A Natale la tradizione è nel piatto

Con lo chef Bianchi camminiamo a ritroso per ricordare cosa si mangiava una volta in Ticino, quando cibo dei ricchi e cibo dei poveri non si incontravano

Di Elda Pianezzi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione.

Il cibo, indubbiamente, è fra gli elementi che sublimano la festa di Natale; dopo presepio e albero addobbato, beninteso. Oggi come in passato, che si celebri il 24 o il 25 dicembre, sulle tavole imbandite sfileranno tipiche prelibatezze che hanno una storia. Con lo chef Simone Bianchi camminiamo a ritroso sul filo del tempo per ricordare cosa si mangiava una volta in Ticino, quando cibo dei ricchi e cibo dei poveri non si incontravano.

A Natale il senso di comunità e rinnovamento si celebra attorno a tavole imbandite. Se c’è chi festeggia al ristorante o sceglie specialità che non richiedono lunghe preparazioni come la fondue di carne, c’è anche chi ama preparare i classici. Ma quali sono le pietanze che fanno parte della tradizione natalizia ticinese? Ne parliamo con lo chef Simone Bianchi de La Trattoria Cibo e Passione di Locarno.


© S. Bianchi

Cibi poveri, tradizione ricca e ghiotta

Innanzitutto bisogna distinguere tra il cibo “dei ricchi” e quello “dei poveri”. Se prendiamo per esempio il periodo a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, le differenze erano estreme: da un lato c’erano prelibatezze come il lesso (con il cui brodo si facevano i tortellini), lo zampone, il cappone, il cotechino e poi i dolci come il panettone (milanese o nostrano), lo zabaione oppure ancora il caolatte, una bevanda calda molto in voga a base di latte, cacao e miele, e infine gli agrumi importati dal Sud. Nelle cucine delle case povere si preparavano invece zuppe di verdura magari arricchite con la trippa, nonché alimenti semplici come la polenta, le patate e le castagne insaporiti, per chi poteva, con carne di capra, coniglio o gallina; fra i dolci figuravano il pane di segale impreziosito con l’uvetta e infine il “panettone dei poveri”, un dolce antesignano della torta di pane a base di pane raffermo, latte, zucchero e frutta secca, cotto in forno.

Mentre i ricchi facevano venire chef dall’Italia e dalla Francia che con loro portavano selvaggina o alimenti esotici come il salmone (paragonabile all’odierna aragosta), le spezie, il caffè o i vini, fra i contadini erano ancora pochi coloro che avevano un maiale da sacrificare e il formaggio lo mangiava soprattutto chi stava in montagna. Negli anni Trenta e Quaranta, i più abbienti già consumavano piatti “esotici” come il filetto alla Wellington o le crespelle. Le differenze si attenuarono a partire dal dopoguerra, finché pian piano tutti hanno avuto accesso a un’alimentazione abbondante e variegata.

Riscoprire la cucina dei nonni

Negli ultimi anni si sono riscoperte le tradizioni e spesso si scelgono alimenti sostenibili e a chilometro zero, ispirandosi all’alimentazione dei nonni. Per imbandire la tavola natalizia non bisogna però scegliere per forza solo i cibi della tradizione “ricca”, anche quelli “poveri” hanno tanto gusto da dare. Abbiamo perciò “sfidato” lo chef Simone Bianchi, chiedendogli di prepararci un piatto originale e raffinato per le feste che utilizzasse alimenti semplici e quotidiani. E lui ci ha sorpreso con un primo piatto facile da preparare che celebra la tradizione ticinese esaltandola. Prima però ci siamo fatti una chiacchierata.

Come si può trovare al giorno d’oggi il giusto equilibrio fra tradizione e modernità?

Bisogna togliere da certi alimenti l’etichetta di inadeguatezza che in passato si tendeva a dar loro. Bisogna insomma smettere di “discriminare” le patate, le rape o i cavoli. Essi non solo hanno la loro ragione di essere per gli importanti elementi nutritivi che apportano, ma anche per i sapori e gli aromi che sono in grado di sprigionare. Oggi gli chef hanno ricominciato a rivalutarli e proporli ai loro ospiti. La farina bóna viene per esempio usata per fare non solo la polenta, ma anche il gelato.

E la carne? Che importanza bisogna darle?

Nel mio ristorante, che è conosciuto per la tartare, il cordon-bleu e il filetto, le do grande importanza, accompagnandola sempre con una vasta e curata scelta di verdure. Generalmente in Ticino si preferisce la carne al pesce e, rispetto al Nord delle Alpi, sono ancora pochi i locali che offrono cucina vegetariana o addirittura vegana. Dopo il periodo degli esperimenti della nouvelle cuisine e della cucina fusion, la gente ha cominciato ad apprezzare le specialità più rustiche.

Come si fa a rimanere moderni senza arenarsi in piatti troppo “astratti” e “artificiali”?

Io faccio ciò che piace alla gente, ciò che apprezza e “capisce”. In Ticino ho iniziato il mio percorso con il Bistrot latino, un ristorante che sperimentava con i sapori asiatici e latinoamericani. Dopo l’esperienza in televisione sono tornato con nuove idee e nuovi impulsi e ho aperto La Trattoria, dove i clienti ritrovano i sapori di un tempo rivisitati in taglio moderno. Credo che il segreto stia nel trovare il giusto equilibrio tra raffinatezza e semplicità.

Un modo di cucinare, questo, che si ritrova benissimo nella ricetta che ci proponi per le festività. Di cosa si tratta?

Di gnocchi fatti con la polenta. È una ricetta che non solo usa ingredienti poveri, ma permette anche di riciclare gli avanzi. Fanno davvero un grande effetto: provare per credere!

Ecco dunque la ricetta proposta dallo chef Simone Bianchi:

  • Ingredienti

Gnocchi

500 g di polenta cotta (meglio se del giorno prima)

250 g di formaggio fresco tipo büsción di mucca o capra

3 uova

100 – 150 g di farina (anche bóna)

erbe aromatiche, per es. salvia o rosmarino

Salsa al formaggio

250 g di formaggio a cubetti, per es. Vallemaggia

100 – 120 ml di latte

Guarnizione

100 g di castagne già cotte

1 noce di burro

1 cucchiaio di zucchero

  • Preparazione

Stemperare la polenta con il formaggio fresco, poi aggiungere le uova e la farina e le erbe aromatiche fino a ottenere un impasto di una consistenza simile a quella degli gnocchi tradizionali. Dall’impasto ricavare dei serpentelli e poi i singoli gnocchi. Cuocere in acqua bollente senza troppo sale.

In un tegamino far sciogliere i cubetti di formaggio nel latte tiepido. In un altro pentolino scaldare le castagne già cotte con il burro e lo zucchero cuocendo a fuoco medio per qualche minuto.

Servire gli gnocchi cosparsi di salsa al formaggio e guarnire con le castagne glassate.


© S. Bianchi

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