Errori di gioventù

Tutto per un paio di scarpe (e una ragazza)

Di laRegione

La storia è andata più o meno così. Erano i tempi del liceo e gli anni di Yannick Noah, Gabriela Sabatini, Boris Becker… e Ivan Lendl. Di tennis io ne sapevo poco più di zero, però lo spettacolo del Roland Garros, e le vedute dall’elicottero del Foro Romano mi avevano conquistato. Anche a casa le partite di tennis erano discretamente seguite, ma sempre con quell’interesse perduto nel tunnel spazio-temporale del capitano Kirk e del signor Spock (non il pediatra, dico quello con le orecchie a punta). Insomma, ogni tanto qualcuno in famiglia se ne usciva con: «Ma Panatta non gioca…?», lui, lo sciupafemmine, che si era ritirato già nell’83. «Ma va’, zoticoni, adesso c’è Lendl!». Qualcuno rideva per il berretto-paraorecchie che lo facevano assomigliare a Pluto, e uno sguardo infossato da signore della Transilvania. Sta di fatto che giocava da Dio – come vi confermerà Beppe Donadio alle pagine 14 e 15 –, e la sua freddezza da comunista in fuga (verso gli Stati Uniti ) faceva il resto. E così, al liceo c’era una ragazza che mi piaceva parecchio, capelli rossi e occhi verdi. Lei e la sua amica seguivano il tennis: da brave teen erano innamorate dello sportivo più che dell’uomo. A loro piaceva Lendl, a me piacevano le scarpe di Ivan. Che si fa? Convinco i miei genitori che adoro il tennis e che le Adidas del tennista ceco sono il massimo. Prezzo interlocutorio, «ma se proprio le vuoi aspetta il tuo compleanno». Che arriva. Il giorno che entro in classe con le «scarpe giuste» il meccanismo si rompe: lei mi guarda fisso, le scarpe non le interessano, pare. Nemmeno io conterò più nulla per lei. Game over. Boh, i soliti misteri delle ragazze.

 

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