Quant’è bella l’amicizia

L’amicizia soppianta la coppia nella gerarchia delle relazioni. E forse non è un male

Di Fabiana Testori

Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione

Sempre più persone, oggi, si dedicano molto alla cerchia di amicizie quale famiglia elettiva con cui instaurare, e far crescere, dei rapporti profondi e duraturi, in diversi casi preferendola alla coppia tout court. Non lo dicono unicamente le ricerche sociologiche – svolte a livello nazionale e internazionale negli ultimi anni –, la statistica o gli articoli di giornale: l’amicizia sta sempre più rimpiazzando il modello della coppia, perché più libero, franco, stimolante (anche per lo sviluppo personale) e meno soggetto alla pressione, e agli obblighi, del rapporto romantico.

Taylor Swift, poco più che trentenne, americana, cantautrice country pop e fenomeno musicale di portata mondiale, dal patrimonio personale netto di più di 1 miliardo di dollari (dati Bloomberg), il quale comprende le sue proprietà immobiliari, il catalogo musicale, così come i guadagni provenienti dalla sua produzione discografica, dallo streaming, dai concerti e dal merchandising, lo dice a chiare lettere: “Il successo lo divido con le amiche”.

Che razza di esempio è?

Lei che colleziona record su record e spopola fra i ragazzi, del valore dell’amicizia ha fatto un mantra. Ai suoi concerti gli swifties indossano i cosiddetti friendship bracelets (braccialetti dell’amicizia), appositamente realizzati o acquistati in occasione dell’evento. L’obiettivo è averne il più possibile così da scambiarli con altri fan in giro per il mondo.

La ragazza di West Reading, Pennsylvania, detta tendenza, forse perché, in un certo qual modo, viene dal futuro. La stessa rivista statunitense Newsweek ha rosicato davanti a tanto successo riscosso da una giovane donna indipendente e circondata da un compatto gruppo di amiche (Taylor’s Squad), scrivendo: “34 anni non sposata e senza figli, che genere di esempio può essere Taylor per le giovani ragazze?”. La risposta è talmente semplice che mette a tacere tutti: il migliore, quello di una donna libera, la quale ha già intravisto sprazzi del mondo di domani, dove gli amici, o se preferiamo, la “famiglia elettiva”, giocheranno un ruolo sempre più importante nelle nostre vite.


©Keystone
Taylor Swift

In una società (la nostra) in cui la famiglia tradizionale – numeri alla mano – è sempre più costruita in cartapesta, vale la pena interrogarsi su chi si potrà e si dovrà contare quando le cose potrebbero prendere una piega sfavorevole. Mi ha fatto sorridere una mia cara amica che qualche tempo fa si lamentava di chi non si sforza di coltivare le amicizie perché falsamente rassicurato dalla presenza della famiglia nucleare e quindi maggiormente lassista nei confronti dei legami amicali: “E quando rimarranno vedove e vedovi, come e cosa faranno se nel corso della vita non hanno saputo nutrire e solidificare le amicizie?”.

Si tratta di una domanda legittima per un tema sempre più sentito in una realtà che in meno di cento anni è cambiata radicalmente. La famosa psicoterapeuta belgo-americana Esther Perel, autrice di numerosi saggi sulle relazioni amorose e amicali e attenta osservatrice della società occidentale in termini di coppia e famiglia, lo ha illustrato a più riprese, spiegando come oggi le persone pretendano da una sola persona, oltre al romanticismo e all’appagamento emotivo e sessuale, tutto ciò che un tempo offriva un intero villaggio e cioè senso di radicamento, significato e continuità. Secondo Perel, le aspettative nei confronti dei nostri partner non sono mai state così alte, causando un peso eccessivo che presto o tardi affonda la relazione romantica. Il segreto per uscire dall’impasse sarebbe quello di ridurre le attese rispetto all’altro membro della coppia, diversificando e invitando altri a soddisfare i nostri bisogni relazionali. In una parola, gli amici.


© Wikipedia
Esther Perel

Più amicizie, più compiti sociali

Anche alle nostre latitudini l’argomento è sempre più analizzato e dibattuto. È infatti dell’anno scorso la pubblicazione del primo grande studio sull’amicizia in Svizzera, realizzato dall’Istituto Gottlieb Duttweiler (GDI) per conto del Percento culturale Migros (gdi.ch/amicizia2023), il quale ha evidenziato come nel nostro Paese il senso di solitudine sia cresciuto già prima della pandemia di coronavirus e di come il concetto di “distanziamento sociale” sia percepito anche in assenza di malattie infettive. I dati emersi hanno mostrato che nella Confederazione le persone coltivano in media 4 amicizie strette, 8 amicizie più allargate e una cerchia di 34 conoscenti. Circa un terzo degli intervistati vede le proprie amiche e i propri amici tutte le settimane, se non tutti i giorni. Un ulteriore terzo si incontra più volte al mese. Tuttavia, il 50% degli interpellati (ed è parecchio), ritiene di trascorrere troppo poco tempo in compagnia degli amici. In un confronto internazionale il numero di amicizie strette in Svizzera è equiparabile ai risultati degli studi svolti in Germania e negli Stati Uniti.

La ricerca ha inoltre testimoniato che chi ha molti amici tende ad impegnarsi di più. Infatti, lo studio mostra nel dettaglio come esista una correlazione fra amicizie, comportamento personale e dedizione. La metà delle persone interpellate pratica degli hobby oppure è attiva a livello associativo almeno in parte perché incoraggiata dagli amici. Di conseguenza, chi può contare su un numero elevato di amicizie assume più frequentemente un compito sociale.

La più libera fra le relazioni

L’amicizia non solo arricchisce, stimola e conforta, oltre a farci vivere più a lungo, più felici e più in salute (molte ricerche lo dimostrano), ma resta la più libera delle nostre relazioni perché ha il solo scopo di essere, esistere. Niente (o quasi) infatti ci mantiene in un’amicizia se non l’amicizia stessa ed è questa la sua grande forza.

Il quotidiano statunitense Washington Post ha recentemente pubblicato un interessante articolo riguardante i Millennial (nati fra il 1980 e la fine degli anni 90) e gli appartenenti alla Generazione Z (nati fra il 1997 e il 2010) e le relazioni che scelgono di intrattenere. Apparentemente i giovani scelgono l’amicizia a scapito del rapporto romantico, soprattutto le ragazze. Stufi delle app di incontri e di far parte di un infinito catalogo intercambiabile, a cui si dice semplicemente sì oppure no con un gesto sullo schermo del telefono, i ragazzi mettono oggi in discussione una gerarchia delle relazioni in auge da secoli. E quasi certamente è un bene, soprattutto per le donne, evitando così di essere vittime di comportamenti molesti, misoginia e disonestà, in particolare sulle applicazioni e nel contesto di relazioni dal carattere bulimico, usa e getta. Dare più spazio all’amicizia permette di colmare dei grandi vuoti di intimità (in molti casi presenti anche nelle coppie stesse), di crescere e di allargare i propri orizzonti, ma senza la pressione e gli obblighi di una relazione amorosa. I tempi cambiano, valorizzare maggiormente gli amici rispetto alla compassata e unica relazione di coppia ci permetterà di addentrarci nel prossimo futuro.


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Le “reunion”

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