Genti e voci di montagna
“Chi mi piace incontrare è la Verena, perché inverno o no è sempre allegra, e mi sembra di averla sempre veduta così, senza età” (G. Orelli, 1965)
Di Giancarlo Fornasier
Pubblichiamo l’editoriale apparso su Ticino7, allegato a laRegione
“Il nostro paese è costruito secondo le abitudini dei montanari di un tempo, con le case in gruppo serrato: sceglievano il posto fuori dei canali al riparo del bosco, e lì costruivano fitto. Un tempo, ci dovevano vivere fino a cinquecento persone, divise nelle quaranta case che ci sono. (…) Ora siamo rimasti in pochi, forse un mio coetaneo fuori nella California discende da uno che andò via dalla casa in faccia alla nostra, e del nostro paese non sa magari nemmeno più l’esistenza: siamo in sessanta, poco più del numero delle case. Di qualcuno giù in fondo al paese si sa quasi meno che se stesse fuori in Francia, almeno di là scrivono per i morti e per le feste. È così, in autunno comperiamo lo zucchero e la farina, il resto è tutta roba nostra, usciamo di casa a spazzare un po’ di neve per andare dalle galline, o nella legnaia, o nel fienile. La domenica, se si può, scendiamo fino al borgo, giù dove la valle si allarga e comincia il piano, ascoltiamo la messa e comperiamo un gerlo di pane. Dopo la messa, ci fermiamo a sentire le novità da quelli del borgo. Ma ora è un pezzo che non si vedono più quelli della bassa. Quest’anno va a finire che non saliranno più da noi nemmeno il sabato grasso per il falò e per vedere la capra matta. Gli altri anni, partivano in gruppo dalle loro case, in silenzio, studiando il passo nella poca neve, come vecchi che andassero alla messa di mezzanotte, e solo a trenta metri da noi mettevano le loro maschere di stoffa, entravano con un inchino esagerato e ballavano a rischio di far crollare il pavimento delle nostre case vecchie”.
Da L’anno della valanga di Giovanni Orelli (1965; Casagrande 1991)