Nevercrew. Dal Ticino al sacro Gange (e ritorno)

Il giocattolo abbandonato dipinto sul muro di un ghat di Varanasi, in India, diventa la metafora del rapporto tra l’uomo e un ambiente da proteggere.

Di Stefania Briccola

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Un murale dei ticinesi Nevercrew sulle rive del Gange lancia un monito per salvare il fiume sacro dalla noncuranza dell’uomo. S’intitola Deflated e si trova sul Panchaganga ghat a Varanasi: rappresenta un grande gonfiabile di plastica «sgonfiato», a forma di pesce, sui toni dell’azzurro. Il duo ticinese di street artist, formato da Christian Rebecchi e Pablo Togni, è stato invitato da Mojarto a lavorare su un ghat storico della città per affrontare il tema dell’inquinamento delle acque del fiume. Questo è un luogo di pellegrinaggio caro agli hindu che vengono ad immergersi e a purificarsi nelle acque sacre (tra le più inquinate del mondo). Una denuncia made in Switzerland che approda nel cuore del Subcontinente per riflettere sui comportamenti da ripensare insieme al destino del pianeta. Perché? «Questo progetto – spiega Christian Rebecchi – inizia dal fiume stesso, dalla sua importanza, dalla sua vita e dalle sue acque che da anni soffrono per le abitudini dell’uomo. Abbiamo scelto un gesto umano, innocente e al medesimo tempo inquinante e inutile, per ricordare lo spreco, lo sfruttamento, le responsabilità dell’uomo…». 

Sensibilizzare con le immagini

L’enorme «pallone sgonfiato» di plastica, rappresentato nel murale, contiene un altro pesce, a misura d’uomo e ben visibile per chi passa dal ghat, che sembra imprigionato. Si evidenzia un confronto dialettico tra elemento naturale e artificiale, interno ed esterno di un’immagine. Il soggetto dell’opera appare come «un gioco che è stato usato e abbandonato» in modo superficiale, con tutti gli effetti del caso sull’ambiente trasformato dalla plastica e dall’abitudine allo spreco. Il dipinto rende il senso di una «deriva claustrofobica», in equilibrio tra l’oblio e l’ossigeno necessario agli esseri viventi. Ci ricorda inoltre che l’abuso dell’ambiente «svuota» i suoi abitanti. «L’immagine – prosegue Christian Rebecchi – vuole parlare della situazione del Gange, spingendosi anche oltre per affrontare la questione del clima e il rapporto con l’uomo. Il fiume sacro viene distrutto dagli stessi indiani, così come noi stiamo danneggiando un pianeta che ci appartiene». Andiamo un attimo con la mente tra i ghat di Varanasi sui gradini di queste scalinate che scendono verso il corso d’acqua e rivestono grande importanza per le abluzioni rituali dell’induismo e altre religioni. Il Gange, al quale di recente è stato riconosciuto lo status giuridico di persona, ci appare tra devozione e realtà come un’enorme vasca da bagno oggi al centro di un piano strategico per il disinquinamento. 

Colpire nel segno

Il lavoro dei Nevercrew nella città sacra indiana sembra un tuffo nel passato lontano millenni, tra carretti trascinati da animali, banchetti di mercanti, templi, pellegrini, vacche sacre che si aggirano tra le vie e le scalinate. Una missione impossibile compiuta, naturalmente con precisione svizzera. «È stata un’esperienza molto intensa – nota Christian Rebecchi – a contatto con la realtà dell’India e la sua cultura. Per raggiungere il muro sul quale dipingere dovevamo passare da uno dei burning ghat dove cremano i cadaveri». Il murale di Varanasi ha destato reazioni inaspettate nella gente e ha fatto breccia nel cuore di un’atavica indifferenza: «Pensavamo di essere ostacolati – conclude Christian – dato che il Gange è un fiume sacro. Invece è come se avessimo fatto parte da sempre del luogo. La gente passava tranquillamente in mezzo ai ponteggi che ostruivano il passaggio. Il proprietario di una barca quando abbiamo terminato il murale ci ha offerto il the perché era contento del nostro lavoro». 

NEVERCREW – Ecco chi sono

Sono un duo di street artist che si è distinto a livello internazionale. È composto da Christian Rebecchi (Lugano, 1980) e Pablo Togni (Bellinzona, 1979). Entrambi hanno frequentato il Csia di Lugano e il corso di pittura del professor Nicola Salvatore all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, diplomandosi nel 2005. A partire dal 1996 il loro percorso si è svolto per lo più nel contesto urbano con la realizzazione di grandi dipinti murali, installazioni e sculture. Tra i temi prediletti c’è il rapporto tra uomo e natura e tra l’uomo e i «sistemi», con un accento sulle tematiche ambientali e sociali. I due artisti hanno maturato nel tempo un linguaggio visivo riconoscibile con elementi che si declinano tra l’iperrealismo e un immaginario surreale in cui spiccano animali e insoliti macchinari.


“Celcius” – Lugano

 

ALTRE SETTE OPERE DA VEDERE & RISCOPRIRE

Black machine
L’opera fatta nel 2015 al Teatro Colosseo di Torino raffigura un orso bianco, sporco di petrolio, che nuota nell’indifferenza (rappresentata da una sedia vuota). Volge lo sguardo alla scritta luminosa «white». 

Exhausting machine 
Realizzato per il Vancouver Mural Festival in Canada (2016), questo lavoro si concentra sull’equilibrio tra uso e abuso, sullo sfruttamento delle risorse naturali, sull’inquinamento e le sue conseguenze dirette. Si tratta di responsabilità, consapevolezza e coscienza del sistema a cui tutti partecipano.

Ordering machine
Dipinto a Grenoble in occasione dello Street Art Fest 2016, ruota intorno alla posizione dell’umanità legata alla natura, tra esigenze
e appartenenza, consumo e appropriazione. 

Inhuman barriers 
Realizzato a Manchester (UK) nel 2016 nell’ambito di Cities of Hope a supporto dell’associazione locale WASP (Women Asylum Seekers Together), affronta il tema dell’immigrazione e dell’integrazione, la perdita di umanità e l’empatia, le barriere e i valori.  L’opera ha la forma di un quarzo che ricorda un iceberg.  

Baring machine  
È un doppio murale realizzato nel 2017 a Satka (Russia) allo Street Art Festival della città sugli Urali. I temi della rassegna legati all’ecologia e allo sfruttamento delle risorse naturali abbracciano la ricerca dei Nevercrew che in questo lavoro declinano proporzioni e squilibri, consapevolezza e coinvolgimento.

Cluster 
Realizzato nel 2008 a Novara, gioca tra elementi reali e dipinti, creando una dimensione illusoria davanti all’edificio e utilizzandola per analizzare, ancora una volta, la percezione che l’umanità ha della situazione ambientale, dell’effettiva connessione con l’equilibrio complessivo, per ricordare la necessità di riconoscere e superare il distacco.

El oso plateado and the Machine
Questo intervento del 2018 suddiviso in tre murales si trova a Phoenix (Arizona) e riguarda la comunicazione e il modo in cui diventa tangibile quando viene utilizzata per interagire, connettersi e cambiare, ma soprattutto per capire, ricordare e prendere coscienza di ciò che siamo.

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