumatori sia per le aziende. Queste ultime possono garantire ai clienti l’accesso a tutti i prodotti, e inoltre hanno la possibilità di spalmare gli investimenti su un arco temporale più lungo e avvalersi di maggiori economie di scala, a tutto vantaggio dei margini di profitto.

Soluzione (quasi) perfetta

La subscription economy sembra quindi essere la soluzione perfetta che rende tutti felici. Ma è davvero così? A prima vista il modello dell’abbonamento sembrerebbe anche diminuire l’impatto ambientale e promuovere l’economia circolare, poiché favorisce l’accesso ai prodotti rispetto al possesso. In questo modo, i prodotti vengono usati di più, si diminuisce la montagna di beni inutili che ognuno di noi possiede, e le aziende possono più facilmente introdurre sistemi di riciclo dei materiali. Ma come per ogni cosa c’è sempre l’altro lato della medaglia. Se ti siedi a un tavolo per cena e hai pagato per un menu all-you-can-eat (a volontà), tendi a mangiare molto di più solo perché vuoi sfruttare i soldi spesi. E lo stesso vale per i consumatori che sono spinti a consumare di più solo perché hanno già pagato per il prodotto. Più consumo, più inquinamento. Quindi, va bene sottoscrivere abbonamenti, ma dobbiamo cercare di consumare solo i prodotti e servizi che ci interessano veramente per limitare il nostro impatto ambientale.

CHE COS’È LA SUBSCRIPTION ECONOMY

Il termine abbonamento (in inglese subscription) indica un accordo tra l’azienda e il cliente per l’acquisto ricorrente di beni o servizi. Pertanto, la subscription economy (economia dell’abbonamento) indica il consumo di beni e servizi in abbonamento, che oggi includono i prodotti digitali (musica, film, software), i prodotti dell’informazione (giornali, riviste) e i prodotti finiti (cibo, vestiti, automobili, mobili, attrezzature da lavoro). Secondo uno studio dell’Università di San Gallo esistono tre modelli di abbonamento con una crescente sorpresa per i clienti: 
abbonamenti predefiniti che spediscono articoli scelti dai consumatori; 
abbonamenti curati che spediscono prodotti di una determinata categoria selezionati in base alle preferenze
dei consumatori;
abbonamenti a sorpresa che spediscono pacchi con contenuti che non sono stati scelti dai consumatori.

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