Una Babele verdeoro
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Di laRegione
Brucia, il Brasile. Brucia il Museu Nacional, abbandonato al suo destino dall’incuria figlia della recessione. Brucia la politica, incendiata dagli scandali di corruzione e dall’arresto dell’ex presidente Lula, che una parte del paese ha vissuto quasi come un colpo di stato; e intanto l’anno elettorale sembra in bilico fra operetta e tragedia. Bruciano anche, più in generale, le ferite degli eterni esclusi: «i margini – razziali e di genere, di tribù e di favela, il grande sertão e la foresta amazzonica – formano la maggior parte del paese, e tuttavia sono sistematicamente discriminati, a livello sociale e a livello culturale», spiegano gli organizzatori di Babel. Dal 13 al 16 settembre il festival di letteratura e traduzione porterà quei margini di Brasile al centro di Bellinzona, per farci capire un po’ meglio una realtà per sua stessa natura eterogenea e contraddittoria, segnata com’è da sincretismi, diaspore, ingiustizie e antichi saccheggi: «un mondo a sé e un mondo in sé, dove sono le ombre a gettare il sole». Sole dall’ombra, margini al centro, un enorme paese in una piccola città, caotici crocevia sull’ignoto trasferiti qui dove ogni strada pare certa e ordinatamente tracciata. L’impegno di Babel è salutare e quasi eroico. Anche perché stimola ognuno di noi – fin troppo abituati a restare nel solco del risaputo e del famigliare – all’esercizio che i traduttori svolgono quotidianamente: traslocare nella diversità e poi riportarsela a casa.
E basta uno sguardo al programma per capire che tale esercizio sarà anche parecchio entusiasmante.