Lasciarsi, senza parole

C’è chi inizia “la storia”, c’è chi non vede l’ora di chiuderla. Spesso senza nemmeno riuscire a spiegarne il perché

Di laRegione

Nella ristretta cerchia delle solite frequentazioni, le buone stelle hanno guardato da un’altra parte nel corso degli ultimi 24/36 mesi. Fra le vittime, si stringe il cuore per un amico che con un paio di figli nel pieno dell’adolescenza ha visto partire di casa la moglie. Per lei era tutto finito, da anni probabilmente, ma il coraggio di dirglielo in faccia è giunto dopo. Molto dopo. Forse lui ha sempre guardato da un’altra parte, preso dal suo lavoro e dalle passioni. I mesi passano, lui parrebbe sempre lo stesso; ma quando lo guardi diritto negli occhi apri due finestre di dolore, sentimenti difficili da mettere nero su bianco. Li vedi e basta.
Pochi mesi prima era successo a un altro: superata da tempo la cinquantina e con un’attività avviata da anni, ha dovuto lasciare una bella casa, le tende nuove-nuove e si è ritagliato un letto nel suo capannone. Anche quello era nuovo-nuovo… «Meglio così», avrà pensato, «ci sarà più tempo da dedicare a ciò che mi piace» (che di certo non è stare a casa). Più a nord, un anno prima il divorzio finale era giunto anche a un suo amico d’infanzia: di tanto in tanto mette in vendita tutto ciò che ha costruito. Speriamo che un giorno Saturno sia dalla sua e qualcuno acquisti il passato e i ricordi. Succede, succede spesso; il giorno prima andava tutto bene e poi, bang! Non sai se sia peggio quando i figli sono grandi oppure più piccoli: «meglio piccini», secondo alcuni, «si abituano prima». Meglio dopo, per altri, «almeno provi a spiegare e ti confronti». Sempre che esistano sostantivi per circoscrivere le ragioni della fine: a volte, ti rendi conto che nemmeno chi si lascia sa perché lo fa.

 

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