Caro, mi sento un po’ eteropessimista
Perché uomini e donne non si capiscono più? Intervista alla giornalista e scrittrice femminista Amanda Castillo sul tema della crisi della coppia
Di Fabiana Testori
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
La coppia è in crisi: meno matrimoni, pochi figli e più divorzi… Pare che uomini e donne non siano più in grado di convivere e comprendersi. Ma quali sarebbero le ragioni di questa scissione globale? Ne ho parlato con la giornalista e scrittrice ginevrina Amanda Castillo, che senza tanti giri di parole dice: ‘Oggi le donne possono andarsene, lasciare delle relazioni che non le soddisfano. Questo è possibile perché gran parte di loro è indipendente economicamente’.
Cosa sta succedendo fra uomini e donne? Cosa sta cambiando nel rapporto con l’altro sesso? Recentemente ha fatto molto scalpore un articolo della scrittrice Jean Garnett pubblicato dal New York Times dal titolo The trouble with wanting men (traducibile all’incirca con “Il problema, se ti piacciono gli uomini”), dove viene esplicitato il concetto di eterofatalismo o, in versione meno soft, di eteropessimismo.
Tendenza globale
Termine coniato dalla ricercatrice e scrittrice americana Asa Seresin nel 2019, l’eteropessimismo può essere riassunto come un atteggiamento di sconforto, disagio e afflizione riguardo alle relazioni eterosessuali. Apparentemente, a soffrirne maggiormente sembrano essere le donne, le quali, pur continuando a desiderare gli uomini, giungono spesso all’amara constatazione: “Non ce la fanno”, sono problematici, evitanti, lagnosi, incomprensibili perfino a loro stessi. In coro, “il sesso debole” si domanda: dove sono finiti gli uomini? La crisi del maschio non è più semplice dileggio o teoria, è forse diventata realtà?
A detta della letteratura di costume, dei social network (a malincuore vanno considerati anche loro) e, ahimè, delle statistiche, sembra proprio essere così: calo del desiderio, crollo dei matrimoni, aumento dei divorzi e drastica diminuzione delle nascite. La tendenza può dirsi globale (rappresentativo è il caso coreano, dove qualsiasi politica a favore della natalità è miseramente fallita. La Corea, Paese fortemente tradizionalista, è quella in cui si fanno meno figli al mondo, 0,72 per donna) e non sembrano contare né la cultura, né la nazionalità, né le dinamiche economiche o sociopolitiche, in molti casi non conta nemmeno la fede religiosa. Nel 2024 in Svizzera i matrimoni registrati sono stati il 2,6% in meno rispetto al 2023, mentre i divorzi sono aumentati del 3,6% in rapporto all’anno precedente. Le nascite sono calate per il terzo anno consecutivo, allineando il nostro Paese ai numeri delle nazioni che ci circondano.
Fra le ragioni vi sono certamente il naufragare della coppia, la difficoltà del restare in una relazione, l’incapacità di uomini e donne nel trovare un punto di contatto, un’intesa, a volte perfino il semplice rispetto reciproco. Fra donne capita di riderne, scuotendo la testa, per quello che: “Ho l’ansia”, “non me la sento”, “non sono bravo nelle relazioni”, ma si ride molto meno quando l’incapacità d’incontro, di dialogo fra i sessi raggiunge picchi altrettanto sconfortanti e ben più pericolosi: l’atto violento, reale, virtuale, poco importa. È cronaca di pochi mesi fa quella di folti gruppi online (migliaia e migliaia di utenti) finalmente chiusi e ora indagati, dove il corpo delle donne, perfino di quelle a cui si dovrebbe tenere di più (mogli, fidanzate ecc.), è stato deriso, replicato, venduto, trasformato in pornografia e reso consumabile da chiunque. Poi ci sono gli stupri, singoli o di gruppo e infine i femminicidi.

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Erosione del modello di riferimento
E vien da chiedersi, gli uomini amano ancora le donne? Oppure la domanda giusta da porsi in realtà è un’altra: gli uomini sono in grado di amare le donne e di concepire con loro un progetto, un percorso, nonostante la loro liberazione (termine orrendo, ma oggettivo) sociale, economica e sessuale? Quando anche l’ultimo mattoncino della società patriarcale verrà raso al suolo, gli uomini e le donne riusciranno ancora a vivere insieme, a costruire delle famiglie, a dare alla luce dei figli?
L’autrice del pezzo del New York Times ha sottolineato come la crisi del maschio sia da ricondurre all’erosione ben più profonda di un intero modello di riferimento, cioè una versione del mondo, delle relazioni e del sesso in cui comandavano solo gli uomini. Oggi invece, con sempre più generazioni di donne emancipate, tocca trattare, negoziare, accettare e questo crea scompiglio, panico, incertezza e la famosa “ansia maschile”, già menzionata in precedenza.
‘Oggi le donne possono andarsene’

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Ne abbiamo discusso con Amanda Castillo, giornalista e scrittrice femminista ginevrina, già autrice del saggio Et si les femmes avaient le droit de vieillir comme les hommes? (“E se le donne avessero il diritto di invecchiare come gli uomini?”), edito da L’Iconoclaste nel 2023 e ora in libreria con la sua ultima fatica: Tu seras carnivore, mon fils (“Sarai carnivoro figlio mio”) per le Editions Textuel, dove indaga i parallelismi fra maschilismo e carnismo.
Come siamo arrivati ad punto di rottura così aspro fra i sessi, che comprende, fra l’altro, anche un calo importante nel tasso di natalità?
Credo semplicemente che questa tendenza sia legata al fatto che oggi le donne possono andarsene, lasciare delle relazioni che non le soddisfano. Questo è possibile perché gran parte delle donne lavora, è indipendente economicamente. Se osserviamo le donne che non possiedono questa indipendenza, ebbene le ritroviamo in contesti simili a quelli delle nostre nonne. Sono altresì convinta che siamo testimoni di un risveglio, di un movimento importante che si profila anche grazie ai social media.
Negli anni 2000 non avevamo questo tipo di veicolo informativo, ricco di contenuti pedagogici, i quali spiegano molto bene che cosa sia la coppia eterosessuale, cioè una vera e propria fregatura, così come viene promossa dalla società patriarcale. Si tratta di una rappresentazione che le donne non sono più disposte a vivere, poiché si fonda sul disequilibrio. Secondo questo modello infatti le donne si ritrovano schiavizzate a casa propria, a farsi carico di un uomo adulto, a occuparsi dei bucati, è allucinante! Quando viene posta la domanda agli uomini: “In caso di emergenza, sareste in grado di far atterrare un aereo di linea?” , nove su dieci, quindi la stragrande maggioranza, risponde: “Sì, penso che lo saprei fare”. E poi non sono capaci di trovare il tasto “delicati” sulla lavatrice?
Quando la donna solleva un problema presente nella coppia, la maggior parte degli uomini tende a giustificarsi comparandosi ad altri uomini, sottolineando come nel confronto loro si dimostrino comunque più attenti. In realtà sarebbe più intelligente paragonarsi alle donne e domandarsi: “Nella coppia faccio quanto fa mia moglie o la mia compagna?”.
Le donne di oggi identificano queste dinamiche tossiche, sono arrabbiate e stufe. Spesso, quelle che si separano o divorziano non hanno intenzione di rimettersi in coppia. E infatti si parla sempre più di un’epidemia di solitudine maschile, la quale alimenta lamentele e scoraggiamento nel sesso forte. In reazione, molti si rifugiano in quel grosso calderone che sono i contenuti maschilisti, soprattutto online, trasformandosi in veri e propri incel [incel — abbreviazione di “involuntary celibate”, ovvero un celibe contro la sua volontà. Persona, generalmente di sesso maschile, che, pur desiderandolo, non riesce a instaurare relazioni affettive e sessuali e cova sentimenti di frustrazione e di rivalsa; ndr]. Si tratta di uomini che sviluppano un vero e proprio odio contro le donne. Sono convinti che l’accesso a tutto il lavoro che le donne forniscono gratuitamente da secoli rappresenti un diritto, non un privilegio. Nella loro rappresentazione della realtà è perfettamente normale che ci si occupi di loro, che gli si faccia da psicologo, che si organizzi la loro vita sociale, che ci si dedichi al loro bucato, all’organizzazione del loro frigorifero. Quando tutto ciò non è più automatico perdono il controllo. Il loro modo di funzionamento è parassitario e, come ben si sa, un parassita senza l’ospite è destinato alla morte.
Lei pensa che il maschilismo contemporaneo sia stato in un qualche modo plasmato anche dai valori veicolati dalla società dei consumi?
Sì, penso che un legame a questo livello ci sia, ne parlo anche in un paragrafo del mio nuovo libro. Silvia Federici, un’autrice italiana che adoro [sociologa e filosofa legata al marxismo femminista e operaista; ndr], lo spiega molto bene: “Loro lo chiamano amore, noi del lavoro non retribuito”. Siamo tutti consci che la società non sarebbe in grado di funzionare senza il lavoro gratuito eseguito dalle donne. Inoltre, nel mondo in cui viviamo, l’essere umano è anche manodopera e sono le donne a “fabbricare” la manodopera. Per questo motivo avvertiamo una tale pressione, un tale attacco al diritto all’aborto. Il corpo delle donne è un corpo politico, il controllo del corpo delle donne è un controllo politico, poiché solo le donne possono “nutrire” la macchina capitalista.
Quale futuro ci attende? Pochi matrimoni, più divorzi, sempre meno bambini?
Il processo è in corso: le donne desiderano sempre meno sposarsi, avere dei figli, vivere in coppia. Gli uomini le attaccano, invece di chiedersi come agire per fare in modo che le donne abbiano voglia di vivere con loro e spesso scelgono la strada della misoginia e degli estremismi politici, soprattutto di destra. In tutta onestà non posso dirmi ottimista, dato che la reazione che osserviamo è sbagliata. Un esempio emblematico è quello del seguitissimo influencer americano Andrew Tate, famoso per i suoi contenuti misogini, sessisti, razzisti e molto popolare fra la Generazione Z. È spaventoso!
Come è nata l’idea del libro ‘Tu seras carnivore, mon fils’ e come hanno reagito alla lettura gli uomini che la circondano?
Fin dall’infanzia sono sempre stata vegetariana antispecista, prima ancora di diventare femminista. Sono nata in una famiglia di vegetariani e, da quando ho ricordi, ho militato in favore degli animali. Si tratta di qualcosa di profondamente radicato in me. Se attraverso il mio libro sarò in grado di persuadere i lettori sul profondo legame che unisce la causa femminista e quella animalista, mi riterrò soddisfatta.
Per quanto mi riguarda, il parallelismo fra il consumo della carne e la dominazione maschile, fra il carnismo e il sessismo, è sempre stato evidente, di come il patriarcato animalizza le donne per consumarle meglio. Viviamo in una società che tende a dividere per categorie: ci sono le donne che amiamo e poi ci sono quelle che consumiamo, la stessa cosa si può dire degli animali, ci sono quelli che amiamo e poi ci sono quelli che consumiamo. Il sistema è identico, gli stessi argomenti che vengono utilizzati contro le donne sono anche quelli impiegati contro gli animali. Gli uomini attorno a me hanno reagito positivamente all’uscita del libro, ma si tratta di progressisti. In ogni caso ne hanno constatato la durezza nella sua sconcertante verità, riconoscendo la logica implacabile nelle analogie fra il trattamento riservato alle donne e quello agli animali, fino quasi a suscitare una certa nausea.

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