A Helsinki (per non perdersi)
È possibile essere sconfitti dalla vita eppure non darsi per vinti? Qui sì, dove la natura non fa sconti e un angolo tutto per te lo trovi. Sempre
Di laRegione
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, disponibile anche nelle cassette di 20 Minuti per tutto il fine settimana.
È possibile essere sconfitti dalla vita – ma sconfitti veri, mica un inciampo – eppure non darsi per vinti? Mentre ciondolo per le strade della città,
nella luce fioca di una notte bianca, penso che l’unico ‘sì’ possibile sia qui. Dove la natura non fa sconti, ma una ritirata onorevole la trovi sempre.E non è solo la prevedibile sauna. Mi era già venuto il sospetto la prima sera in Finlandia, in una cittadina il cui nome non so pronunciare e tantomeno ricordare. Esco dall’albergo per cercare un benzinaio che mi venda uno spazzolino, e accanto c’è una discoteca. Saranno le dieci a star larghi. Un tizio esce barcollando parecchio, si avvicina tenendo occhi e timidezza fissi sul marciapiede, e mi fa: “Got a lighter?”. Ce l’hai un accendino? Cercando di darsi un tono, si infila di sbieco una sigaretta in bocca e fa per appoggiarsi col braccio teso a una colonna del portico. Che manca di un buon mezzo metro rovinando per terra su un fianco, col rumore sordo di un alce colpito a morte. Faccio per soccorrerlo, ma si è già rialzato, ed è salito sul taxi in attesa lì davanti (i controlli sull’alcol alla guida sono draconiani, qua, e la gente piuttosto si fa riportare a casa dai professionisti). Si sarà incrinato almeno due costole, questo buonuomo con le guance rosse e i capelli a spazzola color candeggina. Ma con un aplomb che sollecita in me il più profondo rispetto.
Due settimane e millemila chilometri dopo mi ritrovo a Helsinki, scontando una serata a vodka e blinis nel ristorante russo sotto alla chiesa ortodossa (meritano entrambi). Ho già visto la città, che ha il fascino di una bellissima donna con un lifting un po’ sbavato: facciate neoclassiche, Jugendstil oppure quel bel modernismo che non sai mai se stai guardando un museo o una pescheria, incorniciate dal garrito dei gabbiani (garriscono poi davvero, i gabbiani? Boh. Ma dopo un po’ di vodka garrisce tutto, anche i tram). I viali combattono col vento e con la risacca delle onde nordiche. O forse no, ma mi piace ricordarmela così. Insieme all’aglio della cena – copioso – mi torna in gola il simbolismo affranto che ho visto all’Ateneum, la galleria nazionale d’arte. C’è una sincerità spietata, in quegli angeli bendati e in quelle campiture di un blu cianotico, sempre di un tono sotto alle aspettative, come se la tubercolosi fosse una scelta di vita.
Al karaoke
Ma adesso sono qui; la Mary è andata a dormire e cerco un posto per finire la serata. Mi viene in mente la dritta di un’amica, che ha lavorato qua e mi ha detto con tono imperativo: “Se vai in Finlandia, non perderti i karaoke”. Accendo Google Maps e trovo quello più vicino a me, a due passi dal porto. Arrivo e mi accoglie un buttafuori, neanche fossimo in discoteca. Caterina Caselli e Raffaella Carrà, o quantomeno due loro sosia onestamente malconce, si stanno fumando una di quelle loro sigarette costosissime e mi guardano incuriosite: evidentemente non è un posto dal quale passano molti sconosciuti. Una indossa un vestito di satin che pare uscito da un film del declino sovietico; l’altra ha una tuta e un paio di Converse rosa confetto. Tiro dentro la pancia, sigillo le labbra per mascherare la fiatella mefitica, mostro al gorilla qualcosa che potrebbe essere la carta d’identità o la cumulus. Riesco a entrare; ma va detto che qua dentro, a naso, entrerebbe anche Charles Manson.
Sono accolto – con calore sudaticcio, ma pur sempre timido – da una coppia che sta cantando Toto Cutugno (lo so che sembra una storia inventata, lo so: ma a chi verrebbe mai in mente di inventarsi una cosa del genere?). “Sono un italiano” risuona col tipo di orgoglio ignorante che se ci fosse un forno a legna, mi metterei subito a sfornare quattrostagioni. In mancanza del forno decido che è meglio se vado al bagno. Nella stanza parallela trovo una ragazza-croupier: è seduta lì nella sala deserta, con l’entusiasmo di un limone spremuto, in attesa di un pollo che si faccia un black-jack, una briscola, un rubamazzo. La porta della toilette è aperta, e lei fissa lo spazzolone con una punta d’invidia.
There’s a “Starman”
Poi torno nella sala del canto. Ordino una birra al banco e un tizio alto più di me (ce ne vuole) mi afferra la spalla in una morsa. Ha l’occhio spiritato di uno che ha appena visto Dio, o quantomeno la rata del leasing sulla dentiera, una maglietta con scritto “Jesus is my friend”, e ha appena finito di cantare una specie di gospel in finlandese. “Where are you from?”, mi fa. “Italy”, gli dico, aggiungendo con nevrotica sollecitudine: “But I live in Switzerland” (spero che invocare la Svizzera eviti le risse, in nome della neutralità condivisa). Il tipo si scioglie in una risata grassa, il cui galoppo inciampa subito in una tosse equina. E comincia a offrire.
Ogni birra va accompagnata da una vodka. Si beve, si parla poco. Si può scegliere di cantare di tutto, dai canti di chiesa a Bruce Springsteen. Anche quando il tasso alcolico ha raggiunto Marte, nessuno si sbottona più di quel tanto. D’accordo, ci sono coppie che cercano di ballare su David Bowie. C’è anche un tizio che mi racconta dell’amante di sua madre. Ma è polacco, e quindi non vale. E sì, a costo di passare per scontati, nel forestiero medio si risveglia tutto l’immaginario consueto: un po’ di Jim Jarmusch, due dita di fratelli Cohen, un’abbondante spazzolata di Aki Kaurismaki. In generale, comunque, capisco che non saranno due settimane di ferie a svelarmi il segreto finlandese.
Dopo uno “Starman” (di David Bowie, si sa) cantato come se fosse la soluzione per la pace nel mondo, riguadagno la strada verso l’albergo. Fa buio, ma non proprio (non fa mai proprio buio, e la cosa è destabilizzante; ma chissà che spietato viceversa è l’inverno). Davanti alla granitica stazione centrale trovo un tizio che fa l’elemosina vestito da orso, come quello che si vede in una scena agghiacciante di Shining. Sta proprio sotto a quei titani art nouveau che reggono lampade esorbitanti, accanto all’ingresso. Gli mollo cinque euro. Lo vedo scendere dal piedistallo e saltellare verso il chioschetto di fronte, dove vendono salsicce e birra. Sconfitti dalla vita, d’accordo. Ma senza darsi per vinti.
SPUNTINI DI STRADA
Le fragole in finlandese si chiamano mansikka, e sono molto più buone di qualsiasi altra fragola abbiate mai provato. Le vendono in chioschetti di legno lungo la strada.
UN PAESE PER SETTE VISIONI
Nuvole in viaggio
“Sembra di stare in un film di Aki Kaurismaki” mi sarà scappato almeno cento volte, in Finlandia. Banalità, d’accordo. Ma guardatevi questa commedia, inno allo stoicismo della classe operaia nella capitale, poi ne riparliamo.
La legge di natura
“La vita ti arriva sempre alle spalle, e poi con un colpo te la ritrovi davanti”. La Finlandia della crisi raccontata da un imprenditore ed evasore totale, che dopo un incidente cerca di reincollare i cocci. Con Kari Hotakainen si ride a mezza bocca, poi si sputa l’amarezza. Senza fisime.
Piccoli suicidi tra amici
Un altro imprenditore (fallito) fonda una setta di aspiranti suicidi, li carica su un pullman e ci attraversa l’Europa alla ricerca del posto perfetto per ammazzarsi. Arto Paasilinna al suo meglio.
Il tango finlandese
Contrariarmente a quanto racconta la leggenda, il tango non è nato sul Rio de la Plata, ma in Finlandia. Non è vero, d’accordo, ma ascoltate lo stesso il Tango-Orkesteri Unto. Elegia sottozero.
Alvar Aalto
Gli edifici del modernista alfa sono ovunque, in Finlandia, e hanno segnato tutta l’architettura del paese. Taschen gli ha dedicato un buon catalogo a prezzi modici.
Hobbyhorsing
Le ragazzine finlandesi hanno inventato un loro sport: equitazione su bastoni con la testa di cavallo. Si cavalca una specie di scopa e si muovono le gambe come equini, tenendo invece la schiena ferma e dritta come fantini. Le guarderete su YouTube e vi soprenderete a sussurrare: “È tutto fantastico”.
Taxisti di notte
Nel quinto episodio del film di Jim Jarmusch (1991), i passeggeri ubriachi fanno a gara a chi è più digraziato. C’è un grande Matti Pellonpää, l’attore amatissimo da Kaurismaki. E il cerchio si chiude.