Vita social. Prima di Facebook, ‘postavamo’ su Netlog

Antesignana dei moderni social network, la piattaforma dava spazio a tutta una serie di tipi da tastiera che credevano che la rete fosse un posto sicuro

Di Marco Narzisi

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Da settembre 2006, oltre 69 milioni di persone si sono registrate sulla piattaforma realizzata da Lorenz Bogaert e Toon Coppens e lanciata nel 2004. La piattaforma social, antesignana dei contemporanei social, è stata chiusa nel 2014 e integrata a un sito di incontri.

Ci sono due categorie di persone che avevano fra i 13 e i 19-20 anni nei primi anni Duemila: quelli che avevano un profilo Netlog, o ne hanno fatto almeno uno una volta nella vita, e quelli che mentono. Stiamo parlando di quello che si può considerare uno dei primi social network di successo, il più credibile antesignano di Facebook e Instagram da questi poi (deo gratia) soppiantato. E già da allora, forse, era lecito intravedere un certo disagio che avrebbe poi pervaso i social network da là in avanti.

L’antesignano

Quindi, Netlog? Era sostanzialmente una piattaforma su cui era possibile creare un profilo, come un diario su cui pubblicare (o come si dice oggi, postare) foto, scrivere i propri pensieri e ricevere commenti da altri utenti sia sulle foto, sia sul Guestbook, una sorta di “muro” in cui anche chi non era fra gli amici poteva lasciare un suo messaggio. Si poteva entrare in contatto e interagire, dietro richiesta di amicizia, anche tramite messaggi con altri utenti attraverso una ricerca per zona geografica, o dalla homepage in cui apparivano foto e profili casuali di altre persone. Qualcosa, insomma, abbastanza simile a quello che accade oggi sui social, si potrebbe pensare, e in effetti qualcosa in comune c’è: il disagio, ma di un tipo diverso.


© Wikipedia
Il logo

Repertorio ‘faunistico’

Su Netlog non c’era la Zia Pina a dare il buongiornissimo con l’immagine del caffè, né il vicino di casa convinto che gli aerei sparino scie chimiche o l’amica che mette le foto delle vacanze al mare in pose da fashion blogger della porta accanto… Netlog era infatti soprattutto un social per teenager o giovani adulti, i cui contenuti (se così si può chiamarli) erano uno spaccato del mondo delle tribù urbane giovanili. C’erano gli emo con i loro frangioni obliqui, le magliette a righe orizzontali e la tristezza imperante, le goth-girls con i loro look total black e il trucco viola e nero, i metallari con i capelli lunghi, le borchie e le magliette delle band, e soprattutto LORO, quelli le cui immagini sono inscindibilmente legate ormai nell’immaginario collettivo Millennial a Netlog, coloro che imperversavano a colpi di frasi scritte in bizzarre alternanze di minuscole e maiuscole, asterischi e trattini bassi, quelli che hanno riempito il social di foto con occhiali da sole orrendi e devozione alla musica house: i truzzi. Erano ovunque, con i loro look zarri, le loro magliette aderentissime, le scritte tunz-tunz-tunz-paraparatunz, le lingue fuori nelle foto scattate inevitabilmente in cameretta o nel bagno di casa.

Faida aperta

Tutte queste tribù erano in guerra fra loro su Netlog, una faida fatta sostanzialmente di insulti reciproci sui profili, dal più comune “bimbominkia” a vari epiteti sinonimo di “donna di facili costumi”, ciò che oggi non esiteremmo (giustamente) a definire cyberbullismo e che all’epoca erano considerate ancora “cose da ragazzi”, che sul web nascevano e lì restavano. Anche perché, ricordiamolo, su Netlog non si usavano nome e cognome, come sarà abitudine successivamente, ma ci si nascondeva in nickname, da tEknoBoy92 alle “millemila” PiKkola, HoUsEttInA: perché, come per la quasi totalità delle community online ante-Facebook, usare il nome e soprattutto il cognome era ancora, in un certo senso, tabù.

C’era ancora, forse, l’idea di uno spazio più o meno anonimo in cui non si rischiava di vedersi commentare le foto con “ciao come stai” o “bello mio” dalla zia o dalla nonna, e soprattutto la percezione del fossato tra il web e la vita reale. Il che comportava, dall’altra parte, una minor cautela nella pubblicazione dei contenuti: a parte le risse verbali fra emo, truzzi e metallari, erano all’ordine del giorno anche le foto di ragazzine e ragazzini praticamente svestiti, messe in bella vista senza preoccuparsi tanto del fatto che potessero essere sottratte e diffuse altrove. Era una sorta, forse, di beata ingenuità, anche in quel caso frutto del pensiero che il web fosse ancora abbastanza sicuro e al riparo dalle minacce del mondo esterno: oltre che, chiaramente, un modo veloce per rimorchiare.

Da posto sicuro a sito di incontri

Perché, diciamolo, Netlog serviva fondamentalmente a quello: da diario personale online si è sostanzialmente trasformato, negli anni, in un sito di incontri, ciò che ne ha in fondo decretato la fine, anche sull’onda del successo del più “moderato” Facebook. Netlog, infatti, nel 2014 è stato assorbito dal sito di incontri Twoo e infine chiuso nel 2015 (Twoo a sua volta ha cessato di esistere nel 2022), portando con sé, nella tomba virtuale, il suo immenso repertorio di beata ingenuità e disagio giovanile. Negli anni a venire se n’è parlato ancora per due motivi: ovvero una massiccia violazione dei dati avvenuta nel 2018 e, soprattutto, riguardo a un personaggio che si è fatto notare, ovvero una certa Diavoletta87, giovane utente che, come tante, scriveva con le K al posto delle C, postava foto in intimo dal bagno di casa e dichiarava amore al fidanzatino dell’epoca, un certo Alby. Una ragazza truzza come tante, in fondo, come centinaia di ragazze e ragazzi che popolavano Netlog. Quella ragazza si chiama Chiara, e il suo cognome ora lo conosciamo tutti: Ferragni. Un fulgido esempio di disintossicazione da Netlog, di conversione illuminata sulla via Montenapoleone da truzza a icona fashion: dimostrazione che, come si diceva, c’è chi era su Netlog e c’è chi mente.


© Keystone
Diavoletta87

Articoli simili