Luca Ferrara, un chimico in fermento per il luppolo
Storia di una birra nata col crowdfunding, di tanta musica e di un bel pezzo di vero artigianato in Ticino
Di laRegione
Il Personaggio
Luca Ferrara, 45 anni, numero che evoca il 45 giri: tra le sue passioni, oltre alla birra, c’è anche la musica che veicola attraverso l’etere al microfono di Rete Tre. Ama le vespe, quelle vintage su due ruote, pescare, raccogliere funghi, viaggiare e passare il tempo con le donne della sua vita: la sua compagna e le loro bimbe.
La colonna sonora di questo incontro è sulle onde di «Ragazzo Fortunato» di Jovanotti, e non potrebbe essere altrimenti, dato che Luca si sente così: è riuscito a trasformare le sue passioni, la birra e la musica, in due mestieri. Non è stato facile, ma ce l’ha fatta. «Sono del segno zodiacale dei pesci, sono un po’ in aria come le bollicine e la schiuma – sarà per quello che creare birra fluisce bene con il mio essere – ma misteriosamente sono anche concreto e pragmatico». Prima di diventare mastro birraio Luca indossava il camice, la sua formazione era da chimico, ma ha preferito ascoltarsi e fare il salto nel malto.
«Non ho mai appeso il camice bianco al chiodo, lo indosso anche oggi mentre faccio la birra. Ero stufo di fare il topo da laboratorio, avevo bisogno di uscire da quell’ambiente individualista, dove le soddisfazioni c’erano, ma le condividevo solo con me e il mio computer. Volevo più contatto con la gente».
Tra una ricerca chimica, una diretta radio e l’officina «luppolata» creata in cantina, Luca ha fatto il salto dall’«home-brewing» – farsi la birra a casa – all’ambizione di far crescere la sua attività creando il marchio «Rud Bir», birra artigianale ticinese Doc.
Un po’ teppista, un po’ mascalzone, queste le origini del soprannome di Luca che è «Luka Rude Boy», che affonda le sue origini in Giamaica, terra a lui molto cara per le sonorità ska, rocksteady e reggae. «Mi piaceva molto il suono che faceva il nome Rud Bir: se il Rude Boy è il tipo grezzo, il mio marchio segnala che l’è mia champagne. Tutto è artigianale: dalle etichette storte alle confezioni fatte di cartone. Un ensemble molto rustico e poco chic».
Da musicista ad amante del luppolo il passo è breve. «Quando si va a un concerto di solito si beve birra, e mi piace pensare che i denominatori comuni di queste due sfere siano il divertimento, il relax e il tempo libero. Mi sento un po’ un animatore in questo mondo, che io faccia radio, birra o metta musica a una festa. Ambizioso forse come pensiero, ma sono felice di far divertire la gente con quello che propongo». Mischiare quindi più sensi, creare sinestesia tra le papille gustative e l’arte del godersi vibrazioni musicali. «Anziché proporre degustazioni classiche abbinate al salametto di cavallo, il formaggio dell’Alpe della Maggia, si abbina una tipologia di birra a un genere musicale. Una Pilsener, fresca e leggera, che si sposa alla perfezione con un brano easy listening lounge. Alzando la gradazione della birra, si va su una 9-10%, che si abbina alla grande con un brano italiano di protesta alla Caparezza».
Nessun epilogo alla Davide e Golia, ma è noto che oggi fare l’artigiano in Ticino non è cosa semplice. I piccoli produttori devono rimboccarsi le maniche e dividersi la piazza con i giganti del settore. «C’è spazio per tutti, anche se la massa critica in Ticino è ridotta, siamo 350mila abitanti – un quartiere di Milano. Ad oggi ci sono più di 22 birrifici artigianali; quando ho iniziato sei anni fa, li contavi sulle dita di una mano. Non sono sicuro che la scelta di aprire un’attività in questa direzione ripaghi sempre, tutto dipende dall’ambizione che hai, e da quanto denaro vuoi avere nel portafogli».
Non esistono confini quando il motore, il propulsore che unisce le persone è la voglia di condividere e di sentire con il cuore: «One love, one heart, let’s get together and feel all right», così cantava Bob Marley e così la pensa anche Luca. «La scintilla che mi fa andare avanti è quella che si accende quando mi dicono che la mia birra piace, quando sono in consolle e faccio ballare chi è in pista, o quando sono in radio e ricevo messaggi dagli ascoltatori che mi raccontano frammenti della loro vita». La soddisfazione delle persone è anche la sua. «Molto meglio che giocare in borsa e in 10 minuti guadagnare un sacco di soldi».
Era il 2013 e la «Rud Bir» è stata pioniera nel crowdfunding ticinese: ha raccolto i suoi frutti sulla piattaforma progettiamo.ch. «Spesso mi chiamano per sapere quali siano i passi da compiere per realizzare una start up e spiccare il volo. Non ho la bacchetta magica, ma credo sia fondamentale miscelare ingredienti fondamentali per creare un’attività in proprio, tra i quali: un sogno da realizzare, un pizzico di pragmatismo, una spolverata di imprenditorialità; infine sapere a chi rivolgersi e cosa chiedere, affinché tutte le informazioni ricevute creino un’attività sostenibile».