Mi chiamo Pablo Creti

… e non ditemi che i ragazzi sono tutti uguali!

Di laRegione

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.

Odia la parola giovani Pablo Creti. «Odio come viene usata: per buttare tutti i ragazzi nello stesso calderone – ‘i nostri giovani…’ – dimenticando che sono individui, che non sono tutti uguali». Diretto e lontano dagli stereotipi: è il modello che ispira Spam e Flex, i contenitori RSI rivolti proprio ai ‘giovani’ (pardon) attraverso i social network. Perché il rischio, Pablo lo sa bene, è quello di scimmiottare cliché che nulla hanno a che vedere con quei ragazzi. Finendo per apparire improbabili quanto Raoul Casadei vestito da trapper. «In redazione abbiamo appeso un cartello con la regola numero uno: mai essere possi» (ovvero bolsi, noiosi, sfigati: siamo stati comunque adolescenti anche noi, dopo tutto, e ci portiamo dietro il nostro argot). 

Fateli parlare (e ascoltateli)
Il pericolo della possaggine si schiva «lasciando parlare anzitutto loro», le ragazze e i ragazzi. «Noi entriamo nelle scuole, nei locali, negli skate park. Come dice una mia collega, invece di invitarli alle nostre feste, andiamo alle loro. E non per appiccicargli qualcosa che abbiamo già in mente: spesso sono loro a offrirci spunti e anche a produrre contenuti. Che peraltro retribuiamo, perché non vogliamo essere complici di chi sfrutta la loro creatività con la scusa di offrire visibilità». Da questo dialogo costante nascono video di un minuto e mezzo a star larghi, che stupiscono tanto per il ritmo, quanto per la varietà di argomenti: dal sesso al volontariato, dalla musica alla disabilità, dalla canapa al clima. Pensavo che vederli da adulto mi avrebbe provocato un misto di imbarazzo da voyeur e di paternalismo del tipo dove-stiamo-andando-signora-mia, invece no: anche chi è chiaramente ‘fuori target’ ci scopre storie e talenti che spazzano via qualsiasi sussiego; e anche modi nuovi di raccontare le cose, in un mondo dell’informazione e dell’intrattenimento troppo spesso schiavo della ripetizione, e povero d’ironia.
Video, immagini, messaggi vengono veicolati esclusivamente tramite i social, «perché il servizio pubblico deve raggiungerlo lì dov’è, il pubblico»; e per i nativi digitali «il primo modo per informarsi non è la tivù o la radio». Essere sui social, d’altronde, non vuol dire farsene cannibalizzare: «Sappiamo cosa gira meglio, come e quando pubblicare. Sappiamo anche dove andare: oggi Facebook è sempre più anziano, le nuove generazioni stanno soprattutto su Instagram», ma attenzione: «Non dobbiamo essere schiavi dell’algoritmo», dei cuoricini e dei like. «È importante avere il coraggio di presentare storie nelle quali si crede, cose serie». Tanto che la redazione è avvertita e attenta: «Niente toni lacrimevoli, niente esagerazioni o patetismi». Una linea che si è rivelata vincente anche dal punto di vista dei numeri: oggi la pagina Instagram di Spam – rivolto a un pubblico fra i 18 e i 27 anni di età e attivo dal 2017 – conta oltre 7’500 iscritti, quella Facebook oltre 12mila. Flex, nato solo quest’anno per i ragazzi dai 13 ai 17 anni, ha già più di 1’800 follower su Instagram. 

Il mitico ’Gino‘
A febbraio è nato anche wetube, uno spazio gratuito aperto ai creativi digitali – videoblogger, cantanti, attori, gente di spirito insomma – che possono sfruttare uno studio multimediale completo e di facile utilizzo. «Abbiamo già oltre 162 iscritti che lo utilizzano settimanalmente per autoprodursi». L’idea che muove tutti questi progetti «è quella di diventare un punto di riferimento aperto – uno spazio reale, non virtuale – dove potersi esprimere e farsi sentire».
Anche perché, nota Pablo, «forse oggi il conflitto generazionale passa meno dalla famiglia e più dagli spazi pubblici, che gli adulti tendono a monopolizzare». Se invece si abbattono gli steccati, quelli che si scoprono «sono ragazzi impegnati, curiosi, responsabili. O almeno, quelli che entrano in contatto con noi sono così. Lo si è visto ad esempio ultimamente, con gli scioperi per il clima». Si tratta di generazioni che «in realtà usano spesso internet e i social in modo più consapevole e misurato di tanti adulti». Interagire con loro vuol dire rinunciare alle torri d’avorio, «significa non staccare mai, essere sempre in contatto, sempre raggiungibili, in modo rapido, informale». Che si tratti di una chat su WhatsApp o di una chiacchierata davanti a un caffè.
D’altronde, è ad analoghi gesti di apertura e disponibilità che Pablo deve il suo posto in RSI: «Ho iniziato quando ancora andavo all’università. Ho mandato un’e-mail al mitico critico cinematografico Gino Buscaglia, che mi ha subito chiesto di fargli qualche proposta». È cominciato tutto così: le recensioni, la radio, i social. Dopo oltre dieci anni di carriera, insieme ai suoi colleghi Pablo apre la Rsi ai nativi digitali: perché «la nostra non è solo radio e televisione. È un mondo».

IL PERSONAGGIO
Classe 1981, Pablo Creti è giornalista alla RSI. Dopo una lunga esperienza a Rete Tre, ora è responsabile di Spam e Flex, i progetti di informazione e intrattenimento dedicati ai nativi digitali e accessibili attraverso i social. Pablo è laureato in Cinema a Milano e in Comunicazione a Lugano. Vive a Massagno con la compagna Anne-Sophie, il cane Penny, i due gatti Bart e Missie. Ama i tatuaggi e i videogiochi «di una volta, quelli ai quali ancora si giocava da soli».  

 

Articoli simili